2.1 Condizioni ambientali nei Balcani prima dei bombardamenti Nato.
Prima di indagare sulle conseguenze ambientali della guerra (nel 1999) e' opportuno avere un sintetico quadro della situazione ante-guerra. [102]
L'inizio del vero e proprio sviluppo industriale yugoslavo e' databile 1950-1970, arco temporale in cui i tassi di industrializzazione ed urbanizzazione sono saliti a tal punto da essere fra i piu' alti del mondo. L' altro lato della medaglia mostra pero' come il boom economico abbia tratto la sua linfa vitale principalmente dall'uso di energia e materie prime, quindi dallo sfruttamento sfrenato di risorse naturali, a danno dell'ambiente stesso. Tale trend non ha tardato a manifestare le tanto ovvie, quanto negative, conseguenze ecologiche ad esso connesse:
- diminuzione delle aree forestali;
- deterioramento della qualita' dell'acqua di fiumi e laghi;
- crescita dei tassi di inquinamento dell'aria in citta' e nelle aree industriali.
Bisogna ricordare che durante gli anni ottanta la Yugoslavia ha affrontato una grave stagnazione economica, in seguito alla quale e' stata varata una radicale riforma istituzionale nel 1989 che ha portato all'indipendenza di diverse Repubbliche Yugoslave, tra il 1991 ed il 1992. La disintegrazione del mercato comune della RFY, sommata alle sanzioni economiche imposte dalle Nazioni Unite negli anni novanta, ha quindi causato una drammatica decrescita delle attivita' economiche, [103] che a livello ambientale ha significato una lieve riduzione dell'inquinamento di aria ed acqua. Tuttavia, in seguito alla crisi economica, gli effetti ecologici negativi sono nuovamente stati superiori a quelli positivi, basta osservare il crescente uso di carburanti di bassa qualita' e la parallela diminuzione degli investimenti industriali sul versante della protezione ambientale.
Concludendo, i problemi ambientali della FRY riguardano diversi aspetti: [104]
aria
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L'inquinamento dell'aria in FRY raggiunge tassi considerevoli ed e' maggiormente concentrato nelle aree urbane ed industriali. Inefficiente utilizzazione dell'energia, sistemi di gestione non qualificati e bassa efficienza tecnica delle tecnologie peggiorano la situazione.
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acqua
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Le principali fonti di inquinamento dell'acqua sono gli insediamenti umani, le industrie e l'agricoltura. Un grado significativo di inquinamento entra in FRY attraverso i fiumi.
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rifiuti (scarti)
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In FRY le industrie chimiche producono il 37.6 % di rifiuti e quelle metallurgiche il 29.1 %. Si stima una produzione annuale di rifiuti pari a 225 mila tonnellate. In aggiunta agli scarti industriali, ogni persona produce da 0.4 a 1.5 Kg di rifiuti al giorno. In tutto il territorio mancano strutture per un trattamento adeguato dei rifiuti tossici.
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suolo, foreste, agricoltura
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La maggior parte del degrado territoriale in FRY e' causato dalle attivita' agricole e minerarie (la pressione sul territorio e' scesa nel 1990, grazie ad una diminuzione dell'uso di fertilizzanti).
Per quanto concerne le foreste esse coprono il 28 % del territorio nazionale, percentuale pari alla media europea.
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biodiversita'
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La FRY e' una delle piu' importanti aree geografiche europee per quanto riguarda la biodiversita'. 400.000 ettari di territorio sono protetti come aree naturali ed esistono nove parchi nazionali, [105] distribuiti in tutte le tre macroregioni: Pannonia, area montana e costiera.
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2.2 "Hot Spots" e quali-quantita' dei danni ambientali subiti durante il conflitto.
La dicitura "hot spots" nasce con il Rapporto della Balkan Task Force (1999), secondo cui sono individuabili almeno quattro aree in cui l'intervento ambientale puo' definirsi assolutamente necessario ed urgente:
- Pancevo;
- Kragujevac;
- Novi Sad;
- Bor.
La relazione sopracitata sottolinea l'importanza di un intervento repentino nei siti menzionati allo scopo di ridurre ed isolare sia rischi per la salute umana che danni ambientali a lungo termine.
Pancevo
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La citta' possiede un polo industriale distribuito in un area di circa 8 km. Esso comprende (eva) un'industria di fertilizzanti, un petrolchimico ed una raffineria. Prima della guerra era uno dei maggiori complessi industriali della FRY ed impiegava fino a 8000 persone. Durante il conflitto quest'area e' stata bombardata parecchie volte e cio' ha provocato, oltre diversi danni fisici alle industrie, il rilascio di alcune sostanze particolarmente pericolose per l'ambiente. Si stima che 2100 tonnellate di EDC [106] si siano sparse sia nel suolo che nei canali di scolo [107] e che 460 tonnellate di vinil cloruro monomero (VCM) siano bruciate nell'aria. [108]
Nella fattispecie di Pancevo si potrebbe parlare senza dubbio di vera catastrofe ambientale , dal momento che i gravi danni ecologici causati dai bombardamenti si sono andati a sommare alla gia' problematica situazione ambientale, [109] vittima delle innumerevoli emissioni di fabbriche altamente inquinanti ed assolutamente non attrezzate per la riduzione del danno ambientale.
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Kragujevac
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La risorsa principale della citta', prima della guerra, era certamente l'industria automobilistica Zastava. Questa e' stata bersagliata due volte durante il conflitto, riportando ingenti danni in diverse parti del complesso. Le aggressioni aeree hanno causato la dispersione di diverse tonnellate di PCB [110] (contenuto nei trasformatori di olio) nel fiume Morava, nonche' la contaminazione del suo letto con metalli pesanti. L'olio fuoriuscito dai trasformatori , durante gli attacchi NATO e' poi evaporato o bruciato ed e' stato assorbito dal suolo circostante, inquinandolo.
