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Un commento di Guido Ceronetti sulla manifestazione «Terra futura»

Tre giorni, a Firenze, della larghissima manifestazione...

12 aprile 2005
Guido Ceronetti
Fonte: www.lastampa.it
12.04.05

locandina  manifestione Terra Futura Tre giorni, a Firenze, della larghissima manifestazione «Terra futura» promossa dal Comune, fierone del biologico, conferenze ultraverdi e spettacoli di strada, che hanno coinvolto anche me. Tante belle facce: chi si occupa di queste cose compie un suo proprio viaggio di salvezza dell’anima, ciascuno è un Cristoforo che attraversa il guado portando sulle spalle il pesino del pianeta. Era una sequela di cose buone in vendita, esemplari per un’alimentazione non distruttiva, e tuttavia - significativamente - ignorata o maleamata dai medici, dai dietologi e dai soliti dietomediterranisti che di diete e di mediterranei capiscono quanto un Alì Agca abbia capito del Papa. L’ideologia fondante era lo Sviluppo Sostenibile: chimerico, perfettamente, uno dei tanti giochi di gibigianna di Maya. Non siamo noi al timone di questa Nave di Pazzi del mondo, e una nave di pazzi non ha né guida né bussola - ha però un destino...

A fine marzo lo stato degli Ecosistemi del pianeta vivente - tra i rapporti richiesti dall’ONU circa gli obiettivi, chimericissimi, anche questi, astrattissimi, del Millennio per il 2015 - ha ricevuto da 1300 uomini di scienza del Globo una diagnosi funesta: vanno molto male, peggio andranno nei prossimi anni. Sul funzionamento e la regolarità del respiro degli Ecosistemi poggia la vivibilità di tutto. Equazione infallibile. Aspettarsi che qualcosa cambi nella testa dei poteri politici ed economici, in grado di suggerirgli che sono tutti dei capitani Smith sul ponte di comando del Titanic, è come stare ad aspettare che gli scheletri di animali di un museo di storia naturale si mettano a camminare. Politici ed economisti sono demenza che sa convincere, demenza che ti sega l’albero dove sei seduto spiegandoti che tra un anno (certezza statistica!) vedrai il bene che ti è stato fatto.

Se squarci il velo dell’utopia sostenibilista, ti apparirà una Terra Futura in cui una fiera come quella simpatica fiorentina dei giorni scorsi non sarà più possibile. Dunque affrettarsi: mangiate e bevete bene adesso. La rosa che fiorisce sull’orlo della voragine è bellezza indicibile - bellezza che non salva il mondo ma musicalmente ricanta il verso della nona Elegia Duinese: «Terra, non è questo che tu vuoi: risorgere in noi invisibile?». Se ha un senso metafisico l’agricoltura biologica, questo zatterone di profughi che ha un nascosto messaggio da trasmettere (inconcepibile prima d’oggi, ed è destino anche questo), è di annunciare tacitamente e di preparare attivamente il risorgere della terra nell’invisibile, di far crescere sul limite del disastro, sulla poppa battuta dalle ondate la rosa della bellezza che svanisce, del chicco integro, del polline scampato.

C’è anche un altro verso, a darci una mano in questo accorrere di generosi nel tentativo di spegnere l’incendio generale per mezzo di secchi passati in lunga, sempre più lunga, catena umana: il verso di Kavafis che esalta l’onore di chi difende Termopili, pur cosciente che alla fine l’orda invasora maledetta passerà ugualmente.

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