Le ferite di Sarno
7.04.04
Sono trascorsi sei anni dalla tragedia, da quando una colata di fango portò via 160 persone, ma ancora oggi a Sarno, Quindici, Bracigliano, Siano, le ferite sono evidenti. Ad Episcopio, la spianata creata dalla massa di fango è ancora lì, con ai margini le case rovinate e la carcassa del vecchio ospedale. La strada Siano-Bracigliano, arteria fondamentale, chiusa dal giorno della tragedia. La via di fuga di San Vito-S. Eramo è una strada a senso unico alternato, dai margini distrutti, tra buche e cumuli di spazzatura. Con la pioggia diventa ancora più difficile da percorrere, sia a piedi che in auto. La sola novità sono dei lunghi canali di cemento che attraversano la città da monte a valle, lunghe ferite di cemento grezzo. I canali dovrebbero, nel sistema di messa in sicurezza, servire per far defluire le acque piovane, mentre a monte un sistema di enormi vasche di raccolta dovrebbe garantire l'espansione di una eventuale nuova colata. Il fango nelle vasche, l'acqua nei canali, e le case ricostruite lì dove erano perché l'intervento garantirà la messa in sicurezza dei luoghi, questo in sintesi la filosofia dell'intervento. «Ad oggi si è fatto solo il 20% di quello che bisognava fare, ci ha detto Alfonso Esposito, portavoce dei Comitati Riuniti. Ancora più duro Antonio Milone, dell'Associazione Rinascere, «di questo passo i lavori termineranno nel 2023», afferma con dura ironia. Il sub commissario per l'emergenza, il prof. Pasquale Versace, docente di costruzioni idrauliche, snocciola le cifre, 130 milioni di euro di lavori ultimati, 91 di lavori in corso, su una disponibilità di 314 milioni di euro. «Siamo all'80% di quello che bisognava fare, nella sola Sarno abbiamo effettuato 40 interventi e 14 sono in corso» ci dice nel suo studio, dove ci ha accolti con disponibilità.
Sembra preparato alle critiche, le accoglie, le condivide, ma poi, in sostanza non si muove di un punto il professor Versace. Si è vero ci sono dei ritardi, ma non dovuti al Commissariato, ma alla fase iniziale quando le responsabilità non facevano capo ad una unica struttura. Come manager difende l'attività del commissariato, come professore difende la bontà teorica del modello di intervento. Nella sola Sarno sono previsti circa 1000 espropri, centinaia di cantieri, con ricorsi al Tar, con una fase di progettazione iniziale non proprio perfetta, condizionata dall'emergenza e dalla fretta di accedere ai finanziamenti europei. Numerosi le varianti di progetto e molti i contenziosi con ditte che hanno abbandonato i lavori.
Ma, sostiene Versace, noi abbiamo appaltato quasi tutto e stiamo completando la fase di progettazione, entro venti mesi costruiremo la grande vasca, e in circa un anno apriremo la provinciale, con la costruzione delle vasche il sistema sarà perfetto. Sarà così, ma non mancano le critiche alla lentezza dei lavori e al modello di intervento. Se la progettazione iniziale non fosse stata approssimativa, se ci fossero stati studi più adeguati non ci sarebbero state così tante rinunce da parte delle imprese appaltatrici. Non solo, viene da chiedersi se i canali servono per lo scorrimento delle acque non era meglio cominciare dalle vasche che invece proteggono dal fango? Si è vero dicono al commissariato, se cominciassimo adesso faremmo le cose diversamente. Allora il sistema delle vasche non era condiviso da tutti, si è cominciato dai canali che oggi avremmo fatto sicuramente di dimensioni minori. Comunque, secondo Versace, i canali costruiti già adesso garantiscono anche dal rischio della colata. Una certezza questa criticata da alcuni esperti, per i quali non esiste nessuna prova che un'eventuale colata sia incanalata nei canali esistenti con il rischio inoltre che, se così fosse, senza vasche, il cemento dei canali rischierebe solo di accelerare la colata. Elio Barba, che da anni segue l'intera vicenda ci va giù duro «C'era tempo per pensare e studiare altre soluzioni. La storicizzazione ci insegna che eventi del genere si ripetono ogni due secoli. Che c'era tempo del resto lo sapevano gli stessi che hanno realizzato questo modello, tanto è vero che hanno cominciato dai canali, che per loro stessa ammissione non sono affatto fondamentali e non dalle vasche. Bisogna fermare i lavori, perché sono inutili e dispendiosi. L'alternativa c'è e sono i presidi e i monitoraggi del territorio».
I cittadini, esasperati, sembrano non mettere in discussione il modello di vasche e di canali, la loro unica esigenza è quella di fare presto. A sei anni dalla tragedia centinaia di nuclei familiari aspettano la ricostruzione delle loro case. Case che verranno ricostruite lì dove erano prima, a pochi metri dai canali. Un segnale per dire che il meccanismo vasche-canali funzionerà perfettamente. Ma non mancano già da ora perplessità. Il sistema prevede infatti una manutenzione e cura dei canali che già adesso sembra mancare, nonché un controllato sviluppo urbanistico. Erba e detriti sono presenti nei canali, e non mancano fenomeni di abusivismo edilizio che il recente condono ha vieppiù stimolato. Nel 1998 a Sarno furono 64 gli abusi edilizi rilevati, nel 2003 si è arrivati a 440, 53 nei primi mesi del 2004. La tragedia in questo non ha insegnato niente, così come i precedenti disastri,dei quali è possibile trovare riscontro sin dal 1630. Ad oggi la fase dell'emergenza sembra dover terminare anche formalmente. Dal 30 giugno un'agenzia dovrà prendere il posto del commissariato e si dovrebbe tornare alle procedure ordinarie. Scorriamo i numeri forniti dal commissariato, 133 interventi effettuati, 39 in corso d'opera, ma i numeri non sembrano aver reso Sarno meno precaria e più sicura. La nuova vasca costerà 34 milioni di euro. Notiamo, tra le voci di spesa, anche 913.139,00 euro destinati ad interventi di manutenzione straordinaria della Curia Vescovile. Magari, con l'aiuto di Dio, per i prossimi lavori si procederà più velocemente.
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