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Novi Sad
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La citta' e' stata duramente bombardata, infatti sono stati distrutti tratti di ferrovia, ponti sul Danubio ed impianti industriali. Il complesso della raffineria e' stato particolarmente bersagliato e conseguentemente si sono verificate perdite di olio sia nel suolo che nei corsi d'acqua circostanti (anche il Danubio e' stato toccato da questo problema). Inoltre, a causa degli incendi divampati in seguito agli attacchi aerei, si e' verificato un notevole inquinamento dell'aria di Novi Sad e delle zone limitrofe. [111]
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Bor
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I danni maggiori subiti dalla citta' di Bor durante i bombardamenti riguardano il deposito d'olio Jugopetrol, la miniera di rame e la fonderia. Colpendo la centrale elettrica della miniera, sono stati distrutti alcuni trasformatori contenenti olio, il quale si e' disperso nell'ambiente. In aggiunta, riducendo il supporto elettrico e' stata ridotta la produzione di acido solforico, con il conseguente rilascio di gas solforo-diossido (normalmente impiegato durante la manifattura dell'acido solforico) nell'aria.
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Se e' vero il principio secondo cui "pollution has no borders", [112] i danni ambientali subiti dai siti di cui sopra aiutano ad allargare eventuali riflessioni riguardo rischi e responsabilita' connessi ai bombardamenti in FRY.
Ed ancora, a fronte delle perdite subite soprattutto dagli "hot spots" in questione, sorge una domanda: non sono stati forse violati, in questa guerra, sia i principi della Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo che quelli dell'Agenda 21?
Princ. 24
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"Lo stato di guerra e' distruttivo nei confronti di uno sviluppo sostenibile. Pertanto gli stati rispettino il diritto internazionale per la protezione dell'ambiente in tempi di conflitti armati e cooperino allo sviluppo."
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Princ. 25
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"Pace, sviluppo e protezione dell'ambiente sono indipendenti ed indivisibili."
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2.2.1 Micro- analisi di una specifica realta' locale: la catastrofe ambientale a Pancevo.
Il comune di Pancevo e' situato a sud della Vojvodina, nell'area in cui si congiungono i fiumi Tamis e Danubio , a circa 20 km da Belgrado. Sul suo territorio vivono quasi 90.000 abitanti e 10.600 rifugiati. [113]
Il suolo di Pancevo ha una composizione di origine sedimentaria i cui i primi quaranta metri sono di materiale sabbioso ed argilloso. A nord- est della citta' e' situato il sistema di accumulo dell'acqua di infiltrazione proveniente dai due fiumi, fonte molto importante di approvvigionamento di acqua potabile per la popolazione locale. Questo sistema e' locato sulla riva del fiume Tamis (controcorrente rispetto al corso dell'acqua) di fronte all'ampio complesso industriale, target dei bombardamenti durante il conflitto del Kosovo.
Tale complesso industriale comprende: [114]
- impianti per la produzione di fertilizzanti, con un output annuo di 1.750.000 ton. di prodotti azotati;
- raffinerie, su una superficie di 132 ha, con una lavorazione annua di 4.800.000 ton. di petrolio ed una potenzialita' di stoccaggio di 700.000 m3
- industrie petrolchimiche sparse su un'area di 158 ha circa.
Esso e' poi collegato al Danubio attraverso due canali, di cui uno e' funzionale allo smaltimento delle acque di scarico dopo la loro purificazione.
I danni causati dai bombardamenti del 1999 hanno fatto si' che Pancevo sia etichettata come "hot spot" ambientale, secondo la definizione Unep. Perche'?
2.2.1.1 Bombe su Pancevo.
Oltre alla discussione degli effetti ambientali veri e propri dei bombardamenti sulla citta' di Pancevo, ritengo utile inquadrare la questione in termini quantitativi e temporali. [115]
24
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Marzo
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1999
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Primo attacco aereo su Pancevo, colpita l'industria di velivoli aerei di Lola Utva. Diversi composti chimici si spargono nel fiume Tamis ( NaOH; H2CrO4; HNo3; HF; et al.)
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25
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Marzo
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1999
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L'industria Lola Utva e' colpita nuovamente da tre missili, le attrezzature in plastica ed il soffitto in plexiglas bruciano per tutto il giorno (una nube nera aleggia sopra la zona).
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27
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Marzo
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1999
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Lola Utva e' ancora bersagliata e stavolta bruciano tutti i prodotti in plastica stoccati.
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4
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Aprile
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1999
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Per la prima volta viene bombardata la Raffineria, muoiono sul colpo due operai, altri due sono gravemente feriti ed uno di loro muore entro pochi giorni. Bruciano nell'aria diversi derivati dell'olio come benzina, diesel, carburante, etc·
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12
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Aprile
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1999
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La Raffineria e' colpita altre due volte.
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13
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Aprile
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1999
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La Raffineria e' colpita per la quarta volta.
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15
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Aprile
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1999
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La Raffineria e' bombardata ancora.
Nello stesso giorno il petrolchimico HIP Petrohemija viene colpito per la prima volta: un missile centra la Divisione del VMC (vinil-cloruro-monomero) e 1.400 ton. di etilene di cloro finiscono nel Danubio.
