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Sintesi degli interventi curata da Tarantosociale

Città militarizzate. Resoconto del Convegno di Taranto del 20 novembre

Il convegno è stato organizzato dal Comitato dei 2 NO di Taranto (no al rischio nucleare e no a ogni ulteriore insediamento militare).
24 novembre 2004

--- Alessandro Marescotti - PeaceLink

Dal settembre 2000 siamo a conoscenza di un piano per l’emergenza nucleare che si è potuto conoscere grazie all’azione di richiesta pressante delle associazioni.

Abbiamo portato al Comune, alla Commissione ambiente, con Zanotelli, documenti ufficiali del Pentagono che classificavano Taranto come Base Nato per la flotta americana e un dossier sul rischio nucleare. I consiglieri, impressionati, hanno preso tempo per consultare altre fonti poi non ci hanno fatto sapere più nulla. Siamo in un impasse, questo convegno può essere occasione per rilanciare la vertenza, e gli amici che vengono da altre città con basi militari ci daranno conferma dei rischi che stiamo correndo.

L’idea è quella di rilanciare la proposta di una rete tra i comitati delle città con basi militari.

Abbiamo chiesto con 15 quesiti al Consiglio Comunale di Taranto chiarimenti su tutta una serie di problemi (es. cosa fare in caso di fuoriuscita di cesio o di altre sostanze radioattive, per cui occorrerebbe avere a disposizione farmaci per impedirne l’assorbimento da parte della tiroide).

Per legge la popolazione ha diritto di conoscere le misure che devono essere attuate per proteggerla da eventuali rischi derivanti da incidenti nucleari. Nulla di tutto questo è attuato. Il piano di emergenza nucleare che abbiamo potuto avere parla di trascinare al largo il sommergibile incidentato: e se fosse in fiamme, o affondato sul fondale?

Le inadempienze evidenti ci portano a porre al Consiglio Comunale di Taranto la richiesta: nessun attracco e nessun transito per sommergibili e navi con armi o con motori a propulsione nucleare.

La legge 232/95 che prevede gli adempimenti per far fronte agli incidenti prevedeva decreti attuativi, ciò è rimasto lettera morta con tutti i governi che si sono succeduti.

Un’altra questione che poniamo, ai parlamentari, è questa: Taranto è chiamata a fronteggiare un rischio, ma nessuna assicurazione effettua assicurazioni sul rischio di incidenti nucleari.

E’ uscita una nuova legge che punisce chi diffonde notizie militari con la reclusione fino a 5 anni, questo è un modo per mettere il bavaglio all’informazione, finora abbiamo diffuso notizie del Pentagono.

--- Francesco Polcaro (Comitato scienziati/e contro la guerra)

Nel nostro comitato siamo accomunati dal desiderio di mettere le nostre conoscenze e competenze al servizio dei movimenti che si battono contro le guerre e le armi. Il contributo che vi presenterò è un lavoro mio (ingegnere aeronautico), di Massimo Zucchetti docente di "Sicurezza e Analisi di Rischio" e "Protezione e Impatto Ambientale dei Sistemi Energetici" al Politecnico di Torino e di Francesco Iannuzzelli (informatico).

Un mezzo a propulsione nucleare è alimentato mediante un reattore, contenuto in un reparto apposito, isolato con il piombo per evitare le radiazioni all’equipaggio; esso produce calore, per un meccanismo a catena che si crea. L’acqua riscaldata a 300 gradi e ad alta pressione va da uno scambiatore di calore da cui esce vapore che alimenta una turbina.

A fine 2000 la Russia aveva 52 sommergibili, gli USA 72, la domanda è: come mai ci sono solo 16 navi di superficie, e solo 5 sono navi civili (rompighiaccio russi che operano nell’Artico)? I vantaggi sono notevoli, a parità di ingombro, un propulsore nucleare è molto più potente, non richiede aria (es. nei sommergibili è ideale) e l’autonomia è notevole. Gli svantaggi però sono enormi: il costo di progettazione e realizzazione (20.000 milioni di euro per 4 vascelli), la sicurezza dei vascelli esposti a gravi incidenti.

Ecco perché le navi sono pochissime: alcune hanno funzionato 9-10 anni e poi sono state smantellate e riusate con propulsioni convenzionali, a causa dei costi eccessivi. Per i rompighiaccio è andata “un po’ meglio”. Le condizioni di sicurezza lasciano a desiderare (102 incidenti in 8 anni, molti dei quali di tipo nucleare). Alcuni noccioli sono stati direttamente scaricati a mare.

