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In Italia le basi della strategia nucleare Usa

Così l'Italia, che fa parte con gli Usa del «Gruppo di pianificazione nucleare» Nato, viola il Trattato di non proliferazione che dice: «Ciascuno degli Stati militarmente non-nucleari, s'impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari»
5 aprile 2007
Manlio Dinucci
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Da documenti ufficiali declassificati - resi pubblici nel rapporto U.S. Nuclear Weapons in Europe, pubblicato nel febbraio 2005 dal Natural Resources Defense Council (v. il manifesto, 10 febbraio 2005) - risulta che gli Stati uniti, in base a una decisione presa dal presidente Clinton nel novembre 2000 (Directive/NSC-74), mantengono in Europa 480 bombe nucleari. Esse sono dislocate in otto basi aeree in sei paesi europei della Nato: 150 in tre basi tedesche; 110 in una base inglese; 90 in due basi italiane e altrettante in una turca; 20 rispettivamente in una base belga e in una olandese. Delle 90 bombe nucleari schierate in Italia, 50 si trovano ad Aviano (Pordenone) e 40 a Ghedi Torre (Brescia).
Tutte quelle dislocate in Europa sono bombe tattiche B-61 in tre versioni, la cui potenza va da 45 a 170 kiloton (13 volte maggiore di quella della bomba di Hiroshima). Le bombe sono tenute in speciali hangar insieme ai caccia pronti per l'attacco nucleare: F-15 e F-16 statunitensi, che dispongono complessivamente di 300 bombe (ciascun aereo ne può portare da 2 a 5); F-16 e Tornado dei paesi europei della Nato, che hanno a disposizione complessivamente 180 bombe. Tra questi, i Tornado italiani che sono armati con 40 bombe nucleari (quelle tenute a Ghedi Torre).
Lo spiegamento delle armi nucleari statunitensi in Europa è regolato da una serie di accordi segreti, che i governi europei non hanno mai sottoposto ai rispettivi parlamenti. Quello che regola lo schieramento delle armi nucleari Usa in Italia è lo «Stone Ax», il piano segreto di cui parla William Arkin nel suo libro Code Names. Esso non solo dà agli Usa la possibilità di schierare armi nucleari sul nostro territorio, ma stabilisce il principio della «doppia chiave», ossia prevede che una parte di queste armi possa essere usata dalle forze armate italiane una volta che gli Usa ne abbiano deciso l'impiego. A tal fine, rivela il rapporto, piloti italiani vengono addestrati all'uso delle bombe nucleari nei poligoni di Capo Frasca (Oristano) e Maniago II (Pordenone).
In tal modo l'Italia, facente parte con gli Usa del «Gruppo di pianificazione nucleare» della Nato, viola il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari che, all'articolo 2, stabilisce: «Ciascuno degli Stati militarmente non-nucleari, si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, né il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente». Per di più, nell'aprile 1999, il governo D'Alema sottoscrisse, senza sottoporlo al parlamento, un accordo sulla «pianificazione nucleare collettiva» della Nato in cui si stabilisce che «l'Alleanza conserverà forze nucleari adeguate in Europa, con caratteristiche di flessibilità e capacità di sopravvivenza tali da essere percepite come un elemento credibile ed efficace nella strategia atlantica di prevenzione dei conflitti». Tale strategia, consistente nel «prevenire i conflitti» tenendo gli altri sotto mira con le proprie armi nucleari, fa propria la «Direttiva 60» promulgata nel 1997 dal presidente Bill Clinton: essa stabilisce che le armi nucleari non solo continuano a essere puntate su Russia e Cina, ma possono essere usate contro «stati canaglia» e perfino contro «soggetti non-statali che minaccino gli Stati uniti, le loro truppe all'estero e i loro alleati con armi di distruzione di massa», anche non nucleari.
Nello schieramento delle armi nucleari statunitensi in Europa, l'Italia svolge un ruolo particolarmente importante in quanto le sue basi sono più vicine alla regione mediorientale. Non è escluso quindi che le 24 bombe nucleari rimosse nella primavera 2001 dalla base di Araxos, su richiesta del governo greco, siano state trasferite ad Aviano la cui capienza è di 72 bombe, il doppio rispetto a quella di altre basi europee. Ghedi Torre, la cui capienza è di 44 bombe, è invece quasi al completo: infatti, quando nel 1993 è stata disattivata la base di Rimini, le bombe nucleari che vi erano schierate non sono state riportate negli Stati uniti ma trasferite a Ghedi Torre. Abbiamo dunque sul nostro territorio almeno 90 bombe nucleari, cui si aggiungono quelle della Sesta flotta americana.
La pericolosità di questo arsenale nucleare in Italia non consiste solo nel numero di ordigni qui depositati. Consiste nel fatto che in tal modo il nostro paese viene ad essere agganciato alla sempre più pericolosa strategia nucleare statunitense. Al Pentagono sono in fase di realizzazione armi di nuovo tipo, tra cui bombe nucleari in grado di penetrare nel terreno e distruggere i bunker dei centri di comando, così da «decapitare» il paese nemico con un first strike, un attacco nucleare di sorpresa. La rappresentante democratica Dianne Feinstein avvertì nel 2004 che, «se gli Stati uniti apriranno la porta allo sviluppo, alla sperimentazione e allo spiegamento di nuove armi nucleari, renderemo la nostra nazione e i nostri alleati meno sicuri». Ormai, però, la porta è aperta. La B-61, il tipo di bomba nucleare depositato in Italia, è stata modificata per trasformarla in bomba nucleare penetrante: alla famiglia delle B-61 si è così aggiunta la B61-11 che, secondo i test, può penetrare nel terreno per sei metri così da creare, con l'esplosione nucleare, un'onda d'urto capace di ditruggere obiettivi sotterranei. E' quindi probabile che, tra le bombe nucleari depositate ad Aviano e Ghedi Torre, vi siano anche B61-11, pronte per l'uso. La 31st Fighter Wing, la squadriglia di cacciabombardieri F-16 dislocata ad Aviano, è pronta per l'attacco nucleare ventiquattr'ore su ventiquattro, fiera del suo emblema: l'aquila imperiale, con a fianco il simbolo dell'atomo con tre fulmini che colpiscono la terra.

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