L'industria di fertilizzanti HIP Azotara e' colpita per due volte nell'arco della stessa giornata, la seconda volta i danni riguardano soprattutto depositi di ammoniaca, trasformatori elettrici, materie grezze, etc.
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16
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Aprile
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1999
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La Raffineria e' colpita per la quinta volta.
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18
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Aprile
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1999
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La Raffineria e' bombardata per la sesta volta e diversi derivati dell'olio grezzo bruciano completamente.
Il complesso petrolchimico HIP Petrohemija e' colpito per la seconda volta, la Divisione VCM e' bersagliata nuovamente, con il conseguente spargimento di sostanze cancerogene nell'ambiente.
L'industria di fertilizzanti HIP Azotara e' colpita per la seconda volta. La Divisione fertilizzanti NPK (sodio, fosforo, potassio) e la Divisione III Ammoniaca sono danneggiate. Vengono rilasciate nel terreno sostanze come ammoniaca, acido nitrico, olio e derivati, materiali grezzi e prodotti finiti.
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8
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Giugno
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1999
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La Raffineria viene bombardata per l'ennesima volta, da qui si sprigiona la nuvola nera aleggiante per la citta' nei giorni seguenti.
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Due ulteriori specifiche di tipo tecnico:
- dopo i bombardamenti subiti, l'Istituto Sanitario di Pancevo ha effettuato dei test sulla qualita' dell'aria, i cui risultati hanno mostrato
- concentrazioni di VCM di 0.36 mg/m3 (ossia 360.000 nanogrammi /m3) all'interno della citta', mentre gli standard parlano di 50.0 nanogrammi/m3 nelle zone lavorative;
- in un periodo successivo la concentrazione e' stata stimata addirittura di 0.53 mg/m3 (530.000 nanogrammi/m3) e poi di 450.000 ng/m3.
- in seguito all'attacco al complesso HIP Petrohemjia
- circa 40.000 cittadini hanno lasciato le loro abitazioni, temporaneamente, aspettando la fine dei bombardamenti sul complesso chimico;
- e' entrato in vigore il divieto di pesca nel Danubio, vista la grande quantita' di materiale tossico e cancerogeno scaricata nel fiume;
- e' stato raccomandato di non utilizzare verdura di stagione (aglio, cipolla, spinaci, insalata·) a causa dell'olio depositato sulle piante - e non removibile da esse semplicemente con acqua - risultante dalla nuvola nera aleggiante sui villaggi limitrofi a Pancevo, per una settimana ancora dopo i bombardamenti sulla Raffineria.
Essendo le industrie collocate su un terreno sabbioso, le sostanze tossiche fuoriuscite a causa dei bombardamenti si sono diffuse nel sottosuolo fino a raggiungere la acque sotterranee utilizzate per l'approvvigionamento idrico. In particolare sono stati emessi nell'ambiente i seguenti composti chimici: [116]
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300
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Ton.
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250
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Ton.
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300
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Ton.
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- Metalli per catalisi di processo
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Non quantific.
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- Derivati del petrolio
- (benzine, carburanti, ecc·)
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80.000
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Ton.
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- VCM (cloruro di vinile monomero)
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460
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Ton.
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1.900
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Ton.
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2.100
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Ton.
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130
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Ton.
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>>
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100
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Ton.
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>>
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8
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Ton.
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Durante gli attacchi aerei sono poi state emesse quantita' non precisate di:
- PCB provenienti dai trasformatori elettrici degli impianti industriali;
- diossine, come prodotti di combustione dei PCB;
- fosgene, come prodotto di combustione del VCM.
A fronte di una tale situazione ecologico - sanitaria resta pero' il problema delle risorse per implementare costosi programmi di monitoraggio e salvaguardia ambientale.
2.2.1.2 Progetto dei cooperazione decentralizzata "City to City" Ravenna - Pancevo.
Tra la Provincia di Ravenna, la Municipalita' di Pancevo ed Unops (United Nations Office for Project Services) esiste un Accordo per la programmazione e lo svolgimento di attivita' di cooperazione orientate allo sviluppo umano, alla valorizzazione delle risorse locali ed alla salvaguardia dell'ambiente nell'ambito del Programma City to City.
La scelta della cooperazione decentrata non e' stata casuale, se ne e' anzi apprezzata la potenzialita' di creazione di processi di sviluppo locale, grazie alla mobilitazione di risorse tecniche, professionali ed umane, provenienti dalle istituzioni e dalla societa' civile.
Le finalita' del Programma sono quindi principalmente
- il sostegno ai gruppi vulnerabili della popolazione di Pancevo;
- il rafforzamento delle capacita' d'azione delle strutture locali;
- la salvaguardia dell'ambiente e della salute pubblica.
La metodologia del Programma e' poi basata sull'attivo coinvolgimento dei cittadini nelle azioni del Programma stesso.
Perche' e' stata "scelta" proprio la citta' di Ravenna?
Fondamentalmente per due ragioni:
- perche' Ravenna ha acquisito nel tempo elevate conoscenze e tecnologie avanzate da utilizzare nella quotidiana convivenza con un polo industriale di notevole importanza e molto presente sul territorio;
- grazie al trait d'union fra la citta' serba e le istituzioni locali costituito dalla Caritas, che dal 1994 intrattiene rapporti con la citta' di Pancevo anche attraverso la collaborazione con l'associazione "Il villaggio globale".
L'idea del Progetto e' partita dall'Assessorato all' Ambiente della Provincia (Ass. A. Mengozzi) che coinvolgendo l'Arpa Emilia - Romagna ha stanziato una cifra di 50 milioni per la sua realizzazione insieme ai 60 mil. offerti a livello ragionale ed ai 20 mil. a livello comunale. Il ruolo di UNOPS e' poi basilare, considerando la proposta di raddoppiare i contributi offerti dagli enti locali coinvolti.
