La contraffazione dei segni distintivi in Internet

Spesso le aziende possono essere oggetto di un danno economico derivante dalla contraffazione del proprio marchio sulla rete, mediante, in particolare, l'appropriazione da parte di terzi di un dominio recante il proprio marchio.
28 ottobre 2003
Dott.ssa V. Frediani

Con il termine nome a dominio (domain name) si intende un dominio internet cui corrisponde un sito, ovvero uno spazio all'interno del quale si trovano notizie destinate a permanere nella rete.
Gran parte delle aziende in base alla propria diffusione, alla tipologia del prodotto ed alla destinazione dello stesso, ha interesse a registrare il proprio dominio. Ma talvolta anche terzi in mala fede possono avere interesse a registrare un dominio recante il nome di un preesistente marchio.

Sovente infatti, il nome a dominio può divenire oggetto di contraffazione o di usurpazione, in particolare quando taluno lo utilizzi con lo scopo ben preciso di godere della fama di un marchio preesistente, falsamente associato ai propri prodotti.
La legge a tutela dei diritti esclusivi di cui è titolare colui che registra un marchio, è la cosiddetta legge marchi (r.d. 929/42 e successive modifiche).

Un dominio qualora riporti un nome uguale ad un marchio registrato, e qualora il contenuto di detto dominio sia commercialmente identico a quello che contraddistingue quel marchio, rappresenta l'oggetto di una condotta di contraffazione.

Ex art 11 L. Marchi: non è consentito usare il marchio in modo contrario alla legge, nè, in specie, in modo da ingenerare un rischio di confusione sul mercato con altri segni conosciuti come distintivi di imprese, prodotti o servizi altrui, o da indurre comunque in inganno il pubblico, in particolare circa la natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi, a causa del modo e del contesto in cui viene utilizzato, o da ledere un altrui diritto di autore, di proprietà industriale, o altro diritto esclusivo di terzi.
Quindi, nel caso di utilizzo da parte di terzi di un nome a dominio uguale ad un marchio da altro registrato, e connesso alla medesima tipologia di prodotti, il titolare del marchio potrà agire legalmente (ciò, ricordiamo, sempre e solo qualora si tratti di medesimi prodotti. Nel caso contrario chiunque può liberamente registrare un dominio che pur identico al nome del marchio, indichi prodotti diversi, in quanto ciò non implica confusione nel consumatore e non è certo una distrazione dello stesso dai prodotti legati al marchio - ordinanza 6/11/2000 Tribunale di Pistoia -).
La giurisprudenza è anche pressoché concorde nel ritenere che i nomi a dominio possano essere assimilati all'insegna, in quanto capaci di contraddistinguere il luogo virtuale dove viene esercitata una determinata attività, e quindi svolgenti la stessa funzione dell'insegna. Corollario è il principio per cui al nome a dominio può essere applicata in via analogica la disciplina adoperata per i segni distintivi (ordinanza del tribunale di Modena del 2 agosto 2000).

L'azione speculativa che è andata diffondendosi in materia di appropriazione di nomi a dominio uguali a marchi registrati preesistenti e famosi al fine di trarne profitto è stata denominata domain grabbing e può concretizzarsi mediante la rivendita al titolare del marchio (qualora quest'ultimo non voglia veder generata confusione) o mediante la commercializzazione della medesima tipologia di merce.
La tutela disposta dal legislatore in materia di domain grabbing è sia di tipo civile che di tipo penale.

In ambito civile il titolare del marchio commerciale danneggiato dal fenomeno del domain grabbing, dovrà innanzi tutto richiedere all'autorità giudiziaria in via d'urgenza una tutela inibitoria, ovvero dovrà promuovere un'azione capace di sospendere gli effetti prodotti dalla confusione posta in essere dal dominio esistente e concorrente con il proprio marchio.
In secondo luogo potrà promuovere un'azione risarcitoria nei confronti del titolare del dominio, richiedendo il risarcimento del danno subito dalla concorrenza posta illegittimamente in essere dal titolare del dominio.
Infine, unitamente all'azione risarcitoria, potrà esigere definitivamente la cessazione dell'esistenza del sito, o meglio del dominio identificante quel sito.

