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"Una grande Discarica urbana moderna..."

Tra le meditazioni buddiste non c’è quella sulla Discarica. Al tempo del Buddha era più evidente la circolarità del vivente e la terra era in grado di sopportare meglio l’incessante gettar via umano («che da ogni parte gittiamo puzza»: così diceva la nostra eccelsa Caterina senese).
5 luglio 2004
Guido Ceronetti

  Una grande Discarica urbana moderna è un luogo di mistero e di fascino, dove chi non va per scaricare o controllare non può far altro che meditare. Ma innanzitutto una discarica è un in sé, prima di essere una conseguenza e un problema, che vuole essere capito per se stesso: più che uno specchio del ventre e della fatica cittadina è un oltre lo specchio dove Alice non mancherebbe di fare straordinari incontri. Gli uccelli questo lo sanno.

Non c’è da illudersi sulle soluzioni: se la discarica aperta è un problema, l’incineritore è padre di altri. Dove enorme è il consumo, dove lo spreco è vertiginoso, e i consumanti-sprecanti si concentrano a milioni, il Rifiuto è una divinità infera, nuova e oscura, emersa per imporsi e per prevalere, di cui è pericoloso ignorare la forza. Il Rifiuto, organico e inorganico, è l’ambiguo angelo protettore dei Rifiutati, sempre più numerosi in ogni città, e naturalmente ama di più quelli che sono consapevoli di esserlo, per l’età, la malattia, la sfortuna, le colpe, o l’eccesso di bene fatto. Dei Rifiutati urbani ci sono parecchie discariche; per quando diventeranno troppi (sono in via di diventarlo) ci sarà anche per loro l’incineritore. Ma rifiuti, rifiutati e discariche, tutti chiedono a mano tesa il pane difficile e negato della comprensione.

Tra le meditazioni buddiste non c’è quella sulla Discarica. Al tempo del Buddha era più evidente la circolarità del vivente e la terra era in grado di sopportare meglio l’incessante gettar via umano («che da ogni parte gittiamo puzza»: così diceva la nostra eccelsa Caterina senese). Ma un meditante d’oggi può inventarla per la propria salute questa nuova e necessaria Meditazione, dopo aver visitato una qualunque grande discarica, indugiato tra le più infette, pellegrinato fino a Parapoti. Dove più forte e triste è la testimonianza degli sprechi, non è sprecato il pensiero.

L’igiene è stata, è tuttora, una delle grandi cesure nell’esistenza storica. L’igiene dei corpi ha prodotto l’igiene urbana e abitativa, l’igiene dei luoghi ha prodotto le discariche, l’igiene ristretta e in espansione ha prodotto la soffocazione planetaria, acque e terre, per eccesso di rifiuti. Nemesis vigila sempre, arriva sempre. Ora c’è questa agghiacciante simmetria, che implica subito il destino umano, lo afferra spenzolante e ce ne mostra l’incomprensibilità: quanto più noi siamo lavati e puliti e ci sforziamo di lavorare e di vivere nel pulito, tanto più rovesciamo dappertutto sporcizia tossica, inaudita sporcizia, che non può più essere eliminata - è là fuori e rientra tutta dalla finestra.

Il luogo dell’Asepsi per antonomasia, l’orgoglio della modernità, l’Ospedale, è uno sparpagliatore di immondizie indescrivibili, un nemico infernale della vita in generale: salva le nostre vite e contribuisce a perderne all’infinito.

 

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