Il Progetto si articola essenzialmente in due fasi: [117]
- installazione di una rete locale di monitoraggio dell'aria da parte dei tecnici Arpa;
- assistenza tecnica per due anni ed addestramento ad opera dei tecnici italiani, per rendere gli operatori locali autonomi nella gestione della rete di rilevamento e monitoraggio.
Grazie al posizionamento di un monitor esterno per il "rimbalzo dati" il progetto prevede di rendere costante e dettagliata l'informazione pubblica sulle condizioni ambientali locali, cosi' da contribuire alla formazione di un'educazione ambientale che coinvolga tutti.
2.2.2 Condizioni del fiume Danubio e stato della biodiversita', dopo i bombardamenti.
Il Bacino [118] del fiume Danubio copre 817.000 km2 di territorio appartenente a 17 paesi dell'Europa Centrale, [119] percio' riceve sostanze sia nutrienti che inquinanti da un enorme numero di fonti (agricole, industriali, etc..) ed a sua volta fornisce acqua per usi potabili, agricoli, industriali, energetici, ittici, ricreativi e turistici a milioni di persone.
L'uso intensivo della risorsa Danubio, sommato ad eventi eccezionali (tipici di contesti bellici), ha provocato diversi problemi quali-quantitativi e minacce reali per la biodiversita'.
I versanti problematici su cui si puo' ragionare sono principalmente:
- matrice industriale dell'inquinamento fluviale;
- conseguenze dei bombardamenti sulle condizioni delle acque;
- miniere rumene.
I principali affluenti del Danubio presentano gravi forme di inquinamento legate a scarichi di natura non organica, non depurati e con situazioni di anossia. Chiaramente, avendo il corso principale del fiume una grande portata gode anche di una maggiore diluizione, ciononostante la sua capacita' autodepurativa e' tale da far addirittura scattare - in certe zone ed in dati periodi dell'anno - allarmi d'emergenza. Il crescente rilascio di nutrienti (azoto e fosforo) nell'ambiente, dovuto in gran misura alle attivita' agricole ed industriali, provoca l'aumento dei livelli di nitrati nelle acque sotterranee e causa quindi indirettamente l'eutrofizzazione delle acque di superficie (incluse quelle del Mar Nero). I nitrati [120] sopracitati costituiscono un problema anche per l'acqua potabile, in quanto una volta entrati - attraverso essa - nel sangue possono influire negativamente sulla sua capacita' di trasportare ossigeno, soprattutto nei bambini.
Altri fattori di inquinamento e loro ragioni:
- modelli di produzione energetica, talvolta ancora obsoleti e quasi privi di standard - anche minimi - sulle emissioni;
- espansione di sistemi di trasporto e di vie di comunicazione, previsti da vari piani di sviluppo, coinvolgenti il Danubio;
- espansione del turismo;
- assenza di adeguate strategie di pianificazione e gestione del territorio, sul medio e lungo periodo;
- inadeguatezza della legislazione ambientale.
Nonostante il fatto che l'Unep (Rapporto 1999) ritenga piu' opportuno parlare di ingenti danni piuttosto che di catastrofe ecologica per il Danubio, come conseguenza degli attacchi subiti durante il conflitto del Kosovo, restano non pochi dubbi sui danni - forse irreparabili - subiti dal fiume e dalle acque in generale. Quando il petrolchimico di Pancevo e' stato bombardato, piu' di 1.000 tonnellate di etilene-dicloro sono finite nel Danubio, [121] oltre alle 50 tonnellate di olio giunte nell'acqua attraverso gli impianti di trattamento delle acque di scarico che al momento non erano in funzione. Allo stesso modo, in seguito all'impatto di alcune bombe sulla raffineria di Novi Sad centinaia di tonnellate di olio grezzo, petrolio e derivati sono finiti nel Danubio.
La bio-accumulazione di sostanze tossiche e cancerogene nei corsi d'acqua e nei bacini [122] e' un rischio ambientale da non sottovalutare, anche perche' le fonti di contaminazione possono comprendere sia il suolo che i sedimenti [123] dei fiumi inquinati.
Sono poi quantomeno inquietanti le morie di pesci [124] e la sparizione di alcuni tipi di alghe, in seguito alle macchie di petrolio [125] (ed altro) segnalate sul Danubio dopo i bombardamenti Nato, anche se scorrendo il Rapporto Unep, in proposito, si legge soltanto:
- " · Non c'e' evidenza di catastrofe ecologica per il Danubio, come risultato degli attacchi aerei durante il conflitto in Kosovo ..."
- " ·Tuttavia alcuni hot spots hanno subito serie contaminazioni di sostanze pericolose, rilasciate durante gli attacchi aerei, e dannose per la salute umana e per l'ambiente acquatico ·" [126]
Lo stesso Rapporto del BTF (Balkan Task Force) rileva la presenza di alcuni danni - direct effects and indirect effects [127] - soprattutto a livello di flora e fauna, subiti dai parchi naturali di Fruska Gora (Serbia, Parco Nazionale), Kapaonik (Serbia, Parco Nazionale), Zlatibor (Serbia) e Lago Skadar (Montenegro).
Per quanto concerne gli effetti degli attacchi aerei sulla biodiversita', l'Unep ne ha distinti fondamentalmente quattro tipi:
Effetti genetici
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La missione BTF non ha riscontrato affezioni genetiche significative in tali aree protette, tuttavia riconosce di non avere svolto indagini particolarmente approfondite a questo proposito.