Tutte questi azioni sono proponibili dal titolare del marchio solo ed esclusivamente se titolare del dominio concorrente è un imprenditore e se vi è concorrenza tra gli stessi in quanto operativi nel medesimo settore commerciale (un'ordinanza del tribunale di Pescara datata 12.10.2000, ha rigettato la richiesta di inibitoria presentata dal titolare di un marchio avverso il titolare di un dominio recante il medesimo nome e con oggetto la medesima materia, in quanto il dominio identificava un sito avente ad oggetto attività no profit, per cui non riconducibile a quel presupposto di identità dei soggetti titolari di essere imprenditori).
Vediamo invece quali condotte penali possono essere sanzionate qualora ricorra l'ipotesi di registrazione di un nome a dominio che concorra con un marchio.

Ex art. 473 codice penale recante il titolo "Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali", chiunque contraffa o altera marchi o segni distintivi nazionali o esteri, di opere dell'ingegno o di prodotti industriali ovvero senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a quattro milioni.

Occorre ricordare che per contraffazione o alterazione il legislatore intende condotte che ricadano su parti essenziali dei marchi, atte quindi a porre in essere una oggettiva confusione o distrazione della clientela.
L'art. 1 legge Marchi, sanziona lo specifico illecito concorrenziale che avviene qualora un imprenditore ponga sul mercato il rischio di confusione tra prodotti adottando un marchio confondibile con altro adoperato da un imprenditore concorrente per un prodotto affine.
Occorrerà dunque presentare un esposto all'autorità giudiziaria la quale posto che ravvisi la condotta individuata dall'art. 473 del codice penale, procederà d'ufficio ad imputare del reato di contraffazione il titolare del dominio concorrente.

Alle ipotesi di domain grabbing si riconduce anche la condotta illecita punita dall'art. 494 codice penale, recante il titolo "sostituzione di persona", che sanziona chiunque al fine di procurarsi un vantaggio o di danneggiare altri, induce in errore un terzo sostituendosi illegittimamente ad altra persona, attribuendosi un falso nome o un falso stato o una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici.
Ciò può evidentemente avvenire mediante la registrazione di un nome a dominio che riconduca il terzo ad altra persona, quindi ad altro imprenditore, ad altra azienda e ad altri prodotti.
Ed infine, ex art. 513 codice penale, è sanzionata la turbata libertà dell'industria o del commercio, che si consuma qualora taluno adoperi violenza sulla cose, ovvero utilizzi mezzi fraudolenti per impedire o turbare l'esercizio di un'industria o di un commercio, incorrendo nella reclusione fino a due anni.

Questa norma è capace di tutelare in via residuale tutte le situazioni di usurpazione di denominazione, marchi e segni distintivi non formalizzati. Infatti il mezzo fraudolento può sorgere dalla pubblicazione e diffusione di indicazioni che possano trarre in inganno utenti di servizi telematici relativamente ad affini aziende che commercializzino prodotti o servizi identici.

In conclusione, colui che sia titolare di un marchio registrato e notorio, ha il diritto esclusivo di servirsene in relazione all'attività d'impresa. Questo perché ogni impresa ha il diritto di presentarsi al pubblico mediante qualsiasi mezzo di comunicazione, non dovendo restarle preclusa la presentazione sull'web da una precedente scorretta appropriazione di un nome a dominio da parte di un terzo.
Giurisprudenza ritiene integrata la violazione del marchio anche qualora all'interno di un sito o dello stesso domain name venga utilizzato un rinomato marchio, anche se il sito opera in un settore merceologico differente, in quanto tale marchio rinomato è di per sé fonte certa dell'indebito vantaggio che ne scaturisce al titolare del sito (Trib. Vicenza 6 luglio 1998).

In conclusione, il quadro normativo di tutela dei segni distintivi nella rete appare ad oggi completo soprattutto in materia di nomi a dominio, sia dal punto di vista civilistico che penalistico, e particolarmente "collaudato" in ambito di tutela aziendale in considerazione della concorrenza sleale che facilmente può svilupparsi nella rete.

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