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La rivolta di Montecorvino Rovella

I rifiuti del Ministro

Gli abitanti di Montecorvino non stanno difendendo il loro bel giardino. Hanno convissuto per venti anni con due discariche pessime, mal gestite, inquinanti. E non ne possono più. Imbevibile l'acqua, nuove malattie, rischi igienici, odori rumori incidenti. E sature da tempo.
29 giugno 2004
Valerio Calzolaio*


È vero. Hanno bloccato irresponsabilmente una infrastruttura essenziale. È vero. Stanno rovinando la vita a molti italiani incolpevoli e inermi. È vero. Dicono solo un piccolo grande “No”, senza piattaforme organiche, senza rappresentanti certi e vertenza chiara, senza ordine né rispetto. È vero. Però la sindrome “Nimby” not in my backyard questa volta non c’entra niente. Gli abitanti di Montecorvino non stanno difendendo il loro bel giardino. Hanno convissuto per venti anni con due discariche pessime, mal gestite, inquinanti. E non ne possono più. Imbevibile l'acqua, nuove malattie, rischi igienici, odori rumori incidenti. E sature da tempo. Una era stata finalmente chiusa nel 1999, l'altra nel 2001. Dopo danni e proteste. Giustamente.
Invece di bonificarle ora vogliono riaprirle, qualcuno, un commissario governativo, un'istituzione lontana. Loro si oppongono, sono esasperati, s'accende una scintilla, scoppia l'incendio. Forse non hanno “tutte” le ragioni, certo i torti sono prevalentemente altrove. Molto ci sarebbe (male) da dire su come governo e ferrovia hanno affrontato questo ennesimo blocco ferroviario, qualcosa va ancora detto sull'origine della protesta, sulle politiche ambientali non fatte o fatte male dal governo Berlusconi.
La gestione dei rifiuti in Italia inizia nel 1997, con il decreto legislativo del ministro Ronchi e del governo Prodi, finalmente in linea con l'Europa. Lì si spiega che il più va fatto prima dello smaltimento (quando si produce, quando si acquista, quando si consuma, quando si tiene il rifiuto in mano), lì si spiega che una discarica mal gestita o mal localizzata inquina e va chiusa il prima possibile, lì si spiega quanto e come riciclare e riusare, lì si spiega che, con procedure democratiche e trasparenti, proprio alla fine, qualche rifiuto può anche essere bruciato, lì si cominciavano ad incentivare virtuosi enti pubblici e privati, lì si lottava contro le ecomafie. Lo so: era un poco complicato da attuare, troppi decreti e regolamenti, qualche incertezza burocratica. Lo so: facemmo l'errore di non prendere di petto l'emergenza meridionale, mantenendo la logica dell'emergenza e dei commissari. La sostanza c'era ed era giusta, con impegni e tempi, scadenze e sanzioni. Il fatto è che da tre anni il nuovo governo ha accantonato la gestione ed è tornato ai favori improvvisati, commi ad personam sparsi in provvedimenti vari, rinvio dell'applicazione, proroghe dell'emergenza e deroghe discrezionali, condoni su tutto. L'incredibile ministro contro l'ambiente, l'onorevole Altero Matteoli, si limita a due insopportabili luoghi comuni: l'ordine pubblico riguarda un altro Ministero, “parlo” da cittadino e non da ministro. In-competente. Il suo ineffabile sottosegretario campano, l'onorevole Antonio Martuscello, in tre anni è intervenuto in parlamento, alla camera o al senato, 7 (sì, sette!) sole volte, per rispondere a interrogazioni. Non c'è mai, pensa solo a fare il Bondi napoletano. In-competente. Hanno fatto “marcire” la situazione dei rifiuti solidi in Campania. Hanno lasciato che l'esasperazione crescesse, i cassonetti pieni, i piccoli incendi, i blocchi ferroviari. Avrebbero dovuto puntare sulla raccolta differenziata, soprattutto dell'umido, soprattutto al sud. Avrebbero dovuto imporre alle regioni un termine per il ritorno alla gestione ordinaria. Avrebbero dovuto riprendere in mano discutibili decisioni e discutibili comportamenti, come quelli della FIBE in Campania. Avrebbero dovuto scovare e chiudere le centinaia di discariche abusive ancora sparse, anche nel casertano e nel salernitano. Avrebbero dovuto impedire i permanenti affari sui rifiuti pericolosi e tossici. Altro che mettere tutte le scorie a nucleari a Scanzano!
Ora serve un vero tavolo istituzionale, coinvolgendo associazioni e comitati di cittadini dove esistono. Il piano regionale per le 7000 tonnellate di rifiuti al giorno dei sei milioni di abitanti della Campania definito nel 1997 politicamente non regge più. Serve un nuovo patto che riguardi l'intero ciclo dei rifiuti, un piano straordinario per la raccolta differenziata, quanto può e deve metterci lo stato in termini finanziari, quanto deve fare la regione per la concertazione con i comuni e il consenso dei cittadini. Sui rifiuti si gioca molto anche il centrosinistra, è bene sapercelo. Sulla riduzione delle quantità sostenibili in tempi certi, sulla riconversione ecologica dei vecchi sistemi, sulla gestione democratica.

Note: * Ex Sottosegretario di Stato per l' ambiente Governo Prodi-I
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