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Effetti sulle specie
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Non e' stata trovata alcuna evidenza di queste affezioni nelle aree in questione. Lo stato di diverse specie di piante, radicate in montagna e colpite dagli attacchi aerei, e' stato valutato in condizioni tali da necessitare un assestamento di qualche stagione per tornare ad una "quasi normalita'".
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Effetti sugli ecosistemi
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Gli effetti a livello di ecosistema sono assimilabili a quelli subiti dal fiume Danubio ed una missione specifica li ha studiati.
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Effetti istituzionali
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La conclusione generale del team di studio riguarda il fatto che la FRY ha molto sofferto le conseguenze del conflitto e dell'embargo economico. Si e' riscontrato che il framework istituzionale e' debole e quasi senza risorse, pertanto isolato dai programmi internazionali e molto limitato nelle cooperazioni oltreconfine.
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2.2.3 Lettura socio-economica del dissesto ambientale.
Nell'analizzare le varie sfaccettature del dissesto ambientale occorso nei Balcani in seguito al conflitto in Kosovo, non va tralasciata la dimensione socio-economica della riflessione. I bombardamenti operati su molteplici sistemi industriali della ex Yugoslavia hanno infatti provocato danni importanti (se non la totale distruzione, in certi casi) di 78 complessi industriali, 43 installazioni energetiche - fra cui raffinerie, depositi di carburante e complessi chimici - , 19 mezzi di produzione agricola, 9 sistemi di distribuzione idrica, 17 edifici turistici (alberghi, campeggi, agenzie viaggi·), 18 fra parchi nazionali, aree protette e riserve naturali. [128]
Bisogna inoltre menzionare tutta una categoria di "speciali" perdite economiche, tra cui:
- costi dovuti alla demolizione di siti ed edifici danneggiati;
- costi di raccolta e pulizia dei materiali di scarto fuoriusciti di complessi industriali durante i bombardamenti (soprattutto scarti nucleari);
- spese per affrontare e curare malattie - in aumento dopo la guerra - come leucemia, cancro e disturbi respiratori vari;
- perdite dovute ai danni all'agricoltura in termini di esportazione (dubbi sulla contaminazione dei prodotti della terra --> decrescita degli investimenti agricoli);
- diminuzione del potenziale di sviluppo in molte branche dell'economia, dalla pesca al turismo, allo sport ed altre attivita' ricreative;
- costi in termini economici di disoccupazione di lavoratori le cui industrie hanno subito danni o sono state distrutte durante la guerra.
Tali danni sopra elencati sono definiti socio-economici perche' non hanno soltanto danneggiato la struttura economica delle zone maggiormente colpite, bensi' hanno avuto una notevole eco anche a livello sociale: il riferimento va primariamente alla disoccupazione (sia nel settore industriale che agricolo), al rischio sanitario (vedi questione uranio impoverito) ed alle condizioni psicologiche di incertezza e paura rispetto ad una possibile quanto temibile contaminazione ambientale.
2.3 Uranio impoverito: il metallo del disonore. [129]
" · Se l'uranio impoverito penetra all'interno dell'organismo, puo' generare conseguenze cliniche degne di nota. I rischi associati alla presenza di uranio impoverito nel corpo umano sono di natura sia chimica che radiologica." [130]
" · Gli organi del personale che si trovi all'interno o in prossimita' di veicoli colpiti da proiettili perforanti all'UI possono subire esposizioni significative" [131]
" · Gli effetti a breve termine di dosi elevate possono dar luogo a decesso, mentre si sospetta che dosi limitate del metallo possano, a lungo termine, provocare il cancro." [132]
" · L'esposizione ad aerosol di UI dei soldati che si trovano sul campo di battaglia potrebbe produrre considerevoli effetti di natura radiologica e tossicologica." [133]
" · Gli ossidi insolubili inalati permangono a lungo nei polmoni rappresentando un potenziale rischio di cancro da radiazioni. L'ingestione di polvere di uranio impoverito puo' anche rappresentare un rischio radioattivo e tossicologico." [134]
" ·Il Comitato conclude che e' improbabile che gli effetti clinici riferiti dai veterani della guerra del Golfo siano il risultato dell'esposizione ad uranio impoverito durante la guerra del Golfo." [135]
Questa serie di citazioni e' ripresa dalla parte antecedente la Prefazione del libro "Il metallo del disonore. Che cos'e' l'uranio impoverito", scritto dai membri del Depleted Uranium Education Project dell'International Action Center. In tale brevissima sezione pre-introduttiva gli autori hanno deciso di distinguere alcune delle ammissioni del governo statunitense (corrispondenti alle prime cinque citazioni) differenziandole da tali altre affermazioni del medesimo, estrapolandole - e non semplicemente deducendole - da relazioni e rapporti di vario tipo, stilati dagli organi competenti, in diverse occasioni.
Basti cio' a dare una vaga idea della complessita' dell'accingersi ad una, seppur breve e sintetica, trattazione del problema Uranio impoverito.
2.3.1 Che cos'e'? Caratteristiche fisiche, chimiche e radiologiche.
Scheda tecnica
L'uranio naturale e' un metallo duttile e malleabile, con una delle densita' piu' alte fra gli elementi conosciuti (19.04 g/cm3). [136] Il suo punto di fusione e' di 1.132 ¡C, la temperatura di ebollizione di 3.818 ¡C e peso specifico pari a 18.7.
