La ricetta unica e la calzolaia Emma

12 aprile 2007
Agostino Giustiniani
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Di fronte all'idea di un intervento pubblico nelle reti di comunicazione, la prima scrollata di spalle è venuta dal ministro Gentiloni (per margheritesca prudenza?), seguito dal pasdaran del liberismo Franco Debenedetti, che per l'occasione ha coniato il termine «retinite», e dai molti professori che, non avendo mai gestito un'azienda trattano, l'economia delle telecomunicazioni con gli stessi criteri di una catena di supermarket, quando invece sono due mondi abissalmente diversi. Il loro non è un pensiero unico, che avrebbe una sua solidità, ma una ricetta unica, con l'unico difetto che non funziona: gli ultimi anni di Telecom Italia sono lì a dimostrarlo e la realtà è più robusta delle loro (interessate) teorie.
La tesi della ricetta unica, nel migliore dei casi suona così: lo stato faccia solo regole certe e chiare, e la faccia rispettare; sulla base di esse gli attori del capitalismo si daranno da fare; facendo il loro interesse, come bravi macellai di Adamo Smith, faranno automaticamente quello della nazione. Questa leggenda metropolitana, è anche frutto di quel fenomeno che gli psicologi chiamano «group think» (pensiero di gruppo): persone che si frequentano solo tra di loro, che leggono gli stessi libri e si danno ragione l'un l'altro. Ed è ben rappresentata nel recente volume «Spiriti Animali. La concorrenza giusta», pubblicato dall'università Bocconi, ma curiosamente contraddetta dalla prefazione di Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit: «Onestà, equilibrio, giustizia sociale, informazione, responsabilità» sarebbero le doti del buon capitalista (Profumo cita il Nobel Joseph Stiglitz). Si provi a dare al riguardo un voto sulle cinque voci non solo a Tronchetti, ma anche alle banche italiane che l'hanno indebitato nella sua avventura e che ora contano di «salvarlo», sempre guadagnandoci peraltro.
Tra i campioni del liberismo telecomunicativo si è iscritta anche la nota economista radicale Emma Bonino, sostenendo che non c'è nulla di strategico nelle telecomunicazioni. La ministra del governo Prodi è la stessa che (purtroppo) si è battuta con successo in sede europea per assoggettare a dazi pesanti le scarpe in arrivo dalla Cina e si è pura vantata di tale interventismo illiberale e protezionista che è anche peggio dei fagiolini freschi del Burkina Faso, importati dalla Toscana e osteggiati da Liberazione.
Le tomaie sì che sono beni strategici da proteggere, anche se gli scarponi per combattere guerre «democratiche» non si fanno più di cuoio. Al massimo gli scarponcini vecchia maniera li userà ancora quell'«ambiguo» personaggio di Gino Strada - sempre secondo la definizione della ministra.

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