Arriva la rete nelle campagne politiche

Crescono le esperienze di candidati che utilizzano le nuove tecnologie per le elezioni. Da Howard Dean a Sergio Cofferati e Lilly Gruber: si sta rimodellando con la rete la comunicazione politica post televisiva
17 ottobre 2004
Franco Carlini
Fonte: Il Manifesto

Una locuzione nuova è emersa nella politica in rete e già ora trova 104 citazioni sul motore di ricerca Google, ma non c'è dubbio che presto saranno assai di più. Si tratta di «dot-pol», dove la prima parola allude al «punto» che separa i nomi di dominio sull'Internet (come dot com, dot org eccetera) e «pol» invece si riferisce a politics, la politica. Dunque i dot pol sarebbero gli organizzatori e i gestori della campagne politiche (elettorali e non solo, anche lobbistiche) che usano prevalentemente la rete, i campaigner insomma. Al tema ha dedicato un veloce libro Michael Cornfield, professore di «political management» alla George Washington University e direttore di ricerca all'Institute for Politics, Democracy and the Internet (http://www.ipdi.org). Cornfield è anche commentatore sulla rivista «Campaigns & Elections» (http://www.campaignline.com).

Lo spunto viene dalla grande e accelerata espansione delle tecnologie di rete nelle campagne politiche, specialmente quella in corso, per le elezioni americane. Il pensiero corre subito al grande successo della corsa di Howard Dean (www.deanforamerica.com), poi sconfitto, tuttavia, nei caucus concreti da John Kerry. Ma Dean è solo l'elemento più vistoso del fenomeno e molti osservatori sono alacremente all'opera per monitorare i blog, i gruppi di discussione, le inserzioni pubblicitarie e tutte le forme di nuovo attivismo reso possibile (abilitato) dalle tecnologie della comunicazione. Cornfield sostiene tuttavia quello cui stiamo assistendo è solo l'inizio, la fase primordiale, di un fenomeno destinato a rimodellare la comunicazione politica. Si tratterebbe dunque di qualcosa di analogo a quanto avvenne con la irruzione del medium televisivo nella politica.

Tradizionalmente, ci ricorda Cornfield, le campagne elettorali usano una metafora bellica: i canali convenzionali (la televisione) vengono chiamati la «guerra dell'aria» e quelli fatti di comizi, meeting e porta a porta sono la «guerra di terra». Ora un nuovo canale si è aggiunto che non sostituisce, ma affianca e arricchisce quelli precedenti.

Altri studiosi, questa volta italiani ((Roberto Grandi e Cristian Vaccari, «Cofferati anch'io», Baldini, Castoldi, Dalai, 2004, vedi Chips&Salsa di domenica 12 settembre), hanno sostenuto, sull'onda della campagna tra la gente e in rete di Sergio Cofferati che è ormai matura una terza ondata di campagne elettorali, post televisiva e basata invece sull'ascolto e sulle nuove tecnologie di rete.

La domanda è quanto rapido e significativo sia il fenomeno, eventualmente anche in Italia e quanto la produzione dei candidati sia adeguata al linguaggio e alle modalità di interazione del web. Per fare soltanto due esempi: Lilli Gruber durante la campagna per le europee realizzò un ottimo sito (http://www.lilligruber.net), il quale tuttavia ora è fermo, proprio nel momento in cui gli affezionati elettori vorrebbero magari continuare a stare in contatto. Per parte sua il candidato della destra alle prossime regionali nel Lazio, di Francesco Storace, si è fatto un sito (http://www.storace.tv) dove una inutile presentatrice animata (tale Vittoria) con voce sintetica lo presenta come «Sturace» con la «u» e dove l'interazione avviene via fax, altro che elettronica.

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