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Il commercio delle armi: un'industria fuori controllo

L'arcivescovo Desmond Tutu accende la giornata mondiale di attivazione per la campagna "Control Arms" con un pressante appello all'ONU, affinché dia alta priorità al Trattato Internazionale sul Commercio delle Armi nella prossima Assemblea delle Nazioni Unite.
28 settembre 2006
Desmond Tutu
Tradotto da per PeaceLink

Per diversi anni ho preso parte ai movimenti di pace, facendo il possibile per aiutare le persone a superare le loro diversità. In questo modo, ho anche appreso molto sul mondo della guerra: il commercio delle armi, che secondo me, rappresenta il nuovo commercio degli schiavi. È un'industria fuori controllo: ogni giorno più di 1000 persone vengono uccise da armi convenzionali. La vasta maggioranza di queste persone è data da uomini innocenti, donne e bambini.

Per decenni si sono firmati trattati internazionali per il controllo sulla diffusione di armi nucleari, chimiche e biologiche. Tuttavia, nonostante il crescente numero di vittime, non esiste ancora nessun trattato che regoli la vendita di tutte le armi convenzionali, dalle pistole agli elicotteri d'assalto. Infatti, le armi cadono molto facilmente nelle mani sbagliate, fomentando l'abuso dei diritti umani, guerre infinite e impoverendo sempre di più le nazioni.

Tutto ciò continua a perpetrarsi grazie alla complicità dei governi, soprattutto quelli dei Paesi ricchi, i quali chiudono un occhio davanti alla spaventosa sofferenza umana associata alla diffusione delle armi.

Ogni anno, tante singole armi uccidono più persone di quante ne hanno uccise le bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki messe insieme. Sempre più gente viene ferita, terrorizzata o cacciata dalla propria abitazione con la violenza armata. Mentre voi leggete, una di queste tragedie umane si sta consumando da qualche parte nel mondo.

Basta prendere un quotidiano per rendersi conto della gravità del problema su scala mondiale. Dal conflitto in Medio Oriente alle morti del Darfur, alla violenza armata in Brasile, la mancanza di controlli globali sul commercio delle armi sta facendo soffrire troppe persone.

Prendiamo ad esempio la Repubblica Democratica del Congo, dove recentemente la violenza armata è divampata ancora una volta e milioni di persone hanno perso la vita durante circa un decennio di conflitti. Nonostante l'embargo delle armi imposto dall'ONU a svantaggio dei gruppi armati nel Paese, le armi hanno continuato ad arrivare da ogni parte del mondo.

Tra i pezzi rinvenuti nella raccolta delle armi ce n'erano molti fabbricati in Germania, Francia, Israele, Stati Uniti e Russia. L'unico denominatore comune era che quasi tutte queste armi erano state prodotte fuori dall'Africa. Cinque paesi ricchi risultano essere i maggiori fabbricanti di armi presenti al mondo. Nel 2005, Russia, Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito hanno coperto l'82% del mercato globale delle armi. E c'è proprio un gran giro di affari: le somme di denaro che le nazioni ricche investono ogni anno nella lotta contro l'AIDS eguagliano la spesa globale per gli armamenti di soli 18 giorni.

Ma mentre i proventi rifluiscono sulle nazioni sviluppate, gli effetti del commercio delle armi vengono profondamente sentiti nelle nazioni in via di sviluppo. Più dei due terzi del valore del commercio di armi mondiale sono rappresentati dalle vendite in Africa, Asia, Medio Oriente e America Latina.

Oltre ai morti, ai feriti e agli stupri perpetrati per mezzo di queste armi, il costo del conflitto è ancora più alto, poiché colpisce il sistema sanitario e l'educazione.

Ad esempio, in Uganda del Nord, devastata da 20 anni di conflitto armato, è stato accertato che 250mila bambini non ricevono un'educazione. La guerra in Uganda del nord, che potrebbe essere finalmente vicina ad una conclusione, è stata fomentata dalla fornitura di armi fabbricate da Paesi stranieri. Inoltre, a causa di molte altre guerre come questa, il numero maggiore di vittime è costituito dai bambini della regione. I bambini sotto i cinque anni sono i più esposti a raccogliere malattie, e in una regione in guerra le cure mediche adeguate non sono mai disponibili, poiché gli ospedali vengono distrutti e i malati cercano riparo in campi improvvisati. Lo scorso anno, è stato stimato che i bambini sotto i cinque anni di età hanno costituito il 41% di tutte le morti nei campi profughi nel nord dell'Uganda.

Il mondo potrebbe sconfiggere la povertà nel giro di qualche generazione se solamente una piccola frazione della spesa militare venisse investita nei movimenti per la pace. Ogni anno, i Paesi dell'Asia, del Medio Oriente, dell'America Latina e dell'Africa spendono in media 22 miliardi di dollari per l'acquisto di armamenti, secondo le stime del Congresso degli Stati Uniti. Questa somma avrebbe potuto permettere a quei Paesi di mandare a scuola tutti i bambini e di ridurre di due terzi la mortalità infantile entro il 2015, raggiungendo due degli "Obiettivi del Millennio per lo Sviluppo".

Quest'anno, il mondo finalmente ha l'occasione di dire "no" ai continui scandali del commercio illegale di armi. Ad ottobre, tutti i governi del mondo voteranno per una soluzione definitiva nell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per cominciare ad operare in vista di un "Trattato sul Commercio degli Armamenti". Questo trattato dovrebbe basarsi su un semplice principio: niente armi per violazioni delle leggi interne. In altre parole, un divieto alla vendita delle armi quando c'è il rischio evidente che il loro uso porterà a una violazione dei diritti umani o a un conflitto a fuoco.

La soluzione dell'ONU è stata presentata dai governi dell'Australia, Argentina, Costa Rica, Finlandia, Giappone, Kenya e Regno Unito. Questi Paesi credono che "sia arrivata l'ora di concretizzare l'idea di un Trattato sul Commercio degli Armamenti".

Sono d'accordo. Dobbiamo smetterla di amnistiare i governi che autorizzano il commercio delle armi quando sanno benissimo che c'è un grave pericolo che quelle armi verranno usate per commettere atrocità contro vite umane. Oggi si stanno facendo passi da gigante per chiudere, una volta per tutte, il capitolo del perdono dei criminali di guerra, è inaccettabile che i fornitori di armi continuino a sottrarsi alla loro pena.

55 governi, incluso gran parte dell'Africa, dell'America Latina e dell'Europa sono a favore di un "Trattato Internazionale sul Commercio degli Armamenti". Si va anche diffondendo una solidarietà popolare: oltre un milione di persone in più di 150 Paesi hanno firmato la Petizione da un Milione di Volti (Million Faces Petition) in supporto all'appello per un trattato di tale importanza.

Che possa il movimento per la pace non essere più minacciato dal commercio delle armi. Mi rivolgo a tutti i governi affinché pongano in cima alla lista delle questioni importanti il Controllo del Commercio Internazionale degli Armamenti.

Note: Il link al testo originale in inglese:
http://www.oxfam.org.uk/what_we_do/issues/conflict_disasters/tutu_arms.htm

Traduzione a cura di Laura Lacanale per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile, per fini non commerciali, citando la fonte, l'autore e il traduttore.

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