In ambito militare però le cose cambiano, poiché non mancano le risorse e la sicurezza è subordinata ad altri interessi.

Il più pericoloso tipo di incidente è la fusione dl nocciolo, mentre il più comune è il lOCA , incidente che rilascia acqua del circuito, comunque contaminate.

Statistiche incidente URSS: 12 emergenze nucleari, 4 sommergibili affondati, 2 casi di fusione, 3 casi di inquinamento Radiologico, 15 casi di sovrairraggiamneto, 75 morti per sovrairraggiamento, oltre 100 per i morti del Kirsk.

USA: 2 sottomarini nucleari affondati (Skorpion), più altri incidenti, tra cui la dispersione nel Mediterraneo di due noccioli, in seguito ad incidenti aerei.

--- Tonino Camuso – Osservatorio sui Balcani di Brindisi

Le basi nascono spesso sottotono, chiedendo un punto di appoggio e ampliando successivamente gli insediamenti, come sta accadendo a La Maddalena.

Tutto il mondo rientra in un progetto, data la guerra globale permanente e preventiva, di essere base di appoggio per gli attacchi.

Stiamo lavorando con vari soggetti per avere una mappatura dei siti militari aggiornato. A Brindisi è stata strutturata durante la guerra fredda e la crisi balcanica in determinati modi, ospitando le navi che servivano. Ora c’è la richiesta per appoggiare navi e sommergibili di forze NATO e USA, ed è attualmente base del battaglione S.Marco, presente sempre nelle operazioni di cosiddetta peacekeeping. Si usa anche un aeroporto civile per taluni passaggi di mezzi militari. Il tutto rientra in un quadro di utilizzo dei territori strategici in funzione della guerra permanente e globale che sta dominando questo periodo. La popolazione, ovviamente, è tenuta fuori dalle informazioni, che sono secretate.

Sappiamo che solo dopo lo scandalo dell’uranio impoverito è saltato fuori si è scoperto che molti proiettili sono stati scaricati sull’Adriatico, nei poligoni dove si sono esercitate le forze statunitensi. Da Gioia si sono alzati aerei che trasportavano questo tipo di munizioni.

La Puglia è al centro di queste dinamiche, di fatto è nei progetti (ed è già utilizzata) come una maxi base logistica per le operazioni belliche, come nel caso del Kossovo, in cui furono messi a disposizione gli aeroporti civili per le operazioni di guerra. Lo stesso è accaduto per i porti, per i trasporti ferroviari, in generale tutta le rete di trasporto civile nelle su varie articolazioni. Una nazione che ripudia la guerra – come afferma la Costituzione -, non può essere soggiogata agli interessi militari, espropriata dei propri diritti di sovranità.

Infine, i casi di dismissione, in cui pezzi di territorio a disposizione dei militari vengono restituiti alle popolazioni dopo anni, decenni, (a differenza dei tempi brevissimi che occorrono per concedere gli spazi civili ai militari), talvolta mai, assoggettati a tempi e modi incerti, che scoraggiano gli investimenti in tali zone con vocazione turistico-paesaggistiche. A S.Vito dei Normanni la presenza statunitense è teoricamente scomparsa, ma la porzione di territorio relativa alla base non è riconvertita a scopo civile. C’è un accordo ‘bipartisan’ per avere una base per esercitazioni di peacekeeping.

Ancora, siamo in presenza di una base in cui gli statunitensi lavorano per il NSA - National Security Agency - funzionale ad Echelon, la grande rete che spia tutto, strumento di danni commerciali ai danni dell’Europa.

E’ auspicabile (c’è un sito, www.vialebasi.net) una connessione in rete di tutte le realtà che lavorano per ridurre il militare, in un periodo in cui il ‘partito della guerra’ è comunque trasversale, dato che vi lavorano ditte e società di ogni tipo, anche le cosiddette cooperative rosse.

Ci si sta abituando alla guerra permanente e ai suoi effetti di crescente militarizzazione, così come ci si era abituati alla guerra fredda e ai suoi muri.

--- On. Mauro Bulgarelli (Verdi)

Ci sono 72 guerre in atto (e non parliamo di guerre di liberazione o guerriglia o altro del genere), la guerra sta diventando l’elemento che governa l’economia, che ridisegna il diritto e le modalità della politica.

