Cosa fare dopo il drammatico appello

Il pianto di Giuliana e il ritiro delle truppe italiane

La messinscena di un governo conta più della vita di una giornalista? E' questa in fondo la domanda a cui rispondere con onestà.
16 febbraio 2005

Il videomessaggio di Giuliana Sgrena diffuso il 16 febbraio dai suoi rapitori

Diciamo la verità: ci troviamo a finanziare una missione militare inutile, in cui i soldati sperano di tornare a casa sani e salvi con il minor rischio possibile. Fanno finta di aiutare le popolazioni locali. Non è colpa loro se recitano il copione scritto da altri. Recitano senza crederci ma devono essere ugualmente convincenti perché la vita militare, si sa, è così. Si recita una messinscena pericolosa per i politici che devono dire la frasetta retorica.
Giuliana no. La sua parte di pericolo se l'era assunta, ma non per una pericolosa messinscena, non per un'inutile esibizione per conto terzi, quanto per un servizio prezioso di verità.

Mentre il governo rinchiudeva nei bunker i militari (che comunque dovevano sventolare la bandiera), lei era per strada a darci un'informazione non di regime.
Mentre i militari italiani ricevevano l'ordine di costruire dalla mattina alla sera muri per la propria autodifesa, lei i muri li varcava. E mentre i militari italiani venivano mandati a rischiare la vita con elicotteri insicuri (alcuni si sono ribellati, sono stati definiti "codardi" ma sono poi stati assolti per il coraggio delle loro denunce dalla stessa magistratura militare), Giuliana rischiava la vita per un'altra missione.

Ora Giuliana ci ha raggiunto con il suo dolore per dirci di uscire dalla menzogna. Dietro la sua angoscia c'è la sua vita. Dietro i politici che voteranno per la missione non c'è nulla di nobile. Solo retorica. Retorica. E ancora vuota retorica.

Se i militari italiani fossero in Iraq a salvare vite umane qualcuno potrebbe anche dire che la vita di Giuliana Sgrena non vale un "codardo ritiro". Ma il confronto da fare è fra la vita di Giuliana e una messinscena militare. La missione militare ha smesso da tempo di portare i tanto propagandati "aiuti". I materiali si accumulano nei magazzini militari perché è troppo pericoloso uscire dai bunker e i tecnici civili non si azzardano a scendere per strada. Tutti aspettano che questa messinscena, teatrale e artificiosa, sia dichiarata conclusa da Berlusconi e Bush, sperando di non correre troppi rischi nel frattempo. Una strana coincidenza trattiene l'Italia in armi a Nassiriya: un giacimento di petrolio sfruttato dall'Eni. Nessuna inquadratura viene fatta della bandiera italiana con lo sfondo della raffineria, non sarebbe opportuna.

Ma noi - che non siamo pagati per mentire - abbiamo il dovere di svelare queste bugie. Il pianto di Giuliana non vale la difesa di una menzogna, la sua vera umanita' non vale una finta missione di pace.

Non si tratta di cedere ai ricatti dei terroristi ma semplicemente di smetterla con una pericolosa e inutile messinscena militare recitata per Bush e scritta da Berlusconi. La vera forza di un governo e' il potere di decidere, oggi il nostro governo ha scelto di rimanere nella scia di decisioni altrui, ed e' questa la sua vera debolezza.

Non doveva essere Giuliana Sgrena a gridarlo piangendo, sotto la minaccia di morte di persone senza scrupoli: ce ne saremmo dovuti accorgere da soli per un senso di dignità e di onestà intellettuale.

Alessandro Marescotti - Carlo Gubitosa

Associazione PeaceLink

Note: Le informazioni sulla manifestazione del 19 febbraio a Roma per Giuliana Sgrena sono su http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_9666.html
In coda trovare il testo integrale del drammatico appello televisivo di Giuliana e le foto da lei scattate in Iraq.

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