Se Tim e Telecom fanno il «triplo gioco»

La fusione dei due operatori telefonici è solo un'operazione finanziaria? Non esattamente. In prospettiva ci sono anche delle buone opportunità industriali, come la possibilità di offrire tre servizi in un colpo solo: voce, trasmissione dati e televisione. Tanto che pure all'estero si stanno attrezzando. Ma in Italia restano i vecchi difetti da monopolio
12 dicembre 2004
Franco Carlini
Fonte: Il Manifesto

Telecom Italia più Tim non è un'operazione finanziaria ma industriale, ha sostenuto Marco Tronchetti Provera. In realtà sono vere entrambe le cose: l'aspetto finanziario è prevalente nel breve termine, quello industriale è decisivo per il futuro. La finanza significa portare direttamente nelle casse di Telecom (e poi nelle controllanti a monte) il cospicuo flusso di liquidi che proviene dal traffico cellulare di Tim. E' l'unica strada possibile per ricoprire il pesante indebitamento, ma - ecco il paradosso - per ottenere questo risultato occorre intanto indebitare di altri 14,5 miliardi la Telecom stessa. E l'aspetto industriale? Detto semplicemente l'orizzonte che si delinea sta sotto il nome di «convergenza», un fenomeno operante da tempo ma che si dispiegherà appieno nei prossimi anni. Si immagini dunque uno scenario così: 1) ognuno ha un suo telefono cellulare (in Italia siamo al 76% ormai, il che significa «tutti», salvo un po' di neonati, di anziani e di irriducibili). 2) il telefono fisso, inteso come apparecchio da scrivania o da tavolo, sparisce totalmente: ognuno chiama e viene chiamato attraverso il cellulare, il che senza dubbio semplifica la vita e le rubriche telefoniche. 3) tutto il traffico voce avviene con tecnologia «alla Internet», quella che i tecnici chiamano VoIP, Voice Over IP, ovvero la voce che corre «sopra» il protocollo di trasmissione a pacchetti di dati, chiamato Internet Protocol. Questo significa che si utilizzeranno solo reti cellulari? Per niente: i cavi di rame, o coassiali, o di fibra ottica continueranno a esserci nelle case, arrivando a una sorta di centralino casalingo: ad esso si collegheranno i molteplici telefoni cellulari di casa, nonché televisori e computer, verosimilmente con la tecnologia senza fili chiamata Wi-Fi. In pratica i nuovi cellulari avranno due modalità (avranno «dual mode»): all'aperto riconosceranno al presenza di reti cellulari e trafficheranno con esse; in casa o in ufficio faranno collegamenti Wi-Fi (o Wimax, o Zigbee - il dettaglio delle molte delle sigle emergenti qui non è importante); a seconda dell'ambiente in cui si trova il cellulare, fattosi più furbo, userà l'una o l'altra rete disponibile, sempre senza fili, scegliendo in automatico quella che offre il migliore rapporto prezzo-prestazioni.

Una domanda viene spontanea: ma allora perché non fare «tutto cellulare», dato che ormai le reti senza fili di terza generazione (Umts) offrono una banda trasmissiva bella grande? Non si potrebbe lasciar cadere definitivamente tutti i cavi e cavetti, di rame o di vetro che siano? La risposta è no perché quell'eredità del passato sta conoscendo una nuova giovinezza grazie alle tecnologie tipo aDSL che riescono a strizzare nell'umile doppino telefonico una grande quantità di dati. Per le telecom di tutto il mondo si è aperta dunque una possibilità nuova che loro stesse nemmeno immaginavano. Si chiama «Triple Play» con il solito abuso della lingua inglese: triplo gioco, o se volete, più sportivamente, triplo salto mortale: nei fili che arrivano nelle case e negli uffici le aziende di telecomunicazioni offriranno (già offrono) tre diversi servizi: la voce, la trasmissione di dati (per esempio navigare in rete) e il consumo televisivo, tendenzialmente nella forma di «pay per view» (si paga a consumo, per ogni prodotto che si decide di vedere, come un evento sportivo o un documentario).

Che le cose vadano in questa direzione lo confermano alcune operazioni in atto anche in altri paesi: la più rapida è stata Bt (l'ex British Telecom) che non possedendo un operatore cellulare ha stretto un patto con Vodafone, che va esattamente nella direzione. Si chiama Bluephone il nuovo apparato che in primavera verrà messo sul mercato dai due protagonisti. L'esperimento verrà seguito con grande attenzione dal consorzio di imprese chiamato Fixed Mobile Convergence Alliance, il cui nome appunto delinea il programma di lavoro. Ne fanno parte Brasil Telecom, Korea Telecom, la giapponese Ntt e Swisscom. Nei giorni scorsi poi si è appreso che in America stanno per fondersi un operatore cellulare, Nextel e una delle ex compagnie telefoniche regionali, la Sprint, e anche in questo caso la tendenza è chiara.

Nel caso italiano la forza combinata di una tale offerta fisso-mobile da parte dell'operatore dominante può suscitare qualche preoccupazione antitrust, ma una volta che sia scaduta l'attuale commissione, guidata da Giuseppe Tesauro è probabile che quella nuova sia meno severa. Né va dimenticato che in attesa di una crescita anche via cavo c'è sempre La7, la televisione in sordina di Telecom.

Due decisioni recenti di Telecom Italia segnalano che per i consumatori i rischi ci sono: l'una è la richiesta di alzare il costo delle chiamate da linea fissa a telefono mobile e si tratta proprio di quelle tariffe che in Italia come in tutta Europa vengono già ora giudicate troppo esose rispetto ai costi del servizio. L'altra è la decisione di annullare gli accordi che la stessa Telecom Italia aveva accettato con diversi Internet Provider i quali fornivano connettività aDSL ai loro clienti senza che questi dovessero più pagare il canone voce; questa era una soluzione ragionevole, dato che molti usano il cellulare per la voce e i fili di rame solo per collegarsi in rete. Ora Telecom Italia, in maniera unilaterale, decide che non si può fare e l'associazione italiana degli internet provider (http://www.aiip.it) segnala la violazione dei patti e delle delibere. Non sono segnali incoraggianti, specialmente quando emessi dall'operatore dominante.

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