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Rischio Okinawa per la città veneta

Non c'è solo il Dal Molin nei progetti degli americani, che vogliono prendersi ancora più territorio. Previsto anche l'allargamento della Ederle
14 luglio 2007
Andrea Licata
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

L'esame dei documenti ufficiali pubblicati in questi giorni dal sito www.altravicenza.it, come il Command Briefing della Setaf (US Army Southern European Task Force), non lascia spazio a dubbi: quello di Vicenza si prefigura, nelle intenzioni del Pentagono, come un insediamento militare enorme, una grande base d'attacco, un insieme di siti americani collegati che ne farebbero un'area privilegiata e strategica tra le più attive e minacciose d'Europa. Il Pentagono vuole subito acquisire nuove aree in città ma guarda anche rafforzamento militare futuro.
Un'operazione in grande stile e senza precedenti, che forse è stata sottovalutata. Vicenza è già fortemente militarizzata, tanto da apparire quasi circondata. Quello del Dal Molin era l'unico vero grande spazio non ancora occupato da insediamenti militari e dalla zona industriale tutt'attorno alla città. Ce n'è per tutti i gusti: la Caserma Ederle, base di progettazione degli attacchi e di stazionamento delle truppe d'assalto USA, un «villaggio» militare americano, la base militare sotterranea Fontega, la base sotterranea Pluto, i centri logistici di Quartesolo e Pluto, il centro di addestramento COESPU, che è un particolarissimo centro internazionale per le esercitazioni anti sommossa facente capo al G8 e finanziato da Italia e USA (ma i cui costi restano oscuri), la Gendarmeria Europea, ossia polizia militare, che è l'unica sede in Europa.
A queste strutture non andrebbe ad aggiungersi solo il Dal Molin ma altri due villaggi militari a Quinto e Torri di Quartesolo, un ospedale per i reduci dal fronte per un totale complessivo di oltre 3 milioni di metri quadrati stimati, un'area superiore del 30% al centro cittadino. Ci sono poi i lavori di rifacimento della Caserma Ederle mentre da tempo si scava nei siti della provincia. Le esercitazioni di guerra, che attualmente avvengono in Germania, troveranno spazio nella provincia di Vicenza?
Non si è ancora ben capito quante altre migliaia di militari dovranno arrivare. Ma alcune cosa sono chiare: la prima è che si tratta di basi d'attacco, la seconda è che siamo di fronte a un'operazione di progressivo insediamento. Basti pensare che dal 1955 ad oggi la Caserma Ederle ha triplicato la sua presenza.
La politica del sorriso e delle rassicurazioni degli uffici per le pubbliche relazioni del Pentagono tende a ridurre la questione ad un nuovo dormitorio. In realtà, si tratta di aeroporto a due passi dalla città che verrà certamente utilizzato vista le caratteristiche della base e le sue missioni. L'ennesima conferma giunge da fonti americane: i militari vogliono l'aeroporto di Vicenza anche per volare.
Lo ha affermato un esperto statunitense del gruppo American Voices Abroad, a margine di un convegno internazionale sulle basi militari svoltosi a Rostock all'inizio di giugno dal titolo «Esperienze e prospettive di resistenza contro le basi militari», spiegando come la tanto ambita posizione a sud delle Alpi permetta di trasferire rapidamente le truppe in partenza per il fronte evitando comodamente la richiesta di permessi sia alla Svizzera (neutrale) sia all'Austria (che non è nella Nato), prevenendo eventuali dubbi o contrarietà.
Si intravede davvero per Vicenza e dintorni un rischio Okinawa, cioè una militarizzazione pesantissima. A Okinawa, dove i velivoli militari cascano in mezzo al centro abitato i problemi sono enormi e le proteste popolari molto forti. In Giappone il movimento dei contrari sta bloccando da anni la costruzione di una nuova base militare Usa nella città di Nago. Siamo nella fase delle concentrazioni militari ai fini di creare grandi basi operative, in questo caso addirittura una città-base come postazione privilegiata per molti anni.
Vicenza occupata militarmente come Okinawa? È uno scenario inquietante, quello che prevede con il Dal Molin la città letteralmente circondata. Saremmo di fronte, come minimo, a una città a uso e «consumi» dei militari, un enorme accampamento di guerra. Soldati ovunque che vanno e vengono, ma anche l'assetto urbano rimodellato secondo le esigenze dell'esercito. Lo slogan No Dal Molin è divenuto persino riduttivo rispetto a questo progressivo insediamento: oltre a quest'area si prevedono infatti due villaggi militari, un ospedale per i reduci, i lavori di rifacimento della Caserma Ederle, la ridefinizione dei siti in provincia.
E poi? A quando un'area per le esercitazioni che ora avvengono in Germania? E dove una base della Cia o perlomeno un palazzo, magari come ad Aviano di fianco al Comune? La differenza rispetto a Okinawa è che qui siamo ancora in grado di prevenire questa situazione.
Non ci sono riflessioni approfondite sulle conseguenze politiche della creazione di queste mega-basi: nessuno pensi di poter costruire una struttura del genere e poi poterla controllare o porre veti sul suo utilizzo come postazione per nuove guerre.
Vediamole brevemente: la prima riguarda il comune che diverrebbe il comune della base, cioè obbligato a rispondere alle esigenze militari in termini di viabilità, erogazione di servizi ed accoglienza. C'è poi la provincia che diverrebbe un altro luogo privilegiato per i militari americani, ma non finisce qui. Quali le ricadute sulle scelte politiche del governo in seguito all'avallo a queste basi dichiaratamente offensive? E quali le conseguenze sull'Unione europea di un'Italia sempre più legata alle Stati uniti anche a causa delle basi militari che ospita?
*Autore del libro «Dal militare al civile, la conversione preventiva della base USAF di Aviano - Ricerche e progetti»

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