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Sempre respinte le richieste di rendere note le misure di evacuazione

Cagliari, resta segreto il piano di emergenza nucleare. Esposto in procura contro i no del prefetto

Il “niet” è palesemente in contrasto con gli obblighi all'informazione sull'emergenza nucleare imposti dal decreto legislativo 230 del 1995
Walter Falgio
Fonte: Liberazione 10 ottobre 2006

Dopo aver incassato l'ennesimo no dalla prefettura, che si rifiuta di rendere noto il piano di emergenza nucleare per il porto di Cagliari, Antonello Repetto ha deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica. In poche righe, scritte come al solito di suo pugno, il militante sardo di Pax Christi fa sapere che: «Da gennaio 2005 a luglio 2006 il prefetto di Cagliari ha omesso di consegnarmi, così com'era mio diritto a norma di legge, il piano di evacuazione in caso di incidente nucleare».

La vicenda in realtà si trascina da più di sei anni e interessa, oltre Cagliari, tutti gli undici porti italiani nei quali è prevista la sosta o il transito di navi a propulsione o armamento atomico. La stessa richiesta di pubblicare il Piano, per esempio, è stata presentata alla prefettura di Trieste dalla Tavola della Pace del Friuli Venezia Giulia. A Taranto ci ha provato l'associazione Peacelink che per prima ha portato avanti la battaglia per la desecretazione del documento e ha messo a punto una campagna nazionale illustrata in minimi particolari nel proprio sito internet.

Il “niet” delle prefetture è palesemente in contrasto con gli obblighi all'informazione sull'emergenza nucleare imposti dal decreto legislativo 230 del 1995: «Le informazioni devono essere accessibili al pubblico, sia in condizioni normali, sia in fase di preallarme o di emergenza radiologica» e comprendono «natura e caratteristiche della radioattività e suoi effetti sulle persone e sull'ambiente; casi di emergenza radiologica presi in considerazione e relative conseguenze; comportamento da adottare in tali eventualità; autorità ed enti responsabili degli interventi e misure urgenti previste per informare, avvertire, proteggere e soccorrere la popolazione».

In più, il tutto deve essere reso noto senza che la popolazione ne faccia richiesta. Il prefetto di Cagliari Efisio Orrù, nell'ultima lettera inviata a Repetto il 5 luglio scorso, spiega che nel frattempo si è aggiunta anche una nuova norma, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 febbraio 2006. In base a questo testo la prefettura, d'intesa con la Regione, deve predisporre il piano di emergenza solo dopo aver ricevuto un rapporto tecnico dall'autorità militare. Guarda caso, all'epoca della lettera, il rapporto tecnico non era stato ancora spedito. Morale, il piano di emergenza non può essere aggiornato e quindi non è divulgabile nelle parti che interessano la popolazione.

Ma il problema, come giustamente sottolinea Repetto, è a monte. Possibile che dal 1995 e dal 29 novembre 2000, data in cui l'allora prefetto di Cagliari Corrado Catenacci rispondeva per la prima volta al Comitato “Gettiamo le Basi”, non sia stata rispettata la legge sull'informazione del rischio nucleare? Catenacci si trincerava dietro il segreto di Stato. Un anno dopo Orrù scriveva che il Piano era in fase di riesame. Poi si assistette all'indecorosa sceneggiata in cui il ministero smentì la prefettura: in data 11 aprile 2005 Efisio Orrù dichiarava che «la rada di Cagliari non sarà più compresa nell'elenco dei punti di approdo nazionali impiegati per la possibile sosta di unità a propulsione nucleare». Appena due mesi dopo il ministro della Difesa Antonio Martino, rispondendo ad una interrogazione parlamentare di Mauro Bulgarelli, confermava «che il porto di Cagliari è compreso tra gli undici porti nei quali è prevista la sosta di unità militari a propulsione nucleare». Ancora, il 19 novembre dello scorso anno, in seguito all'ennesima richiesta del pacifista Repetto, il prefetto Orrù adduceva quale ragione ostativa alla divulgazione il fatto che il Piano fosse di nuovo in fase di aggiornamento e revisione.

Stralci di questo fantomatico documento, indispensabile per pianificare l'emergenza in caso di incidente atomico, sono stati pubblicizzati solo attraverso la stampa: “il manifesto” del 9 febbraio 2000 scriveva sul Piano di La Spezia. “L'Unione Sarda” e “Liberazione” riportavano ampie parti del Piano della Maddalena a dicembre del 2003. Intanto L'Unione europea ha aperto una procedura di infrazione contro l'Italia per la mancata divulgazione dei piani di emergenza.

Repetto ci tiene a precisare che la sua richiesta non è per nulla da sottovalutare. A sostegno di ciò, basta citare qualche dato: una ricerca del Politecnico di Torino firmata da Francesco Iannuzzelli, Francesco Polcaro e Massimo Zucchetti, rileva che «dal 1945 al 1988 nel Mediterraneo si sono verificati 114 incidenti in cui sono state coinvolte una o più navi da guerra», e che «le tre flotte nucleari che pattugliano il Mediterraneo (Usa, Gran Bretagna e Francia) hanno subito rispettivamente 61, 16 e 12 incidenti nel dopoguerra». Senza dimenticare, naturalmente, lo scontro del sommergibile nucleare americano Hartford nei fondali marini della Maddalena il 25 ottobre 2003. Tanto per cambiare tenuto segreto, sino a che non ne ha parlato una rivista americana.

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Con una cerimonia durante la Giornata Internazionale per l’eliminazione delle il Kirghizistan ha firmato e il Ghana ha ratificato il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (), portando il numero dei Paesi che lo sostengono a superare la maggioranza globale degli Stati del mondo.

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