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Intervista a padre Alex Zanotelli, missionario comboniano schierato con "gli ultimi della terra", che per 5 giorni ha fatto lo sciopero della fame contro gli inceneritori

«Non si risolve nulla sulla testa dei cittadini»

26 settembre 2004
Fabio Rosati

Alex Zanotelli Lo sciopero della fame lo ha terminato da poche ore, ma non per questo si rassegnerà ad accettare le decisioni prese dall'alto. Alex Zanotelli, il tenace missionario comboniano che per tanti anni ha vissuto insieme agli "ultimi" nella baraccopoli keniana di Korogocho, adesso è sceso in prima fila contro gli inceneritori, «o termovalorizzatori, come li chiamano». Già, termovalorizzatori, una parola che dice tutto e niente nello stesso tempo e che non convince affatto Zanotelli. Lui non è certo tipo da lasciarsi incantare da termini "importanti".

Puoi spiegarci le ragioni del tuo digiuno?

E' durato cinque giorni ed ha avuto come obiettivo quello di protestare contro la decisione di installare un inceneritore a Trento e un altro ad Acerra. Ma più in generale, il significato del digiuno è stato quello di sensibilizzare l'opinione pubblica, la gente e le istituzioni su problemi che riguardano la collettività. Su problemi che non possono essere risolti a prescindere da quello che pensano i cittadini.

Che cosa ti ha dato lo spunto per mettere insieme Trento e Acerra?

A Trento da qualche mese è in corso una staffetta senza sosta, ci si iscrive e a turno si digiuna. In città vogliono imporre un inceneritore, come ad Acerra, allora ho pensato che fosse giusto sostenere insieme la lotta della gente di Trento e di Acerra, che pensa che con una politica diversa ed intelligente, degli inceneritori si possa fare tranquillamente a meno.

Non è un problema secondario quello dei rifiuti, soprattutto al Sd. Come pensi se ne possa uscire?

Credo che tutti insieme dovremmo imparare a non gettare ogni cosa, come si fa ora. I cittadini devono poter capire che riciclare ed evitare sprechi è una condizione necessaria da un punto di vista etico, ma anche dello sviluppo. Per dirla in altre parole, serve una nuova coscienza, un maggior coinvolgimento, una convinzione di tutti. La politica dovrebbe scegliere la strada della raccolta differenziata e del riciclaggio, dando alle cooperative di giovani la possibilità di impiego in questo settore. Invece, molto spesso si è preferito lasciare campo libero a mafia e camorra. Lo smaltimento dei rifiuti, non dimentichiamolo, genera un giro d'affari enorme.

Ma i governi sembra non vogliano sentirci.

E questo è inspiegabile. Solo in Sicilia si pensa di costruire ben quattro inceneritori, per una cifra complessiva di 700 miliardi delle vecchie lire. Più assurdo di così!

Adesso gli inceneritori, prima Scanzano e Melfi. Viene da dire che la lotta paga e che il movimento, se riesce a farsi interprete delle diverse istanze che provengono dalla società civile, dal mondo del lavoro, dalle vertenze territoriali, può davvero segnare altri punti a suo favore.

Questo è sicuramente vero. La faccenda degli inceneritori dimostra che la gente, quella del sud in special modo, si è svegliata. Ha capito che si può stare insieme e arrivare dove la politica non riesce ad arrivare o non vuole arrivare. E' un'opportunità che il movimento deve saper cogliere.

Ti sei mai sentito con il sindaco di Acerra, Espedito Marletta, anche lui in sciopero della fame?

Gli ho mandato gli auguri, ha avuto coraggio ed è stato bravo.

Che cosa rispondi a chi dice che il termovalorizzatore produce energia?

Non capisco come si faccia ad utilizzare questo tipo di linguaggio in una realtà come quella campana, dove la gente canta "o sole mio" e sarebbe auspicabile una nuova politica ambientale basata sullo sfruttamento dell'energia solare e non sugli inceneritori.

Ritieni che la politica che viviamo in questa fase sappia ascoltare le istanze che vengono dalla gente?

Oggi non credo che la politica sappia ascoltare. Piuttosto, dobbiamo noi portare la politica ad una diversa dimensione, con la nostra partecipazione, il nostro coinvolgimento, le nostre lotte. Il problema più grave è che i politici non decidono in piena autonomia e in base alle proprie convinzioni, ma eseguono i dettami che provengono dal mondo della finanza.

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