Prendiamo l’esempio della guerra infinita Israele-Palestina, che riassume il paradigma delle guerre attuali: la polizia lavora come l’esercito, con i carri armati. In Afghanistan c’è ancora un contingente italiano in ‘peacekeeping’, in un paese considerato ora ‘libero’, dove Garzai a malapena riesce a fare le funzioni del sindaco di Kabul.

Un criminale, senza qui voler esprimere giudizi etici, produce ricchezza: un codice penale, un sistema giudiziario, un sistema carcerario, con secondini, funzionari, un sistema di polizia, con tanti dipendenti ecc.

A bene vedere, gli interessi che riesce a creare un criminale sono vastissimi. Lo stesso, in proporzioni colossali, con la guerra: interessi civili, militari, corsi sulla sicurezza ecc.

Un breve riflessione su Genova. Trovo suggestiva l’ipotesi che quello che è successo sia successo perché nelle sale di comando c’erano gli esponenti di AN. In verità è accaduto, per la prima volta, a Napoli, senza nessun esponente di AN nel governo, che un corteo fosse chiuso per un’operazione di mattanza.

Vedo che c’è una attacco concentrico alla Costituzione, usando parole che distorcono: la guerra non esporta la democrazia, la sgretola, perché dove c’è guerra c’è censura, c’è tortura, sia sa. L’80% dei soldati statunitensi è di immigrati che non ha la cittadinanza statunitense e che l’avrà al ritorno della guerra. Eppure tutti vanno lì per lavorare, convinti che quello che stanno facendo è il lavoro che devono fare. La guerra muove un meccanismo poderoso di interessi e lavoro e riduce la democrazia.

I restringimenti di informazione sono evidenti: prendiamo il caso dell’incidente a La Maddalena si è saputo perché si sono immersi abusivamente dei sub a prendere materiale da analizzare (e solo così si è saputo della presenza del Torio. Sempre per puro caso abbiamo appreso da un giornale locale statunitense che alcune persone, della loro città, erano state rimosse dall’incarico alla base della Maddalena. Questo dopo l’incidente di tipo nucleare, fortuitamente verificato noi. Tutto viene sistematicamente nascosto. Le informazioni sugli accordi USA-Italia sono secretate, questo significa che neanche i rappresentanti eletti in Parlamento vi hanno accesso.

I militari americani non possono essere sottoposti a giudizio nel paese dove operano, l’abbiamo imparato con la tragedia del Cermis.

Gli spazi territoriali, oltre a quelli della democrazia e dell’informazione, si riducono, per lasciare spazio a ciò che è militare. I numerosi poligoni di tiro, i rischi connessi all’uso delle munizioni durante le esercitazioni. Ci preoccupiamo dei militari che muoiono per l’uranio impoverito, ai quali non è riconosciuta neanche la causa di servizio. Pensiamo anche alle miglia di persone che nei territori bombardati scontano la contaminazione dell’uranio impoverito e ai tanti profughi che scappano via dalla guerra e alimentano il circuito dell’emigrazione. Tutti meccanismi scatenati dall’enorme affare che si nutre e si espande con la guerra

--- Nicola Occhiofino (Assessore Provincia Bari)

E’ sempre più urgente costruire una cultura della pace. Il compito di costruire il cammino della pace spetta alle forze popolari. Le armi acuiscono la barbarie, le disuguaglianze, le povertà.

In primo luogo, a nessuno spetta decidere sulla testa dei cittadini, gli Enti Locali devono essere collegati in modo continuo alla popolazione perché essa partecipi delle scelte che riguardano il territorio.

Alla pace non c’è alternativa. Si devono preparare nuovi paradigmi e le istituzioni sono chiamate ad una nuova stagione, devono avere un cuore per capire i bisogni e le speranze. Un livello molto importanti rivestono le città, che ha molteplici potenzialità. E’da queste che prendono vita le identità, esse vanno messe al riparo dal degrado, hanno una vocazione alla pace. C’è una relazione tra città e civiltà. Ogni ferita o mutilazione è la ferita di tutte, che sono chiamate a solidarizzare con quella colpita. Il Mediterraneo deve diventare un mare di cooperazione e sviluppo, generatore di cultura, sintesi di identità, crocevia di popoli che deve disegnare nuove pagine di storia. Un mare di pace e non un teatro di guerre e di armi puntate verso nemici artatamente costruiti. Un mare che genera vita e lavoro, non più un mare che genera diffidenza, morte e guerra.

