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L'Onu celebra la Seconda giornata internazionale mentre, dalle Alpi all'Himalaya, l'attacco all'ambiente non cessa. Ne parliamo con l'alpinista e orientalista Carlo Alberto Pinelli

Montagna, una ricorrenza ipocrita

13 dicembre 2004
Vittorio Bonanni     

Alpi in aereo Anche l'Italia ha voluto dire la sua sulla montagna. La decisione dell'Onu di proclamare l'11 dicembre "Seconda Giornata internazionale della montagna" ha spinto il governo ad organizzare mostre, dibattiti, seminari e addirittura gare di sci in piena città. Tutte iniziative che hanno il fine di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle varie problematiche legate appunto alla montagna e che tuttavia spesso sono contraddette dalla situazione oggettiva in cui versano le nostre vette e non solo, spesso aggredite da un turismo incontrollato e da lavori certamente non finalizzati alla tutela dell'ambiente montano. Abbiamo chiesto a Carlo Alberto Pinelli, orientalista, alpinista, realizzatore di tanti documentari, per dodici anni coordinatore internazionale dell'associazione ambientalista Mountain Wilderness e ora coordinatore per le attività in Asia, di commentare questo nuovo appuntamento delle Nazioni Unite.

Professor Pinelli, come valuta questa seconda giornata internazionale della montagna? Serve a sensibilizzare l'opinione pubblica su una tematica così importante oppure è solo un insieme di dibattiti e iniziative varie al quale non fa riscontro un impegno serio per la salvaguardia dell'ambiente montano?

La sua domanda contiene in sé la risposta. Io penso che le montagne, come qualunque altro ambiente naturale, non dovrebbero essere celebrate un giorno all'anno ma tutelate e al centro all'attenzione 365 giorni all'anno e anche nel tempo, non anno per anno ma in progetti di lunga scadenza.

Comunque queste giornate di bene ne faranno poco, anche se in qualche modo possono stimolare alcune istituzioni a pensare alla montagna anche nei giorni successivi alle celebrazioni. Per esempio, ci sono state varie iniziative di nazioni himalayane che si sono associate in un patto per lo sviluppo e la tutela della biodiversità. Non posso dunque sparare a zero contro tutto questo ma neanche pensare che siccome c'è la giornata internazionale della montagna, le montagne in qualche modo possono stare tranquille.

A volte c'è molta ipocrisia nel dichiarare di essere amici della montagna, non crede?

C'è da dire che la montagna può significare tante cose e anche cose diametralmente opposte. Per cui si può essere interessati alla montagna per costruire residence e dunque per distruggere il senso della montagna; oppure per difenderne sia il valore ecologico e ambientale, ma anche il valore culturale, una diversità che può essere in qualche modo applicata anche al di là della montagna stessa. Per esempio le popolazioni montane, proprio per necessità ambientali, hanno dovuto sviluppare certe forme anche di collaborazione, di fratellanza, di specializzazione professionale, che potrebbero condizionare positivamente anche le attività della pianura. Quello che purtroppo capita, per esempio qui in Europa, è il contrario: invece di portare la montagna in pianura stiamo portando la metropoli in montagna che diventa da centro di una possibile attenzione a periferia estrema dell'impero metropolitano. Insomma una montagna che scimmiotta sempre di più gli stereotipi e i falsi miti del consumismo per divertire il turista. Questa montagna, che accetta di ridursi ad una proposta soltanto ludica di tipo metropolitano, è una montagna che non mi interessa.

Purtroppo le Alpi sono piene di esempi di questo tipo...

Infatti fra pochi giorni inizieranno i campionati del mondo di sci in Valtellina e nessuno dice che questi campionati sono un disastro per tutta la regione. Non porteranno nessun beneficio perché oltretutto la Valtellina e Bormio sono luoghi troppo scomodi da raggiungere. Sono stati così distrutti migliaia di alberi per costruire nuove piste che poi diventano propedeutiche per aggredire gli ultimi ghiacciai dello Stelvio non antropizzati dallo sci. Tutto questo per una settimana, al termine della quale tutto ritornerà come prima ma con una natura ulteriormente degradata.

E' stato molto grave anche quello che è successo con l'anniversario della conquista italiana del K2...

Sono successe cose tragiche che nessun media ha voluto pubblicizzare. Noi di Mountain Wilderness e il Wwf abbiamo cercato in tutti i modi di bucare lo schermo, ma c'è stata una assoluta censura su questi temi perché non si voleva rovinare la festa. Che il cinquantenario del K2 dovesse essere in qualche modo celebrato, siamo tutti d'accordo. A suo tempo è stato un momento importante per l'Italia che usciva dalla guerra, ora però ampiamente superato. Sono state riproposte invece spedizioni retoriche e grandiose nello stile di Desio o ancora peggio. Solo la spedizione che ha visto il ministro Alemanno presidente onorario ha organizzato settecento portatori. Si dirà che queste persone hanno lavorato. Ma questi uomini non erano nemmeno del posto perché non ci sono abbastanza portatori nel Pakistan per questo enorme flusso. Nel complesso, secondo fonti del ministero del Turismo del Pakistan, sono state pagate dalle 31 alle 40mila tappe all'enorme numero di portatori che in ogni posto tappa hanno lasciato complessivamente 160 tonnellate di letame. Certamente non si tratta di un danno paragonabile al taglio della foresta amazzonica. Ma tra le aspettative di chi va nell'Himalaya c'è quella di trovare un ambiente il meno possibile segnato dalle cicatrici della presenza umana. E' diverso, per fare un altro esempio, se io abbandono una lattina di Coca Cola sugli scalini di uno stadio o in vetta al Monte Bianco, perché le aspettative di chi va allo stadio e di chi va in cima al Monte Bianco sono molto diverse. Sono quelle motivazioni interiori che spingono la gente a trovare se stessi attraverso il rapporto con una natura di un certo tipo. Sarà uno sguardo romantico se vogliamo, ma anche di queste cose ha bisogno l'uomo.

Che ruolo ha avuto il Cai in questa vicenda?

Non può essere considerato responsabile di tutto il danno ma certamente ha contribuito portando nella regione ben 1000 italiani. E soprattutto ha contribuito a dare ai suoi soci l'idea che, pur di andare a ficcare il naso alla base del K2, si può distruggere e degradare l'ambiente, come se la curiosità fosse un diritto. Ma la curiosità non è un diritto se distrugge il bene di partenza che la giustifica. Se io per andare a vedere un luogo so che lo distruggerò in qualche modo o incrinerò la qualità di quel luogo devo avere il coraggio di rinunciare. C'è un proverbio zen interessante che dice, "chi è solo curioso non ha diritti".

 

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