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Karabash/2

La morte della città-fabbrica

Sistemi di filtraggio inesistenti, operai schiavizzati e a rischio salute
È la modernizzazione Licenziamenti a tappeto, inquinamento letale e investimenti solo nella produzione: è la strategia dell'azienda, in odore di mafia. Il governatore risponde agli ambientalisti alzando il limite delle emissioni
13 marzo 2004
Astrit Dakli


La storia di Karabash (in lingua tatara «testa nera») è tipica di molte analoghe città-fabbrica della Russia. L'impianto di raffinazione del rame - una fonderia, in buona sostanza - risale al 1910 e lavora a pieno regime fino agli anni `80: è l'unica industria di una città costruitale intorno, e occupa fino a 6.000 operai, cui si sommano i minatori occupati nelle numerose miniere adiacenti. In totale, la popolazione arriva a un massimo, negli anni `50 e `60, di oltre quarantamila abitanti. Poi le miniere incominciano a chiudere, vuoi per esaurimento del minerale (rame, ma anche molto altro - qui c'è più o meno tutto quel che si trova sulla tavola di Mendeleev) vuoi per scarsa redditività. L'ultima miniera del distretto di Karabash chiude nel `95. Ma intanto, nell'89, per la bassa produttività e le preoccupazioni circa gli effetti disastrosi sulla salute della popolazione e sull'ambiente naturale che derivano dalle emissioni di gas e polveri e dall'accumulo di scorie tossiche, una risoluzione del Soviet supremo dell'Urss decide di fermare la produzione della fabbrica, la cui «messa in sicurezza» ha un costo eccessivo. La chiusura avviene molto gradualmente, tanto che l'ultimo dei quattro forni di fusione viene spento solo nel '96; una parte dei ventimila abitanti registrati nel `91 si trasferisce altrove (nel `98 ne rimangono 15mila) o cerca di arrangiarsi con lavoretti e con gli orti. Karabash diventa una delle tante «città in estinzione» dell'immensa periferia russa. Nel gennaio `98, tuttavia, alcuni imprenditori - in odore di mafia, come spesso accade da queste parti - ottengono da Pjotr Sumin, governatore dell'oblast' di Celjabinsk (la regione cui appartiene Karabash), il permesso di riprendere la produzione, promettendo l'installazione entro due anni dei più moderni sistemi di filtraggio per azzerare o comunque ridurre drasticamente l'inquinamento. Resta oscuro il nodo della proprietà dell'azienda: nessuno sa dire in effetti a chi appartenga, visto che in parte è stata privatizzata col sistema dei voucher popolari (titoli di proprietà distribuiti ai lavoratori nel `92-93) e in parte è rimasta «statale», ma in effetti divisa tra governo federale, oblast' e municipio.
La ripresa di attività, comunque, serve ad attirare nuovi operai: la popolazione torna a crescere un po', ma subito è chiaro che la situazione è disastrosa. Gli impianti lavorano con le vecchie metodologie e senza l'ombra di un sistema di filtraggio, salari (circa 150 euro/mese) e condizioni di lavoro sono da schiavi, della salute della popolazione non si preoccupa nessuno: tanto che in quattro anni morbilità e mortalità a Karabash aumentano a ritmo incredibile, fino a diventare le peggiori dell'intera regione degli Urali - già di per sé in condizioni pessime per la presenza di moltissimi impianti inquinanti: basti pensare che a poca distanza da Karabash troneggia il famigerato impianto di arricchimento nucleare di Mayak, responsabile di una serie di catastrofi impressionanti nei decenni scorsi, nonché dell'incredibile, continuo inquinamento radioattivo di un'intera vallata, piena di villaggi. Tra il `98 e oggi le nascite si dimezzano e la mortalità raddoppia, mentre molte malattie - in primo luogo quelle polmonari, ematiche, ghiandolari - si moltiplicano per quattro.
La direzione della fabbrica nel frattempo ingaggia un conflitto durissimo con un altro gruppo di imprenditori (altrettanto sospetti) di Ekaterinburg, che rivendicano di aver acquisito la maggioranza delle azioni. Passano gli anni: la scadenza del 2000, entro cui dovevano essere installati i depuratori, svapora nel nulla, e così quella della promessa successiva, il 2002. Non ci sono i soldi, sostiene l'azienda, che però intanto investe milioni di dollari nella produzione, sospinta evidentemente da profitti che nessuno controlla - e licenzia personale, in nome della modernizzazione. Gli occupati, inizialmente 1800, diventano prima 1600, poi 1450. Vengono promesse nuove assunzioni, mentre la data per i depuratori viene spostata al 2005; ma si viene a sapere che le previsioni interne aziendali parlano invece di un nuovo forno di fusione, nuovi tagli al personale (fino a 1000 occupati per il 2005) e nessun depuratore.
Una parte della popolazione, guidata da alcuni consiglieri comunali, chiede a più riprese di rivedere gli accordi con la direzione, ottenendo solo secchi dinieghi o silenzi; anche le autorità regionali rifiutano ogni negoziato, mentre il sindaco - l'ex capo delle guardie della fabbrica - evita che venga presa qualsiasi decisione a livello cittadino. Interviene una delegazione del Comitato ecologico della Duma federale, che constata il disastro (nonostante le venga rifiutato l'ingresso in fabbrica) e chiede la fermata degli impianti: niente. Interviene una speciale commissione del ministero per le risorse naturali, che a sua volta constata come la fabbrica stia violando tutti i limiti di legge nelle sue emissioni: in risposta, il governatore Sumin (che secondo voci correnti è il vero proprietario) alza di 33 volte il limite delle emissioni consentite. C'è anche un problema fiscale e sociale: la fabbrica dovrebbe per legge pagare 4 milioni di dollari all'anno al municipio in tasse da destinare a fini sociali, ma non ha mai pagato nulla, né qualcuno si premura di esigere quei soldi.

