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Rispetta la (tua) natura

Non potremo mai rispettare e vivere veramente la suprema bellezza e armonia della natura esterna se non cominciamo da noi stessi
30 aprile 2004
Michele Vignodelli

Il nostro corpo e la nostra mente sono meraviglie naturali in pericolo, da difendere come le foreste, i fiumi, il mare e le montagne. Sono continuamente aggrediti dal sistema tecnologico ed economico che ci governa, proprio come il resto del mondo naturale.

Non potremo mai rispettare e vivere veramente la suprema bellezza e armonia della natura esterna se non cominciamo da noi stessi. Eppure esiste una spaventosa ignoranza sulla nostra natura interna, che fa pensare a una congiura del silenzio.

Negli ultimi anni sono emerse abbondanti prove dell'esistenza di una complessa natura umana, realtà che il comune buon senso aveva sempre intuito ma che la nostra cultura ha negato per secoli, immaginando l'uomo come un essere infinitamente espandibile e infinitamente adattabile a ogni situazione sociale e ambientale (immagine prediletta da tutte le ideologie, tese ad "addomesticarci" a misura delle loro dottrine di un "uomo nuovo").

Oggi sappiamo che questa immagine è falsa: i contenuti fondamentali della nostra esperienza del mondo, persino quella musicale, sono determinati dal nostro corpo, come per ogni altro essere vivente.

La mente umana ha quindi una sua struttura specifica, una sua armonia ecologica, fragile e vulnerabile. Non siamo spiriti disincarnati prigionieri di un corpo animale.

E' vero che siamo molto "adattabili" a situazioni diverse (come molti altri esseri viventi), ma questo non vuol dire che non esista un nostro ambiente ideale, che richiede il minimo sforzo di adattamento.

Questo significa che siamo spiritualmente e fisicamente strutturati per un mondo che per noi europei metropolitani è scomparso da alcuni millenni.

Ci siamo assuefatti al mondo urbano fino al punto da diventarne del tutto dipendenti, come da una potente droga, ma esso rimane essenzialmente estraneo, opprimente e pericoloso, in modi di cui spesso stentiamo a renderci conto, soprattutto quando si presentano sotto forma di esaltante abbondanza: eccesso di dolci, di grassi, di comfort fisico, di stimoli visivi, di potere sugli altri, di protesi tecnologiche. L'eccesso di cibo e di poltrona diventa malattia, quello di stimoli visivi diventa insensibilità e noia, quello di potere sugli altri diventa solitudine e cinismo, quello di civile cortesia ci rende freddi e ipocriti, quello di tecnologia svuota il nostro spirito.

E' il nostro nucleo "preistorico" (il nostro "cuore" più profondo e autentico) quel "centro di gravità permanente" di cui parlava una famosa canzone, attorno a cui dovremmo ancorare solidamente la nostra esistenza per non andare alla deriva verso disarmonia e infelicità, travestite da sfavillanti utopie tecnologiche, economiche o pseudo-religiose.

Il cervello non è un pallone informe e vuoto, da gonfiare all'infinito stipandolo freneticamente di informazioni, attività, regole da rispettare per diventare sempre più sicuri e potenti. "DI PIU'" non è sempre MEGLIO! Questa è la logica stupida dei tumori, non quella di un essere complesso, orientato a conservare quell'equilibrio interno ed esterno che chiamiamo vita, intelligenza, umanità. Una condizione fatta anche di piccolezza, della sensibilità che c'è nell'essere individui limitati e vulnerabili, con una pelle sottile esposta alle spine del contatto diretto con la forza del mondo naturale. Le protesi burocratiche e tecnologiche ormai ci stanno asfissiando in un soffocante, grottesco letto di piume.

Ecco perché il nostro sistema economico, basato sulla previsione di una crescita infinita dei consumi di servizi e di protesi artificiali (un'illusione che chiamiamo denaro, azioni, ecc.) è umanamente insostenibile e quindi destinato a un imminente collasso da accumulazione (che il governo mondiale sta cercando di rimandare con una guerra).

Un tempo si guardava alla natura esterna nello stesso modo: come UNO SPAZIO INFORME E VUOTO da riempire il più possibile. Anche se ora sappiamo tutti (o quasi) che le cose stanno molto diversamente, continuiamo ad andare nella stessa direzione sbagliata perché crediamo ancora sia possibile e doveroso espandere all'infinito il nostro spirito nello sviluppo della tecnologia, nella domesticazione spinta della natura o nella colonizzazione dello spazio.

La crescita della scienza, sia ben chiaro, è stata anche utile: c'è stato un reale progresso che ci ha permesso di riacquistare, almeno sul piano ideale, una saggezza ecologica e sociale che era andata perduta a seguito di tremendi traumi ambientali del passato (generando millenni di tirannie, guerre e devastazione ambientale). Ma questo effettivo progresso, o recupero, dell'autentico spirito umano riguarda la conoscenza della Terra e dell'uomo, che ci fa crescere davvero perché è nella nostra istintiva vocazione umana. All'infuori di questo c'è solo la crescita della tecnologia fine a sé stessa, che soffoca il nostro spirito con i suoi meccanismi tentacolari, rendendoci ogni giorno sempre più deboli e allontanandoci da quella che è e sarà sempre la nostra unica, vera casa. NON ESISTE PROGRESSO LONTANO DALLA NATURA SELVATICA.

Ecco che cosa c'è di sbagliato, ad esempio, negli OGM: ci allontanano ancora di più dalla natura, costruiscono un mondo ancora più estraneo, opprimente e pericoloso.

 

Note: michele.vignodelli@iol.it

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"Noi non morirero mai: siamo cento volte più vivi di voi, in quello che siamo costruendo ogni giorno, nonostante tutto. Nelle baracche, nei figli che continuano a nascere, senza mai perdere la speranza. Perché nessuno può uccidere la speranza dei poveri".

Chiara Castellani, Nicaragua, agosto 1987 - La frase è riferita al periodo in cui i governanti americani appoggiavano i terroristi dei Contras per rovesciare il governo sandinista. Da "Una lampadina per Kimbau", Mondadori, p.160. Ora Chiara Castellani opera a Kimbau in Congo.

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