Dobbiamo costruire in Puglia una forte cultura della pace, riprendendo un cammino che viene da lontano. La marcia Gravina-Altamura deve diventare permanente, momento di un permanente movimento contro la guerra e la militarizzazione del territorio, bisogna che le istituzioni si muovano.

--- Giovanni Berardi - Comitato di quartiere Città Vecchia (Taranto)

E’ difficile portare avanti una battaglia antimilitarista in una città che convive da oltre un secolo con l’apparato militare e che si nutre, sia pure in modo parassitario, del sistema economico connesso.

Diventa sempre più difficile costruire momenti di dissenso, visti anche gli sviluppi che hanno avuto a Taranto le vicende giudiziarie che coinvolgono esponenti del movimento tarantino. Il 2 dicembre comincerà a Cosenza un processo con un teorema accusatorio gravissimo, occorre dimostrare solidarietà verso gli indagati, dato che è il diritto al dissenso ad essere messo in discussione, e la cosa, quindi, ci riguarda veramente tutti.

--- Padre Michele Stragapede (Missionari Comboniani Bari)

Per far crescere una vertenza contro le basi dobbiamo porci interrogativi, per far crescere la partecipazione e non fare sempre incontri tra pochi, su problemi relativi allo sviluppo, al rapporto tra militarizzazione e ricchezza (o povertà), agli sbocchi futuri (accordi, corridoio 8 ecc.)

--- Maja Maioni – Comitato di La Maddalena

Si chiede che l’isola di S.Stefano diventi un punto di approdo per sommergibili a propulsione nucleare. La Costituzione vieta la cessione del territorio italiano ad altri paesi per scopi bellici.

Proprio per sembrare un punto d’appoggio, e non una vera e propria base, i militari americani stanno in container di metallo. Il 20 ott. 2003 alle 23,45 c’è stato l’incidente al sottomarino. Ufficialmente sbatte contro una secca che i maddalenini conoscono benissimo e che sono capaci di evitare di notte e di giorno.

Si denuncia che l’incidente è accaduto il 25, mentre sappiamo che è stato il 20.

Un radiologo denuncia che spesso i laboratori di analisi non funzionano per giorni. Le analisi per l’ASL sono a posto. Un biologo ha rinvenuto tracce di plutonio in organismi marini.

A settembre 2003 si è deciso di ampliare la base. Prima il presidente della Regione (di AN) ha chiesto lo smantellamento della base, poi ha cambiato idea.

Sull’Unione sarda è comparso un articolo che riporta, in caso di incidente nucleare, le misure di sicurezza: spostarsi a 50 km. Senza usare il mare. In pratica, in un’isola che non ha una dimensione lineare di 50 km., si chiede di rimanere, in 12.000 abitanti, in trappola.

E’ stato istituito un parco marino, con un Ente Parco che ignora la presenza della base. Ci piacerebbe che monitorasse lo stato delle persone così come fa continuamente con i saraghi.

A La Maddalena l’assenza di un dibattito cittadino sulla base (è storico ormai il rapporto tra maddalenini e presenza militare tanto da aver determinato assuefazione) ci ha portato ad organizzare incontri, seminari con esperti, per mettere in luce i rischi che ne derivano e sottolineare i mancati vantaggi: gli statunitensi usano quasi sempre loro strutture, aprono propri bar, per la costruzione di alloggi per i militari è stata fatta una gara via Internet che ha portato a ditte campane vincitrici della gara. Una fonte di reddito è costituita dall’affitto di case. Ma se paragoniamo altre realtà meno belle che hanno avuto uno sviluppo turistico, ci rendiamo conto che siamo mille anni luce indietro. Siamo per la maggior parte civili, abbiamo bisogno di cose civili. Apprezziamo tutti gli aiuti che ci possono venire e ci sentiamo vicini agli altri comitati perché sappiamo cosa significa fare continuamente informazione e vigilanza, cosa che riescono a fare in modo prezioso solo i comitati.

--- Salvatore De Rosa – ATTAC Taranto

Possiamo chiedere che valga il diritto di gestire il nostro futuro, il diritto alla salute, all’informazione. Si può chiedere un referendum che permetta ai cittadini di esprimersi. E’ chiaro che non chiediamo che le basi non vengano fatte da noi per farle da un’altra parte.

