Norme in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante
approvato dalla Camera dei deputati il 26 ottobre 2004,
in un testo
risultante dall’unificazione dei disegni di legge
d’iniziativa dei deputati STEFANI (26); VOLONTÈ (385); SINISCALCHI, BONITO e FINOCCHIARO (539); COLA (588); ANEDDA, SELVA, COLA, STERPA e LISI (1177); PISAPIA (1243); PECORELLA (2084); PISAPIA (2764); GIULIETTI e SINISCALCHI (3021); PISAPIA (4355)
(V. Stampati Camera nn. 26, 385, 539, 588, 1177, 1243, 2084, 2764, 3021 e 4355)
Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza
il
27 ottobre 2004
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Norme in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante
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DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Modifiche alla legge
8 febbraio 1948,
n. 47)
1. All’articolo 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Le disposizioni della presente legge si applicano,
altresì, ai siti INTERNET aventi natura editoriale».
2. All’ articolo 8 della legge 8 febbraio
1948, n. 47, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al secondo comma,
dopo le parole: «sono pubblicate,» sono inserite le seguenti:
«senza commento,»;
b) dopo il terzo comma è inserito il seguente:
«Per
le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche
sono effettuate ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 agosto 1990,
n. 223. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono
pubblicate entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche
grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità
della notizia cui si riferiscono»;
c) dopo il quarto
comma è inserito il seguente:
«Per
la stampa non periodica l’autore dello scritto, ovvero i soggetti
di cui all’articolo 57-bis del codice penale, provvedono, su
richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, a propria cura e spese
su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla
stessa, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano
state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri
o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro reputazione o contrari
a verità, purchè le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano
contenuto suscettibile di incriminazione penale. La pubblicazione in rettifica
deve essere effettuata entro sette giorni dalla richiesta con idonea collocazione
e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto
che l’ha determinata»;
d) al quinto comma,
le parole: «trascorso il termine di cui al secondo e terzo comma»
sono sostituite dalle seguenti: «trascorso il termine di cui al secondo,
terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, e sesto comma»
e le parole: «in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo
e quarto comma» sono sostituite dalle seguenti: «in violazione
di quanto disposto dal secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti
informatici, quinto e sesto comma»;
e) dopo il quinto comma è inserito il seguente:
«Della
stessa procedura può avvalersi l’autore dell’offesa, qualora
il direttore responsabile del giornale o del periodico, il responsabile
della trasmissione radiofonica, televisiva o delle trasmissioni informatiche
o telematiche non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta».
3. Dopo l’articolo 11 della legge 8 febbraio
1948, n. 47, è inserito il seguente:
«Art. 11-bis. - (Risarcimento del danno).
– 1. Nella determinazione del danno derivante dalla pubblicazione
ritenuta lesiva della reputazione o contraria a verità, il giudice
tiene conto dell’effetto riparatorio della pubblicazione della rettifica,
se richiesta dalla persona offesa.
2. Quando il giudice procede
alla liquidazione del danno in via equitativa, l’entità del
danno non patrimoniale non può comunque eccedere la somma di euro
30.000. Il giudice non è vincolato al limite predetto nel caso in
cui l’imputato sia già stato condannato, in sede civile o penale,
con sentenza definitiva, al risarcimento del danno in favore della medesima
parte offesa.
3. Nei casi previsti dalla
presente legge, l’azione civile per il risarcimento del danno alla
reputazione si prescrive in un anno dalla pubblicazione».
4. L’articolo 12 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è abrogato.
5. L’articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è sostituito dal seguente:
«Art. 13. - (Pene per la diffamazione). – 1. Nel caso di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, consistente nell’attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della multa da euro 5.000 a euro 10.000.
2. Alla condanna per il delitto
di cui al comma 1 consegue la pena accessoria della pubblicazione della
sentenza nei modi stabiliti dall’articolo 36 del codice penale e,
nelle ipotesi di cui all’articolo 99, secondo comma, del codice penale,
la pena accessoria dell’interdizione dalla professione di giornalista
per un periodo da un mese a sei mesi.
3. L’autore dell’offesa
non è punibile se provvede, ai sensi dell’articolo 8, alla
pubblicazione di dichiarazioni o rettifiche.
4. Nel dichiarare la non punibilità,
il giudice valuta la rispondenza della rettifica ai requisiti di legge.
5. Con la sentenza di condanna
il giudice dispone la trasmissione degli atti al competente ordine professionale
per le determinazioni relative alle sanzioni disciplinari».
(Modifiche al codice penale)
1. L’articolo 57 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 57. - (Reati commessi con il mezzo
della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione).
– Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione,
e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile
del quotidiano, del periodico o della testata giornalistica, radiofonica
o televisiva, risponde dei delitti commessi con il mezzo della stampa,
della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione se il
delitto è conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza sul
contenuto della pubblicazione. La pena è in ogni caso ridotta di
un terzo».
2. L’articolo 594 del codice penale è
sostituito dal seguente:
«Art. 594. - (Ingiuria). – Chiunque
offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito
con la multa fino a euro 5.000.
Alla stessa pena soggiace chi commette
il fatto mediante comunicazione telegrafica, telefonica o telematica, o
con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
Le pene sono aumentate qualora l’offesa
consista nell’attribuzione di un fatto determinato, ovvero sia commessa
in presenza di più persone».
3. All’articolo 595 del codice penale, i commi
primo, secondo e terzo sono sostituiti dai seguenti:
«Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo
594, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione,
è punito con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.
La pena è aumentata se l’offesa
consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.
Se l’offesa è arrecata
con il mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità,
ovvero in atto pubblico, si applica la pena della multa da euro 3.000 a
euro 8.000.
Si applicano le disposizioni di cui
al comma 3 dell’articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47,
e successive modificazioni, nel caso in cui l’autore dell’offesa
pubblichi una completa rettifica del giudizio o del contenuto lesivo dell’altrui
reputazione.
Alla condanna consegue la pena accessoria
dell’interdizione dalla professione di giornalista per un periodo
da un mese a sei mesi, nelle ipotesi di cui all’articolo 99, secondo
comma».
(Modifica all’articolo 427 del codice
di
procedura penale)
1. Dopo il comma 3 dell’articolo 427 del codice di procedura penale, è inserito il seguente:
«3-bis. Il giudice può altresì condannare il querelante al pagamento di una somma da 1.000 euro a 10.000 euro a favore della cassa delle ammende».
(Norma transitoria)
1. Nel caso in cui la condanna a pena detentiva per i reati di cui alla presente legge debba essere ancora eseguita prima della data di entrata in vigore della legge stessa, ovvero, a tale data, sia in corso di esecuzione, la pena della reclusione è convertita in pena pecuniaria ai sensi dell’articolo 135 del codice penale.
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