La polvere di uranio e' piroforica, ossia reagendo con aria e/o vapor d'acqua prende fuoco molto facilmente. Esso si scioglie bene in acido cloridrico e nitrico ed e' inattaccabile dagli alcali; [137] inoltre l'uranio metallico reagisce violentemente con cloro, fluoro, acido nitrico, selenio, zolfo , ammoniaca, tricloroetilene ed altri composti.
L'uranio naturale e' una miscela di tre isotopi: 238 U (99.275%), 235 U (0.720%), 234 U (0.005%). Tale mix si spiega con il fatto che, data la sua lunga vita media (4.468 . 109 anni), il 238 U ha una attivita' molto bassa e per utilizzarlo come combustibile nei reattori o nelle armi nucleari e' percio' necessario arricchirlo con gli isotopi fissili 235 U e 234 U. Il materiale che deriva da tale processo e' noto come uranio arrichito, [138] mentre quello di scarto - o scoria radioattiva, che dir si voglia - come uranio impoverito [139] (cosi' denominato perche' contiene meno dello 0.7% di 235 U).
Il depleted uranium (DU) e' meno radioattivo dell'uranio naturale di circa il 40%, inoltre grazie alla sua attivita' di 14.8 Bq/g e' classificato nella fascia piu' bassa di rischio fra gli isotopi radioattivi. Resta pero' il fatto che sia l'uranio che i suoi composti sono tossici, tanto dal punto di vista chimico quanto da quello radiologico, quando superano concentrazioni di 7.4 kBq/cm3 nell'acqua o 1.11 Bq/cm3 nell'aria.
Essendo poi il DU emettitore di particelle α e β, bisogna sottolineare la gravita' dei danni che esso e' in grado di provocare alla salute, [140] entrando all'interno del corpo umano in forma, ad esempio, di pulviscolo o di schegge.
2.3.2 Utilizzo militare ed inquadramento nel diritto internazionale.
L'uranio impoverito viene principalmente utilizzato in ambito militare in due modi:
- nei proiettili, per potenziarne le capacita' perforanti;
- nelle corazze dei carri armati, [141] per aumentarne la resistenza alla penetrazione da parte di proiettili convenzionali.
Riguardo al primo punto, le conseguenze (molto probabilmente) [142] veicolate dal contatto con il metallo riguardano soprattutto [143] le popolazioni vittime di attacchi con tali armi ed in particolare i bambini delle zone bombardate che possono essere entrati in contatto diretto con il DU raccogliendo magari proiettili inesplosi, per giocarci, o pezzi del metallo per poi rivenderlo, spinti dalla poverta' estrema della loro terra.
Che dire invece dei rischi per i militari operanti all'interno di carri corazzati con DU? In tal caso gli scienziati non sembrano avere opinioni troppo discordi nell'affermare che, se non colpiti da altri proiettili, gli uomini operanti all'interno dei mezzi inquisiti non sarebbero in particolare pericolo di salute. [144]
Da Grozio al Concilio Laterano (1139), dal "Codice Lieber" [145] alla Dichirazione di San Pietroburgo (1868) e passando per le Convenzioni di Ginevra (1925 e 1949) il tentativo comune e' sempre stato quello di cercare di "riconciliare le esigenze di guerra con le leggi dell'umanita'". [146]
A tale scopo le Convenzioni di Ginevra, lo statuto di Norimberga (1945) e lo statuto del Tribunale per i crimini di guerra dell'ex Yugoslavia, hanno sancito l'interdizione di certi atti [147] (secondo le norme del diritto internazionale):
- l'uso di armi o metodi di guerra causanti devastazioni o sofferenze non necessarie o aggravate;
- l'uso di armi o metodi di guerra causanti danni indiscriminati, vale a dire anche ai non combattenti;
- l'uso di armi o metodi di guerra che violino la neutralita' dei paesi non coinvolti;
- l'uso di gas asfissianti, velenosi o di altri generi e di tutte le sostanze analoghe, compresi gli agenti batteriologici;
- l'uso di armi o metodi di guerra causanti danni estesi durevoli e gravi all'ambiente naturale.
Tali principi sono stati accettati dalla maggior parte degli stati: Gran Bretagna, Francia, Russia, etc · compresi gli Stati Uniti, pur essendo i maggiori utilizzatori di DU.
Se da una parte esiste un folto gruppo di paesi (USA inclusive) convinto dell'equazione - sul piano del diritto internazionale - secondo cui "non specificamente proibito = permesso", dall'altra si trova quantomeno "un inghippo giuridico": la clausola Martens. [148] La dirompenza di questa clausola, riconfermata anche dai Protocolli Addizionali della Convenzione di Ginevra (1977), giace nell'estendere la portata delle leggi di guerra anche ad armi e metodi bellici non specificamente menzionati da alcuna convenzione - quindi anche all'uranio impoverito (?) - .
Volendo entrare ulteriormente nel merito della questione uranio impoverito, alla luce di quanto detto fino ad ora, ci si potrebbe porre qualche domanda cruciale: [149]
- l'uso di armi al DU, produce sofferenze aggravate?
- l'uso di armi al DU, causa danni indiscriminati?
- i proiettili al DU, possono essere considerati armi avvelenate?
- l'uso di armi al DU contrasta con il principio di equita' intergenerazionale?
Per quanto riguarda il primo punto il discorso non e' cosi' semplice, prima di tutto perche' gli scienziati non hanno espresso pareri omogenei sugli effetti sanitari dovuti al contatto con uranio impoverito, poi anche perche' ci si viene a scontrare con l'oscuro territorio degli interessi militari. Anche assumendo che l'esposizione interna a questo tipo di arma possa produrre problemi di salute gravi ed a lungo termine, [150] quando interviene il fattore militare, dichiarando che non esiste metallo con tali caratteristiche adatte a conseguire quel tipo di obiettivo, ecco che salta ogni termine della discussione.