--- Rosario Sciortino - Slai Cobas e Comitato di Sigonella

La Sicilia è conosciuta come la portaerei del Mediterraneo, da dove sono partiti attacchi aerei per tutte le ultime guerre.

Vi è un investimento per incentivare il soggiorno dei militari, si descrive la base in continuo aggiornamento, in un paese caldo, dove si possono fare i bagni dalla primavera all’autunno; la base avrebbe con una ulteriore funzione strategica sui messaggi militari.

La posizione geostrategica ci porta ad un elevato numero di insediamenti militari. Non abbiamo approfondito uno studio, oltre a quello sul censimento degli insediamenti, sull’impatto sull’economia e sullo sviluppo, cosa che occorrerebbe fare. Si nota però che anche nel nostro caso i militari cercano di racchiudere la loro vita e le loro attività all’interno delle loro basi, senza una ricaduta sulle attività produttive. Si nota anche un forte fenomeno migratorio, che evidentemente non ci sarebbe se fosse vero il binomio base-sviluppo.

Noi non abbiamo grandi studi sulla presenza delle basi, la mafia sa fare i suoi affari anche senza grandi studi, gli americani invece fanno molti studi.

Alla militarizzazione ci si abitua, ma quando si va via per un po’ e poi si torna, ci si stupisce della presenza di tanti muri e di tante zone militari vietate. La tendenza a militarizzare il territorio si nota anche in occasione di iniziative che portano a blindare parti delle città come zone rosse, con la presenza di mezzi di difesa pesanti

Da una relazione per installare un grande poligono: 23.000 ettari di terreno, diceva la relazione, poco antropizzato, con scarse attività umane, arretratezza economica, scarsa possibilità di protesta. In realtà con le mobilitazioni della gente si è riusciti ad evitare il megapoligono. In altri casi nonostante le mobilitazioni non si è riusciti a spuntare il risultato, come a Comiso, dove una parte del movimento è anche stato ‘addormentato’ da settori istituzionali che facevano presagire felici ricadute.

--- Ernesto Palatrasio – Slai Cobas Taranto

Avevamo ipotizzato una concomitanza tra manifestazione nazionale e convegno, che sarebbe stato riempito dai manifestanti. Non è stato possibile per una concomitanza di tante altre mobilitazioni. E’ impensabile però che una battaglia su una base, ad esempio quella di Aviano, possa essere vinta solo con la popolazione di quella città, occorre lavorare di concerto in una battaglia di tutte le realtà coinvolte nazionali e internazionali.

Il convegno ha il compito di mettere a fuoco tutti gli aspetti del processo di militarizzazione. Occorre poi una forte mobilitazione contro la base militare, anche se partiti e istituzioni sono strettamente legati alla Marina.

Noi abbiamo cercato di mettere insieme le forze che, per radicalità di idee e convinzioni, facessero parte del Comitato. Pensiamo che altre realtà non se ne aggregheranno, a meno di cambiamenti da parte loro.

Non si può combattere le basi con le parole, ma con le azioni, anche Gandhi faceva azioni. Abbiamo cercato di ritardare le partenze con i nostri corpi, ci siamo misurati con le denunce e le cariche. Così abbiamo mantenuto alta la bandiera della pace, così come Marescotti che ha scovato le carte del Pentagono. Dobbiamo poi agganciarci con le masse, fare azioni che mettano all’attenzione di tutti il problema.

Dobbiamo spiegare che la Marina foraggia i poteri forti e i mezzi di informazione, la Marina è il potere occulto.

--- Salvatore Fanuri – Comunisti italiani di Manduria (Taranto)


A 19 anni, nel ’65, mi arruolai in Marina, perché non c’era occupazione. Nel 1981 il movimento antinucleare vinse a Manduria, ma la zona è rimasta povera. Dovevamo cambiare il movimento del ‘no’ in un movimento ‘per’.

Quando ho fatto volantinaggio contro la guerra e le armi davanti alle scuole superiori ho dovuto constatare la distanza tra la politica e i giovani. Bisogna costruire il più ampio consenso della gente, coinvolgendo lo schieramento dei partiti contro la guerra. Bisogna fare un comitato che non si batta solo per il ‘no’, ma anche per nuove forme di sviluppo. Sui temi dello sviluppo bisogna coinvolgere la popolazione; bisogna informare le scuole sui contenuti di questo convegno.

