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Un analisi delle condizioni che determinano l'instabilità della specie umana nel suo rapporto con l'ecosistema planetario.

"Storia dell'abbondanza"

Luigi Sertorio 2002, Bollati Boringhieri pp. 199, euro 16
13 febbraio 2005
Vincenzo Della Mea

Copertina Docente di ecofisica all’Università di Torino e consulente NATO per tre anni, Luigi Sertorio ha raccolto sei saggi attorno alla questione energetica sotto il titolo di Storia dell'abbondanza (2002, Bollati Boringhieri). Si può dire che il libro sia costruito attorno alla definizione di consumismo data dall’autore in chiusura e alternativa a quelle usuali: “modo di funzionare di una società basato sul consumo di petroli”. Secondo l’autore le nazioni che finora sono state in grado di accedere alle risorse energetiche fossili hanno iniziato un percorso privilegiato, in grado di fornire, perlomeno all’inizio, ciò che usualmente consideriamo benessere. Questo ha portato ad un legame tra crescita economica e crescita del consumo energetico che mal si integra con le dinamiche più complesse della società e dell’ecosistema, riducendosi alla separazione, foriera di conflitto, fra l’avere e il non avere accesso all'energia. Sertorio spiega come ci si è arrivati, perché l’apparente benessere che deriva dal consumismo non può essere per tutti, perché non può durare, perché chi controlla l’energia cerca di difenderne il possesso diretto o indiretto anche con le bombe, e che conseguenze ha questo per le politiche del solare e del nucleare (ed in definitiva, per l’ecosistema). Il tutto con l’ausilio di matematica e fisica.

Storia dell’abbondanza è un libro interessante che si potrebbe inserire nel filone new-global, a meno di un paio di dettagli relativamente anomali e quindi ancora più interessanti. Da fisico, Sertorio infatti esprime dei punti vista su solare, nucleare e alternative vegetali al petrolio leggermente diversi da quelli usuali dell’ecologismo (almeno di quello più popolare). Relativamente all’energia solare, il suo utilizzo per la produzione di energia elettrica finisce per contribuire al ciclo tradizionale e dannoso del consumo (“produzione, vendita, rilascio in discarica”). Non solo, se si intendesse sostituire l’energia attualmente derivata dal petrolio con energia solare da cellule fotoelettriche, all’attuale livello di efficienza dei dispositivi sarebbe necessario coprire circa un centesimo della superficie terrestre; fatto le cui conseguenze sull’ecosistema sono tutte da studiare. Sertorio promuove invece la bioarchitettura (o uso passivo dell’energia solare) in quanto non produce scorie, permettendo risparmi energetici e quindi la mancata produzione di scorie irriciclabili.
Sul nucleare l’autore del libro conferma che i reattori tradizionali sono votati al fallimento come tutte le fonti di energia basate sui fossili e quindi non rinnovabili; però è molto più possibilista riguardo la tecnologia dei reattori nucleari cosiddetti autofertilizzanti, molto più efficienti nell’uso delle risorse (fino a 150 volte). Quindi, non un no assoluto al nucleare; piuttosto un sì rassegnato ad una fonte ineludibile.
Il reattore autofertilizzante, come residuo, produce plutonio: problema ecologico? Secondo Sertorio, prima di tutto è un problema militare e politico, perché dal plutonio si possono ottenere le bombe all’idrogeno; e questo ha fatto e farà sì che gli Stati Uniti tenderanno a rafforzare la loro egemonia tecnologica fino a controllare completamente e monopolisticamente questo tipo di reattori. Con la conseguenza di aumentare il gap tra paesi che hanno e paesi che non hanno accesso all’energia.

Infine, per quel che riguarda l’uso indiretto dell’energia solare nella produzione di colture utilizzabili come combustibile per l’autotrazione (il biodiesel, per intenderci), se effettivamente entrasse nei progetti politici a lungo termine, le conseguenze per l’ecosistema sarebbero dannose da due punti di vista. Intanto, sarebbe favorito lo stesso tipo di ciclo produzione-consumo-scorie attuale, secondo Sertorio insostenibile; poi, si favorirebbe lo sviluppo di un’immensa monocoltura, dannosissima dal punto di vista ecologico, e molto probabilmente piazzata non certo in casa propria, ma semplicemente dove fa più comodo all’oligarchia energivora (come già accade per le scorie più pericolose, scaricate nei paesi più poveri e meno attraenti dal punto di vista turistico).
Immagino siano affermazioni discutibili (nel senso letterale del termine), però viste le premesse, vale senz’altro la pena seguire questi poiché i problemi sollevati sono fondamentali.
Sertorio arrischia anche un’ipotesi sul perché non si riesca ancora a studiare la complessità del sistema Terra, tenendo conto di tutte le dinamiche che la caratterizzano: ciò comporterebbe la cooperazione di aree - scienza, economia, etica - che però dal Rinascimento non si parlano più, fornendo quindi visioni troppo semplificate della complessità della situazione.

                                                    

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