Danni indiscriminati: effettivamente il DU contenuto nei proiettili sparati ad altissima velocita' (polverizzandosi) puo' facilmente essere trasportato dal vento a grandi distanze ed andare quindi ad esporre al rischio civili anche lontani dalle zone di combattimento. Fin qui non sembrano esserci possibili dubbi. Il nodo problematico si nasconde dietro l'angolo: quand' e' che un "danno collaterale" (accettato, in qualche misura, da tutti gli stati) diventa danno indiscriminato, sproporzionato rispetto allo scopo militare?
Riguardo al punto c. , anche se ci fosse un'opinione concorde all'interno della comunita' internazionale per cui gli effetti dell'uranio impoverito sulla salute umana possano essere assimilabili a quelli di un veleno, resterebbe il blocco creato dalla Corte Internazionale di Giustizia (secondo cui la norma in questione riguarda):
"·armi il cui effetto primario o esclusivo consiste nell'avvelenamento o nell'asfissia·". [151]
Nonostante la strenua opposizione dei giudici Weeramantry e Koroma perche' "·le radiazioni avvelenano in modo piu' insidioso dei gas velenosi, in quanto fra i loro effetti c'e' anche la trasmissione di patologie genetiche alle generazioni future·", [152] non e' stato possibile - almeno per ora - trovare in questo principio un sostegno per l'interdizione delle armi al DU, poiche' il loro scopo primo non e' l'avvelenamento, bensi' la penetrazione di corazze dure (e difficilmente perforabili altrimenti).
Il principio di equita' intergenerazionale stabilisce che le generazioni a venire non debbano essere minacciate delle pratiche correnti. [153]
La Corte Internazionale di giustizia ha stabilito che la proibizione del danno ambientale vada considerata relativamente alle esigenze militari ed - ancora - ad un principio di proporzionalita'. In base a cio' la stessa Corte si e' dichiarata incapace di una condanna totale delle armi nucleari in genere, ai fini della tutela ambientale.
Puo' forse l'uranio impoverito esulare da tale tipologia di arma, completamente o perlomeno abbastanza da non ritenersi toccato da questi dettami?
Se non altro il diritto ambientale internazionale ha stabilito un principio precauzionale secondo cui ogni volta in cui vi sia ragione di credere che una certa pratica possa produrre danni ambientali in altri stati, la parte responsabile e' tenuta a dimostrare la sicurezza della pratica medesima.
2.4 Attuali crisi ambientali globali e guerra ecologica in FRY: quali possibili connessioni?
Wmo (World Metereological Organization), Unep (United Nation Enviromental Programme), Unfpa (United Nations Population Fund), Fao (Food and Agricolture Organization), Who (World Health Organization) et al. sono concordi nell'identificazione di un certo numero di crisi ambientali globali che caratterizzano la nostra epoca. A grandi linee esse sono:
- crisi climatica;
- crisi energetica;
- deforestazione;
- crisi idrica;
- crisi demografica;
- desertificazione;
- perdita della biodiversita';
- crisi agricola;
- crisi delle riserve ittiche.
Secondo Di Fazio:
"·esse segnano, influenzano ed orientano praticamente ogni conflitto, proiettando nell'immediato futuro una minaccia di instabilita'·". [154]
A livello economico ogni tipo di crisi coinvolge una quota delle risorse del Pianeta:
- quota di energia, sotto forma di combustibili fossili, utilizzabile per unita' di tempo senza impedire la riduzione di emissione di CO2 ed altri gas serra;
- quota di petrolio e gas naturale utilizzabile senza minacciare il fabbisogno vitale di altri paesi/blocchi militari;
- tasso massimo di deforestazione da applicare a scopi agricoli e commerciali senza superare il tasso di ricrescita (e quindi la capacita' di assorbimento di CO2);
- flusso d'acqua necessario alle attivita' industriali metropolitane ed agricole, senza intaccare le quote dei paesi confinanti che condividono gli stessi bacini idrografici;
- tasso di crescita demografica massimo tollerabile, senza aggravare gli altri fattori di crisi.
Le due crisi a cui Di Fazio attribuisce particolare rilevanza sono:
Crisi climatica
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L'uomo ottiene circa il 95% dell'energia ossidando atomi di carbonio, ossia bruciando combustibili fossili come idrocarburi, gas naturale e carbone. [155] Se si pensa che in 140 anni [156] - soprattutto negli ultimi 60 - si sta consumando una quantita' di energia pari a quella prodotta in 200 milioni di anni, si puo' rapidamente giungere alla ovvia conclusione che una velocita' di consumo 3 milioni di volte superiore a quella di produzione naturale non e' certamente sostenibile. A questo punto bisogna poi considerare quali sono gli attori responsabili di questo esubero di emissione di CO2: se da una parte si puo' infatti puntare il dito contro i paesi occidentali piu' industrializzati (in testa gli USA), dall'altra non deve sfuggire l'influenza decisiva di una accelerazione tecnologica di Cina, India ed altri PVS ( Paesi in Via di Sviluppo) sul tempo necessario a raggiungere la saturazione di cui sopra. Quanto meno preoccupante e' il constatare che, a fronte dell'attuale concentrazione di CO2, se anche oggi si spegnessero tutte le fabbriche ed i generatori di energia a combustibili fossili, il ripristino di una condizione ambientale di "salubrita' pre-industriale" impiegherebbe circa 200 anni. Da qui risulta chiaro che le variazioni climatiche che stiamo subendo oggi sono il risultato delle emissioni di ieri (50-80 anni fa) e grazie a questo delay temporale le nostre emissioni andranno a vertere sulla situazione climatica di domani.