--- Giuseppe Esposito - Comitato Napoli contro la guerra

Lo spostamento di flotte sembra un gioco di scacchi: da Gaeta a Taranto? Da Londra a Napoli?

I centri di questa presenza militare: Capodichino, Bagnoli, Giuliano (vicino Licola) e Castellammare. Non abbiamo informazioni precise, come sempre. C’è un radar che forse fa parte di Echelon. Alcuni segnali li cogliamo da chi ha lavorato in imprese che hanno fatto scavi. Facciamo ipotesi, da informazioni su espropriazione e altro, di spostamenti di comandi. Abbiamo fenomeni strani. Bagnoli, sede Nato, inaugurata in ottobre 2004, centro di addestramento per le truppe in Irak.Il comitato di quartiere ha fatto una buona manifestazione, ma dobbiamo superare il limite della frammentazione. Capodichino non sa cosa fa Bagnoli e viceversa.

Dobbiamo inoltre evitare di parlare solo degli statunitensi e anche di Nato e di Europa. Nella Costituzione europea, l’Europa promuove i suoi interessi, rende operative forze anche fuori da essa. Con questo l’Europa cerca di colmare un divario, anche di investimenti, che la separa dagli USA. Gli USA spendono 390 miliardi di dollari, l’Europa molto meno.

Purtroppo i partiti istituzionali sono coinvolti. Ad esempio, abbiamo un piano di formazione, nella regione Campania, con varie specializzazioni, tra cui quelle su operazioni di peacekeeping (oltre che di veline).

Occorre magari fare azioni di piccoli gruppi, per tenere alta l’attenzione, ma occorre soprattutto un coordinamento delle realtà che lottano, porteremo l’istanza di una manifestazione nazionale a Taranto.

--- Salvatore Stasi – Confederazione Cobas (Taranto)

Il Comitato può essere uno strumento concreto nelle mani della gente. La propaganda nei luoghi di lavoro, nei quartieri non è stata diffusa, e dobbiamo rimediare, anche se non è facile, visto che non ci sono risvolti massmediatici.

Un amico mio coetaneo ha prefigurato che fra 30 anni Taranto sarà completamente militarizzata, con una popolazione anziana e, aggiungo io, con una diffusione capillare della malavita. Sono sempre stati forti i legami tra i poteri forti, la massoneria (Taranto è la città delle 12 logge segrete) e la Marina. Ci dobbiamo prefigurare un giro di interessi enormi, un giro di vite sul controllo sociale e sulla repressione del dissenso. Non è casuale l’assenza dei pezzi forti del Centrosinistra. Si prefigura la presentazione di Ostillio da parte del Centrosinistra alle prossime elezioni, un rappresentante politico funzionale ai poteri forti della Marina.

Se la guerra diventa l’elemento unico delle forme della politica, schiaccia ogni forma di dissenso; non ti puoi opporre alle politiche del G8, se no ti carico, ti arresto, ti torturo, come è accaduto a Genova, a Bolzaneto.

Durante il periodo di Cito tra le poche voci di dissenso c’era il centro sociale, che ha lavorato sul territorio nonostante le minacce. Alla manifestazione contro Cito non c’erano CGIL, CISL, UIL, ma i lavoratori desiderosi di difendere la democrazia c’erano.

Dobbiamo mobilitarci per la manifestazione del 27 di Cosenza, perché è una battaglia per difendere il diritto al dissenso di tutti. Il governo di Berlusconi ci ha chiesto un risarcimento per danno all’immagine di 10 milioni di euro, quando a Genova ci sono stati un morto, feriti, arrestati, torturati.

Lavoriamo per mettere in cantiere una manifestazione nazionale, nel giro dei prossimi mesi. Creiamo una rete dei comitati delle varie zone a presenza militare.

Se loro sono 8, noi siamo 6 miliardi.

--- Enzo Diano - Comitato contro la guerra di Ravenna (Bisignano)

Vengo da una regione ‘rossa’ con una Enichem che ha deciso di vendere: a Nassirya ci sono situazioni più vantaggiose. Ogni anno a Ravenna c’è un incontro di grossi produttori di petrolio per decidere strategie e affari.

Il nesso tra politiche governative e politiche internazionali si nutre della guerra . Questo convegno può dare un contributo alla mobilitazione contro la guerra. Sono stati utili i contributi dei relatori per darci informazioni, in un settore dove è difficile averne.

