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Qualcosa si può fare per salvare la Val di Noto

6 settembre 2007
Giancarlo Ferrero (giurista)
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Per il vergognoso attentato alla bellezza di Noto e della sua valle, patrimonio dell'umanità che purtroppo si trova in territorio italiano, si addita come responsabile ultimo, il tribunale amministrativo siciliano. Il ricorso dei petrolieri del far west è stato accolto, quindi avevano ragione i trivellatori di viscere terrestri, il miliardario affare andrà avanti, l'inutile (pecuniariamente) architettura barocca dalle curve provocanti, sarà eliminata e trasformata in oro nero. Nulla di meno vero, ma nulla di meno grave. Con la loro decisione i giudici amministrativi si sono limitati, come dovevano fare, a dichiarare l'illegittimità di un provvedimento amministrativo impugnato; non hanno autorizzato né potevano autorizzare alcun proseguimento di escavazione alla società americana.
Il Tar ha probabilmente fatto ricorso al cosiddetto «silenzio assenso» in forza del quale, qualora una pubblica amministrazione ritardi l'emanazione di un atto, questo si intende assentito e non è più consentito emetterlo tardivamente (l'amministrazione siciliana si è presa alcuni anni di riflessione).
Il nocciolo della questione, la vera vergogna siciliana e anche nazionale è l'aver consentito che si potesse arrivare al punto in cui si è arrivati. Noto e la sua valle, il parco di Vendicari con il suo mare sono la prova che persino il Padreterno è distratto, infatti ha dimenticato di eliminare un angolo di paradiso terrestre. Alla dimenticanza di Domineddio stanno ora provvedendo i pubblici amministratori, incuranti della circostanza che l'intera area è stata riconosciuta dall'Unesco «Patrimonio dell'umanità», delle annose e vibrate proteste dei residenti e degli uomini di cultura, ligi solo a «Mammona» dalle dollorate sembianze, i politici locali hanno svenduto la loro terra ai petrolieri texani, aderendo all'inizio alla richiesta di una concessione di escavazione, mantenendo poi sul terreno fragile della conflittualità giuridica e del groviglio amministrativo una stato di cose aperto a ogni possibile sviluppo, compreso un'innocente pronuncia dei giudici amministrativi.
Chiunque sia in buona fede e abbia un minimo di esperienza giuridica, sa perfettamente i molti limiti e la scarsa efficacia pratica del diritto a cui fa riscontro la notevole forza e incisività degli interventi politico-amministrativi. L'immenso valore storico-artistico di Noto, con le sue pittoriche evoluzioni barocche uniche in Europa, il suo paesaggio dal richiamo internazionale, la vocazione turistica e agricola della zona, il fiorire di iniziative dei giovani avrebbero dovuto imporre più che suggerire agli amministratori pubblici (?) una difesa estrema dell'area in esame contro qualsiasi aggressione interna e esterna che potesse, non distruggere, ma anche solo alterarne l'assetto territoriale. Non è bastato evidentemente a lor signori la cadaverizzazione di una parte della Sicilia divorata dai petrolieri, dove nulla più nasce e cresce in modo naturale, compresi i neonati!
Per fortuna si può ancora correre ai ripari, purché lo si voglia veramente: l'attività amministrativa è sempre suscettibile di revisione, anche quella concessoria e autorizzativa; la zona può acquisire la natura di un parco regionale-ambientale intoccabile, la sovrintendenza competente ha il dovere di imporre drastici divieti per il significato artistico e archeologico dell'area che potrebbe venire compromessa, il ministro per l'Ambiente (che in verità ha già avuto occasione di interessarsi alla squallida vicenda chiedendo chiarimenti al presidente della regione) non può certo dimenticare che Noto e i suoi dintorni fanno parte, oltre che del territorio della regione a forte autonomia, del territorio dello stato italiano e sono soggetti alla sua sovranità. Molto dunque si può ancora fare (purché non si ricorra ai furbeschi provvedimenti «suicidi» inevitabilmente destinati a cadere per illegittimità al primo ricorso giurisdizionale. Si dimostri una volta tanto all'opinione pubblica internazionale e nazionale mobilitata in modo compatto che lo stato italiano e la buona amministrazione ancora esistono e non si lasciano comprare.

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