Sociale.network

@peacelink - 2/11/2025 20:00

lepersoneeladignita.corriere.i

Il governo italiano aveva tempo fino a oggi per fermare un accordo che dal 2017 provoca sofferenze e violazioni dei . Non lo ha fatto e, dunque, il 2 febbraio 2026 verrà automaticamente prorogato per altri tre anni il “Memorandum d’intesa” comunemente conosciuto come Memorandum Italia-Libia.

@peacelink - 2/11/2025 13:43


Forze speciali ucraine hanno avviato una complessa operazione di infiltrazione a , per tentare di rompere la morsa dell'assedio russo alla città del , in . Lo riporta l'emittente pubblica Suspilne. Squadre d'assalto dell'intelligence militare sono entrate in aree della città considerate sotto controllo dal comando russo.
Il presidente ucraino ha riferito che le truppe russe sono circa 170.000 soldati nei pressi di Pokrovsk.
La Stampa

@peacelink - 2/11/2025 13:39


I soldati ucraini circondati dalle forze russe a hanno iniziato ad arrendersi, secondo quanto riferisce il ministero della Difesa russo. «Mi sono reso conto che il comandante ci aveva abbandonato molto tempo fa. Io e il mio compagno abbiamo cercato di organizzare una difesa in una casa privata. Ma poi abbiamo deciso che era meglio arrendersi. Perché non aveva senso resistere», ha detto il soldato ucraino Vyacheslav , catturato nei pressi di Pokrovsk.
La Stampa

@peacelink - 2/11/2025 13:32

La battaglia intorno alla città dell' orientale di infuria. I russi hanno comunicato di aver "neutralizzato" il commando delle forze ucraine e di aver sventato ulteriori "sette attacchi nemici intrapresi per sfuggire all'".
Ansa

@peacelink - 2/11/2025 13:30

Nelle ultime ore le forze di hanno provato a sfondare e rompere l’assedio, ma i russi hanno bloccato la controffensiva ucraina.

Perché la battaglia di è così importante nella guerra fra e share.google/1kka0CgQo9ePXhKPO

@peacelink - 2/11/2025 13:23


L’alert di , poi i guardacoste libici. «Ennesimo indizio della loro collaborazione»

«Ma l’Italia e l’Unione europea continuano a riconoscere le autorità libiche come partner strategici e come una guardia costiera a tutti gli effetti – dice Castiglione – e oggi purtroppo abbiamo visto l’ennesima violazione dei diritti umani e l’ennesima sospetta collaborazione di Frontex con le autorità libiche».

editorialedomani.it/fatti/diar

@peacelink - 2/11/2025 13:17

al collasso: demografia, lavoro e welfare ai minimi storici

Il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria a Taranto rappresenta quasi il 60% della Puglia, con le ore di cassa ordinaria cresciute da 506.357 nel 2023 a 1.250.538 nel 2024, e quelle di Fondo Integrazione salariale da 36.902 a 85.088.

--

tarantotoday.it/attualita/tara

@peacelink - 2/11/2025 10:43


youtu.be/0V-V6IvOcLg
Nei giorni scorsi, a poco meno di un anno di distanza dall’impiego del missile Orešnik contro un impianto produttivo ucraino a Dnipro, il presidente Putin ha annunciato che la Russia aveva testato con successo il vettore , nome in codice Nato Ssc-X-9 Skyfall. Si tratta di un missile da crociera a propulsione nucleare, lanciabile da vari tipi di piattaforme e in grado di trasportare testate nucleari operando a una quota compresa tra i 25 e i 100 metri.

@peacelink - 2/11/2025 10:26

Ex , Scarpa (): Rischiamo fermo Altoforno 4 e stop produzione

“Questo è un grido d’allarme: stiamo rischiando nelle prossime settimane il fermo dell’Altoforno 4 con dirette conseguenze sulla fermata della produzione. Quindi stiamo rischiando che per i problemi di liquidità dell’indotto si paghi un prezzo salatissimo”. Così Loris Scarpa, coordinatore siderurgia Cgil.

Geagency

@peacelink - 2/11/2025 10:23


Acciaierie d’Italia, l’ex , mette in fermata l’altoforno 4, l’unico da mesi in marcia nello stabilimento.

Ex Ilva, doppia fermata per . Produzione ridotta al minimo
quotidianodipuglia.it/taranto/

@peacelink - 1/11/2025 17:46

La ha schierato circa 170.000 soldati nella regione orientale ucraina di , dove sta cercando di conquistare la roccaforte di in una grande offensiva per ottenere la vittoria sul campo di battaglia. Lo ha affermato il presidente ucraino Volodymyr .
Rainews

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