Nella nostra Regione abbiamo notevoli servitù militari. C’è Poggio Renatico (centro operativo aereo), Parma, S. Damiano a Piacenza, da dove sono partiti i Tornado nella prima guerra del golfo, Rimini, oggetto di molte interrogazioni parlamentari, Cervia.

Si parla di un sito di stoccaggio di scorie nucleari militari, di un deposito di munizioni con componente nucleare. L’inquinamento prodotto è notevole, anche di tipo acustico: le scuole vicino alle basi lamentano il passaggio di aerei a bassa quota, con rumori assordanti. La risposta alle nostre istanze è repressiva, con la reclusione fino a 5 anni per chi diffonde notizie militari.

Da questo convegno deve partire un percorso di coinvolgimento delle popolazioni, per avere non solo i pezzi del movimento contro la guerra.

--- Andrea Catone - Movimento contro la guerra nei Balcani – Mostza Beograd

Ci sembra importante questo convegno che sottolinea nuovamente il problema delle basi militari, al centro di una politica di controllo delle zone del ‘Sud Est’ europeo. La Yugoslavia è stata il centro di uno scontro di due imperialismi, quello statunitense e quello europeo, con contraddizioni interne, ma che hanno agito sfruttando contraddizioni interne, per avere uno smembramento della Yugoslavia. La cosiddetta guerra umanitaria, con l’uso di bombe a frammentazione e di proiettili all’uranio impoverito, la distruzione sistematica delle infrastrutture, gli obiettivi colpiti nelle città.

Il Kossovo è diventato un altro stato, con finanziamenti dall’estero, le pulizie etniche sono state fatte poi a danno delle minoranze e della popolazione ‘non UCK’.

Gli argomenti relativi ai rischi nucleari servono per coinvolgere la popolazione, ma non dobbiamo perdere di vista la funzionalità della base di Taranto ad un gioco di interessi imperialisti.

Dobbiamo denunciare che la Nato è uno strumento di alleanza aggressiva, non si é indebolita negli anni ’90, e diventata più forte in funzione di aggressione militare.

--- Francesco Carri, pastore Valdese di Taranto

Si lamentava stamane l’assenza della Chiesa. In realtà avevo annunciato già da tempo il nostro intervento come Chiesa Valdese al convegno.

Sta venendo fuori una tendenza al conflitto tra religioni che si appoggia su una cultura guerrafondaia. Invece dobbiamo andare in controtendenza, leggendo attentamente la Bibbia, con la linea della smilitarizzazione. Parlando di due grosse potenze, Isaia dice che l’Assiria sarà dov’è l’Egitto e viceversa; in altre parole, Isaia dice che ci sarà, laddove si vuole fomentare uno scontro di civiltà, uno scambio di culture che porterà ad un arricchimento reciproco. Dobbiamo scardinare il concetto di cattolicesimo universale che vuole dominare su tutto e tutti, e che rischia di fomentare gli scontri di religioni e di civiltà.

--- Red Blok

Ci siamo mossi nelle scuole in questi giorni per propagandare il convegno. Riteniamo importante mobilitarci contro la guerra imperialista di Bush, appoggiato dal governo Berlusconi, una guerra che uccide civili, tortura le persone. Che fine ha fatto il movimento per la pace? Zapatero ha ritirato le truppe dall’Irak. Rovesciando l’imperialismo riusciremo a sconfiggere la logica della guerra. La repressione nelle scuole è altissima, si minacciano gli studenti di sospensione per aver partecipato alla manifestazione contro la riforma Moratti. Noi dobbiamo unirci per sconfiggere tutto questo.

--- Conclusioni

- Creare una rete tra le realtà operanti in zone con basi e insediamenti militari, con possibilità di scambio di informazioni ed esperienze e di coordinamento di mobilitazioni.

- Lanciare una vertenza nazionale Taranto sulla questione della terza base navale.

- Costruire una manifestazione nazionale a Taranto in primavera.

- Diffondere gli atti del convegno.

- Realizzare iniziative simboliche di piccoli gruppi che servano a tenere alta l’attenzione (anche il presidio del 25 giugno, sia pure operato da piccoli gruppi, ha dato a molti lavoratori e cittadini la possibilità di conoscere voci fuori dal coro delle celebrazioni).

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