A livello di azioni internazionali volte all'arginamento di tale crisi climatica va per primo annoverato il summit di Rio de Janeiro (1992), dove venne firmata la UNFCCC (United Nations for Climate Changements Convention). [157] La Convenzione vanto' un testo molto avanzato, [158] in cui si sottolineava la necessita' di una maggiore responsabilita' - e quindi impegno economico - da parte dei paesi piu' industrializzati per ridurre le emissioni di gas serra (concetto che veniva essenzialmente ribadito a Berlino, 1995, dalla Prima Conferenza delle Parti).
Nel 1997, a Kyoto, dopo lunghi dibattiti, si arrivo' finalmente a varare un Protocollo atto a programmare la prima riduzione di emissioni dei paesi industrializzati, per quote differenziate. [159] Punto caldo emerso dal Trattato resta pero' l'emission trading, [160] ossia il permesso di commercializzare i diritti ad inquinare, consentendo percio' a potenze industriali di grosso calibro di non ridurre le loro emissioni, acquistando diritti ad inquinare da paesi che non hanno la possibilita' di farlo, causa le disastrose condizioni economiche.
A livello di proposte per cercare di arginare ed affievolire la crisi climatica, assume particolare rilevanza la proposta del gruppo di ambientalisti e ricercatori inglesi del Global Common Institute. Il loro progetto si basa essenzialmente sulla coniugazione della riduzione delle emissioni e del principio di equita', consiste insomma nella ricerca di una modalita' di azione tale da migliorare le attuali condizioni ambientali senza pero' bloccare lo sviluppo dei paesi in via di sviluppo. La proposta del Global Common Institute si chiama Contraction and Convergence:
"·essa prevede che, data una certa traiettoria delle emissioni globali totali fissate dall'IPCC, nei primi trent'anni ogni paese abbia una quota di emissioni pro capite variabile nel tempo, a partire da una valore attuale fino a convergere ad un valore uguale per tutti appunto tre anni dopo l'inizio del periodo di convergenza·". [161]
Cosa significa?
Che dopo quel determinato momento tutti i paesi continueranno ad avere lo stesso valore pro capite, riducendo pero' la proprie emissioni nazionali proporzionalmente all'inviluppo totale.
Questo progetto sembra raccogliere giudizi positivi soprattutto dal G77 & China e dall'UE.
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Crisi energetica
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L'energia in combustibili fossili non e' una risorsa naturale come un'altra, essa e':
- e' la precondizione per ottenere tutte le altre risorse ed il petrolio e' la piu' importante fonte di energia che noi usiamo;
- fornisce la potenza per sopportare il carico dell'infrastruttura moderna e renderla piu' produttiva.
Il petrolio e' la risorsa energetica dominante per la rete di trasporti che sorregge l'economia globale, l'industria e l'agricoltura. Nessun 'altra sorgente di energia lo eguaglia nelle sue caratteristiche di estrabilita', trasportabilita', versatilita'.
Considerando che l'attuale societa' di mercato e' basata sulla crescita economica continua non e' difficile capire la sua necessita' di energia sempre crescente.
E quali sono i motivi della attuale crisi energetica?
Fondamentalmente gli stessi di quella climatica, le emissioni infatti aumentano esponenzialmente proprio a causa della crescita continua dell'uso di combustibili fossili utilizzati nel processo di generazione dell'energia. Quella che stiamo vivendo noi adesso non sarebbe una vera crisi da picco di produzione, [162] bensi' un'ondata pre-crisi dovuta al fatto che, avvicinandosi al picco, l'offerta (ossia il tasso di petrolio estratto) non riesce a tenere il ritmo della domanda. A questo punto e' poi importante tenere presente come i fattori che determinano rallentamenti e stop dei pompaggi non siano tanto economici o dovuti all'effettivo esaurimento dei pozzi, ma dipendano in larga parte da motivi fisico-energetici.
I legami fra la crisi energetica, quella climatica ed idrica, senza scordare i problemi di desertificazione ed erosione dei terreni arabili, sono quantitativamente maggiori di quelli che ci si potrebbe immaginare. Ad esempio, parlare di possibili connessioni tra crisi energetica ed agricola non significa riferirsi prettamente alla meccanizzazione agricola oppure all'energia necessaria per l'irrigazione, bensi' allargare lo sguardo anche all'ambito dei fertilizzanti e dei pesticidi - tipici articoli che sono prodotti utilizzando principalmente derivati del petrolio. Detto cio', si puo' forse riuscire ad interpretare con minor difficolta' il pensiero di Bartlett [163] quando afferma che:
"·l'agricoltura moderna e' in pratica l'uso della terra per convertire il petrolio in cibo·".
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Tirando le fila di quanto detto, quando Di Fazio parla di minacce per l'Umanita' (testuale U maiuscola) non intende riferirsi soltanto alle reali e concrete crisi ambientali globali, bensi' ai meccanismi che ad esse intrinsecamente soggiacciono e da esse altrettanto inesorabilmente si attivano. Astenendomi dall'esprimere giudizi di valore in merito, mi limito a registrare quella che si presenta come una preoccupante prospettiva futura, in cui i paesi piu' avanzati e con maggiori tassi di consumo, in vista dell'esaurimento di proprie risorse a cui attingere, iniziano a guardarsi intorno andando via via a pescare in territori ancora fertili, con mezzi piu' o meno leciti.
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