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Libertà d'inquinare

In Italia si devasta l’ambiente senza fare notizia. Ci vuole un dibattito sul modello di sviluppo che coinvolga la popolazione, oltre agli ecologisti
12 aprile 2004
Gerhard Mumelter


In Italia si devasta l’ambiente senza fare notizia. Ci vuole un dibattito sul modello di sviluppo che coinvolga la popolazione, oltre agli ecologisti
Il fuochista arriva alle sei. Sale su un mucchio di carbone e comincia a spalare. Poi accende il fuoco. Non siamo sulla locomotiva del treno Addis Abeba-Gibuti, ma in un condominio nel cuore di Roma. In quello dove abito. Sono molti i palazzi romani riscaldati a carbone, in barba alla legge e all’inquinamento che porta il sindaco Veltroni a denunciare “l’emergenza ambientale”.

Fuori splende il sole. Soffia lo scirocco, la temperatura è di venti gradi. Nel mio appartamento i termosifoni scottano. Perché? Con il fuochista – spiega l’amministratore – c’è un contratto. Lo paghiamo anche se non viene. Quindi, tanto vale farlo venire anche quando fa caldo. “Ma potrebbe almeno usare la metà del carbone?”, cerco timidamente di obiettare. “No, perché fa un carico unico”.

Logica disarmante. Un cittadino ambientalista come me in una città come Roma spesso è costretto a rassegnarsi a chiudere gli occhi davanti ai cumuli di rifiuti scaricati di notte ai bordi delle strade di periferia. Davanti a frigo, televisori, carcasse di motorini e pneumatici che decorano i prati lungo l’Aurelia o la Casilina. Viaggiando verso sud la frustrazione aumenta. Discariche illegali, abusivismo dilagante e noncuranza stanno devastando intere zone del mezzogiorno.

Ma a differenza del bacio saffico del Grande fratello, l’ambiente non fa notizia. Vi ricordate i fanghi industriali della Murgia, le mozzarelle alla diossina? Scandali rimossi non appena affiorati. L’ambiente non crea audience. Solo occasionalmente – come nel bel reportage del Tg1 di Elisa Anzaldo sull’abusivismo – tv e giornali si occupano dei gravi rischi che l’ambiente sta correndo. Finita la rivolta di Scanzano, di scorie nucleari per i prossimi cinque anni non se parlerà più. Vi ricordate l’emergenza rifiuti in Campania? La siccità, la temperatura del mare di 32,3 gradi a Maratea, gli incendi dei boschi? Tranquilli, se ne riparlerà l’estate prossima. E il petrolchimico di Porto Marghera? Continua imperterrito a scaricare centomila tonnellate di inquinanti all’anno nella laguna veneta. E la proroga di tre mesi del condono edilizio, che solo a Roma ha portato a un record di 500 costruzioni illegali nel 2004? Una notizia di poche righe. Avete letto della decisione del governo italiano di recepire la direttiva Ue sulle energie rinnovabili, inserendo tra le fonti pulite anche i rifiuti? Improbabile: sono pochissimi i giornali che ne hanno dato notizia. E l’ampliamento della base per sottomarini nucleari nel mare limpidissimo dell’isola di Santo Stefano, parco naturale? Se ne occupa qualche quotidiano sardo. Sapevate che su 48 foci analizzate 34 risultano, secondo i parametri di legge, inquinate, e di queste 21 lo sono con valori dieci volte superiori ai limiti?

Non è un diritto costituzionale
Italia a rischio declino? Forse. Ma a rischiare di più è l’ambiente. Non tanto in regioni che tradizionalmente proteggono il paesaggio, come la Toscana, quanto nel sud. Dappertutto sono in atto massicci tentativi di annacquare le norme di protezione, di togliere vincoli, di ridisegnare i confini dei parchi, di far passare nuovi progetti speculativi sulle coste e in montagna.

L’Italia ha bisogno di un ampio dibattito su nuovi modelli di sviluppo, che esca dal circolo ristretto delle associazioni ambientaliste (più che benemerite) per coinvolgere vasti strati della popolazione. Per far capire alla gente che non sarà il ponte sullo stretto di Messina ad aumentare la qualità della vita. Per convincere tutti che il paesaggio è il maggior capitale che l’Italia ha da difendere. C’è bisogno di un’educazione ambientale capillare, a cominciare dalla scuola materna. E deve insegnare innanzitutto una cosa: che tra le libertà garantite dalla costituzione non è prevista quella di inquinare.

Note: Gerhard Mumelter è il corrispondente dall’Italia del quotidiano austriaco Der Standard. Nato nel 1947 a Bolzano, vive a Roma dal 1996. Per scrivere ai giornalisti stranieri: corrispondente
@internazionale.it

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La nostra chiesa in questi anni ha lottato solo per la propria sopravvivenza, come se fosse fine a se stessa, è incapace di essere portatrice per gli uomini e per il mondo della parola che ricomincia e redime.

Dietrich Bonhoffer.

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