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Termina la protesta

Montecorvino, vent'anni di veleni

Il paese della rivolta antirifiuti è accerchiato dalle discariche, anche tossiche. Quella di Parapoti, riaperta ieri, era stata chiusa per inquinamento
30 giugno 2004
Angelo Mastrandrea
Fonte: www.ilmanifesto.it
30.06.04


La discarica di Parapoti, quella di Ostaglio che prima che alla vista si annuncia all'olfatto degli automobilisti della Salerno-Reggio Calabria, e poi ancora Colle Barone e Castelluccio, Femmina Morta e Sardone, il sito di Santa Tecla e l'impianto cdr di Battipaglia da cui ieri sono partiti i quattro tir carichi di fas e sovvallo diretti a Parapoti. In tutto otto discariche in pochi km, in un'area in cui le collusioni tra politica, camorra e imprenditori hanno mandato sotto inchiesta sindaco, vicesindaco e due assessori di Montecorvino Pugliano. Giuseppe Palo proprio qualche giorno fa è stato condannato a 4 anni per associazione camorristica, e il comune è tuttora commissariato. Ma da queste parti la protesta dei rifiuti data almeno vent'anni. Fatti di blocchi e presidi, cariche della polizia e minacce camorristiche. «Ci hanno accusato di essere manipolati dalla camorra, ma si sa bene che questa le discariche le vuole aprire e non chiudere», sorride Peppe Gallo, militante locale di Rifondazione comunista e una delle anime della lotta ambientalista. Anzi, «quando lottavamo contro la vecchia discarica ci picchiavano i camorristi, ora ci picchiano i poliziotti». Già, la vecchia discarica «privata» di Colle Barone, «quella di cui nessuno parla», quella che «quando ci sdraiavamo davanti ai tir che dovevano scaricare e i camionisti volevano investirci lo Stato non c'era». Perché il trasporto dei rifiuti, anche verso le discariche legali, ha da sempre rappresentato uno dei maggiori business per le ecomafie, che in Campania ancora oggi, stando al rapporto 2004 di Legambiente, sono le più agguerrite d'Italia. Viene infatti proprio da un piccolo comune del salernitano, Sant'Arsenio, Luigi Cardiello, definito il «re Mida» delle ecomafie per una intercettazione telefonica in cui diceva «io i rifiuti li trasformo in oro».

Ma facciamo un passo indietro. Tutto comincia nel 1978, quando il comune autorizza la creazione di nuove cave sulle colline di Montecorvino. Accade infatti che con il boom della ricostruzione post-terremoto l'attività estrattiva diventi un grande business. Ed è proprio una di queste cave che viene utilizzata come discarica comunale. Grande 2.080 metri quadri, la discarica di Colle Barone avrebbe dovuto servire 3.500 abitanti.La concessione viene affidata a un privato, Filippo Troisi, che sarà anche presidente della squadra di calcio della Salernitana, e che nel giro di poco tempo, fiutato l'affare, comincerà ad accogliere anche i rifiuti di Salerno, Pontecagnano, Laviano, Agropoli, Calvanico e Fisciano. Con il risultato che, riempiti i primi 2.080 metri quadri, la discarica si allargherà fino a 20.300 metri quadri, «con uno spessore di rifiuti da 25 metri a monte e 17 a valle, per un valore complessivo di circa 470 mila metri quadri», come scriverà l'Agenzia nazionale per la protezione ambientale in un dossier del `99. Non solo, in una delibera comunale del `96 si denuncia come la ditta Troisi avesse «illecitamente» smaltito «anche rifiuti speciali e assimilabili», quali «pile esauste, rifiuti ospedalieri, scarti di lavorazioni artigianali, di officine, di lavanderie, di carrozzerie, fanghi di depurazione e misti di residui di concerie». Non solo, i liquami «di colore scuro» finiscono a formare uno stagno in una vicina cava di sabbia. «Quando la discarica ha cominciato a diventare enorme, i cittadini hanno cominciato a sentire la puzza», racconta Gallo. E così partono le prime manifestazioni, finché il sito non sarà chiuso, nell'87. Ma non sarà mai bonificato, e lo stesso rapporto Anpa del `99, dodici anni dopo la chiusura, disegnerà un quadro inquietante: nelle acque della zona vengono trovate «tracce» di metalli pesanti come piombo e cromo, nonché «nitriti e sostanze organiche», tricloroetilene e ammoniaca. Al punto che viene evidenziata la «necessità di procedere all'immediata bonifica del sito, in considerazione dell'incombente pericolo per la sanità pubblica». Non accadrà neppure stavolta. Anzi, nel frattempo nel `96 era stata aperta la vicina discarica di Parapoti. Sarebbe dovuta durare due anni, con una capienza di un milione e mezzo di metri cubi di «monnezza». Ma, omaggiando la regola per cui al sud non c'è nulla di più duraturo della provvisorietà, rimarrà in funzione fino al febbraio 2001, quando sarà sequestrata dalla procura di Salerno perché inquinante e con la capienza ampiamente superata. Anche in questo caso «ci saremmo aspettati la bonifica». E invece arriveranno il dissequestro e la riapertura provvisoria. In cambio e dopo la dura protesta di questi giorni, la promessa del ministro Matteoli di bonificare la «vecchia discarica» di Colle Barone. Con 17 anni di ritardo e il 27 per cento di tumori in più sulla media nazionale sul groppone degli abitanti del posto.

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