L'annuncio di Google: ogni 24 mesi puliremo l'archivio

Il motore di ricerca promette un cambiamento di rotta in favore della privacy. I dati degli utenti, attualmente conservati a tempo indeterminato, resteranno nel database per 18-24 mesi, poi verranno oscurati e resi anonimi. La svolta resta subordinata alle normative dei singoli stati
17 marzo 2007
Giulia Sbarigia
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Proteggeremo la privacy degli utenti, promette Google. I dati che prima venivano conservati per un tempo più o meno indeterminato ora verranno anonimizzati dopo 18-24 mesi: «Siamo felici di annunciare questi cambiamenti nella nostra politica di privacy - si legge nel comunicato firmato dagli avvocati del gruppo, Peter Fleischer e Nicole Wong, e affidato alla pagina di Google blog - A meno che non ci venga richiesto legalmente di conservare i dati, renderemo anonimi i nostri server log dopo un periodo di tempo limitato». Il motore di ricerca più famoso del mondo eliminerà le informazioni raccolte dai «cookies» - i biscottini sono piccoli file inviati agli internauti che consentono di individuare le tracce dei visitatori e poterne così delineare un profilo. Cancellerà alcuni elementi dell'indirizzo Ip dei navigatori, mentre i dati raccolti sulle ricerche compiute dagli utenti, attraverso l'inserimento di parole chiave nella stringa search, saranno resi totalmente anonimi allo scadere di 18-24 mesi di permanenza negli archivi. La nuova politica, assicurano, sarà operativa entro un anno.
Nel database di Google c'è il nostro io virtuale: le nostre ricerche sul web, quali siti ci piacciono, quali link clicchiamo, tutte le tracce che lasciamo dietro di noi mentre navighiamo nella rete. Attraverso il servizio di posta Gmail la società californiana può intrufolarsi nella corrispondenza elettronica, con Google desktop può scorazzare nel nostro computer, insomma Big G ha a disposizione la mappatura in bit della vita dei suoi utenti. Sulla pagina del motore di ricerca dedicata alle «norme sulla privacy» si legge: «Possiamo combinare le informazioni che ci fornite in relazione al vostro account con informazioni provenienti da altri servizi di Google o fornite da terzi allo scopo di acquisire una maggiore conoscenza dell'utente e migliorare la qualità dei nostri servizi». E ancora: «Google può usare tali informazione per stabilire quante volte gli utenti cliccano su una data pubblicità allo scopo di calcolare quale somma deve essere addebitata all'inserzionista». La svolta sui dati personali è necessaria, ma così com'è annunciata non basta a tranquillizzarci.
Il cambio di rotta della società di Mountain view sembra rispondere, con un anno di ritardo, alla direttiva comunitaria del 15 marzo 2006 nella quale si stabilisce che i dati devono essere conservati «per periodi non inferiori a sei mesi e non superiori a due anni dalla data della comunicazione». Ma non solo, la carta giocata da Big G è soprattutto una «concessione» alle associazioni di tutela dei diritti umani. Quando Yahoo consegnò le mail del dissidente Wang Xiaoning al governo cinese, che poi lo condannò per sovversione a dieci anni di galera con isolamento, il caso travalicò la muraglia e il gigante informatico fu travolto dalle polemiche. Da parte sua Google è stato recentemente accusato di favorire la censura governativa indiana (fornendo alle autorità locali gli indirizzi Ip degli utenti che diffondono contenuti «pericolosi» sul suo network sociale di Orkut). Questa nuova strategia in materia di privacy consentirà di stemperare le voci di protesta piovute sul gioiello di Larry Page e Sergey Brin. «Un primo, importante, passo in avanti», commenta Kevin Bankston della Electronic Frontier Fundation, associazione Usa no-profit per la tutela dei diritti digitali. Ma non dimentichiamo che in America vige il Patriot act e che ogni cambiamento in favore della privacy resta subordinato alle richieste dei singoli stati.

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