File sharing, lettera ai senatori

La redigono Altroconsumo e il Circolo dei Giuristi telematici per sensibilizzare i parlamentari su una questione chiave della quale devono decidere proprio in queste ore. Ma quale depenalizzazione?
22 marzo 2005
Punto Informatico

Roma - Riceviamo e volentieri pubblichiamo per intero, con note in calce, la lettera aperta che l'associazione dei consumatori Altroconsumo e il Circolo dei Giuristi Telematici hanno indirizzato ai senatori italiani.

OGGETTO: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 (S. 3276 B)

Egregio Senatore,
Altroconsumo, associazione indipendente di consumatori congiuntamente al Circolo dei Giuristi Telematici (1) Le scrivono in occasione del voto che il Senato sarà chiamato a pronunciare nei prossimi giorni sul d.l. in oggetto per la parte relativa agli artt. da 3-ter a 3-septies inerenti le pratiche di upload, download e condivisione in Internet di opere dell’ingegno protette da diritto d’autore.

Ebbene, tali norme, che intervengono a modificare, ancora una volta per decreto, la legge sul diritto d’autore non risolvono le storture importate nel nostro ordinamento dalla legge 21 maggio 2004, n. 128 (conversione del c.d. “decreto Urbani”) rispetto alle quali il Governo si era formalmente impegnato a rimediare con un ordine del giorno approvato al Senato. Anzi, se il testo venisse licenziato nella sua versione attuale ciò comporterebbe un ulteriore aggravamento dello stato di incertezza del diritto incombente in questo settore, con le ovvie conseguenze negative non solo sui consumatori ma anche sugli operatori del diritto.

Andiamo con ordine: attualmente il semplice downloader rischia esclusivamente sanzioni amministrative, in particolare quelle previste dall'art. 174-ter l.d.a. Chi, invece, condivide, anche senza una contropartita economica - il fatto come è noto viene ora punito anche a mero titolo di profitto – passa al penale in considerazione dell'apposita previsione dell'art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis) (2). Nella pratica, però, anche per motivi tecnici di funzionamento di alcuni client (la messa in condivisione automatica o di "default" di quanto scaricato), è spesso improbabile che un downloader non sia anche uploader.

Accantonato, a quanto sembra, il disegno di legge che doveva portare con sé le modifiche annunciate a suo tempo dal Governo, ovvero il ritorno alla sanzione penale per il solo upload compiuto a fini di lucro, ferme le sanzioni amministrative per i downloader, è nata una nuova inaspettata via: nell'ambito del disegno di legge in oggetto di conversione ampiamente "additiva" di un precedente decreto-legge (d.l. 7/2005) sono state, infatti, inserite disposizioni relative al file sharing, approvate alla Camera e ora di ritorno al Senato.

Il testo sul quale sarete chiamati ad esprimere il voto prevede che sia punito con una multa (che è una sanzione penale, malgrado le dichiarazioni di taluni parlamentari) da 51 a 2065 euro "chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma (...) mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta, o parte di esse" (3). È chiaro che la messa in condivisione mediante un client P2P cade perfettamente in questa ipotesi.

Inoltre, "chiunque commette la violazione di cui al primo comma, lettera a-bis) (quella appena sopra riportata) è ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima dell'emissione del decreto penale di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo della pena stabilita dal primo comma per il reato commesso, oltre le spese del procedimento. Il pagamento estingue il reato" (4).

Ora, come appare del tutto evidente, non siamo di fronte ad una "depenalizzazione di fatto" come continuano a sostenere autorevoli esponenti della Commissione Interministeriale per i contenuti digitali nell’era di Internet. Con il termine depenalizzazione, infatti, si intende il passaggio da sanzioni penali a sanzioni amministrative. Nel caso di specie, invece, se è pur vero che, per l'upload si abbandoneranno sanzioni di una certa gravità (peraltro di dubbia equità) chi condivide anche per mero profitto rischia, invece, la reclusione da uno a quattro anni nonché una multa che può arrivare anche a oltre 15.000 euro. Il penale, dunque, rimane e come (si tratta di un delitto, non di una contravvenzione che appartiene ad una categoria di illeciti dalle conseguenze più lievi). Dunque non c’è alcuna depenalizzazione e una eventuale condanna rimarrebbe sul certificato penale.

Viene poi introdotta una procedura di estinzione del reato, ma anche quest'ultima non può andare esente da critiche, almeno così come ideata. Si tratta, in buona sostanza, di un'oblazione, vale a dire di un mezzo, già previsto per altri reati, per estinguere il reato a fronte del pagamento di una determinata somma di danaro.

Tuttavia, la norma in esame fissa detta somma nella metà del massimo. In concreto, quindi, il "conto" potrebbe ammontare a 1032,5 euro ma, nella pratica, è ben difficile che si condivida una sola opera. È, al contrario, probabile che ci si trovi di fronte ad una certa quantità di materiale. È logico per tutti che, in questo caso, la pena dovrebbe essere più elevata. Il nostro codice penale, per temperare un calcolo che condurrebbe a cifre iperboliche (es.: 2065 euro x 100) prevede un sistema che, al massimo, comporta la triplicazione della pena. In sostanza, il giudice che dovesse trovarsi di fronte ad una ipotesi di condivisione di, ad esempio, 50 mp3 protetti da diritto d’autore, fisserebbe la somma in 3097,5 euro (5). Una cifra, dunque, che non tutti potrebbero essere disposti a (o in grado di) pagare anche se a fronte della garanzia delle fedina penale pulita. Ecco perché non si può parlare neppure di "depenalizzazione di fatto".

Infine, e questa sembra essere una cosa sfuggita a molti – ma che avrà conseguenze notevoli nell’applicazione pratica della legge nella denegata ipotesi che venga così approvata - il termine ultimo per accedere a questa scappatoia è duplice: prima dell'apertura del dibattimento o prima del decreto penale di condanna.
La prima opzione non è problematica, la seconda sì e molto. L'indagato, infatti, potrebbe non venire a conoscenza del procedimento contro di lui (salvo perquisizioni e/o sequestri), tanto meno dell'emissione (non della notifica) di un decreto penale. Altrimenti detto, rischierebbe di trovarsi notificato il decreto ovviamente già emesso. Dunque, con la svanita possibilità e la conseguenza di dover affrontare un processo dalla possibile condanna. In conclusione, sulla base delle considerazioni svolte, Vi chiediamo di stralciare gli artt. 3-ter e 3-quater (6). Occorre, infatti, che si discuta con maggiore pacatezza, nell’ambito di un disegno di legge ad hoc, non tanto di criminalizzare indistintamente attività che quasi sempre non dovrebbero essere soggette a sanzioni penali e, in alcuni casi, dovrebbero andare esenti anche da sanzioni amministrative, ma che sia prima di tutte individuata con precisione la linea di demarcazione tra il fenomeno della diffusione abusiva di contenuti attraverso Internet e il diritto alla copia privata in capo al consumatore.

Senza l’incombente urgenza posta dai tempi strettissimi di conversione di un decreto legge, si potrebbero anche affrontare seriamente le questioni ineludibili della creazione di un mercato legale della condivisione dei file audiovisivi in Rete, della necessaria revisione del sistema dell’equo compenso in compresenza di misure tecnologiche di protezione e della garanzia di interoperabilità tra piattaforme per la musica online e lettori digitali di ogni tipo. Perché questo si renda possibile il Governo dovrebbe tornare a fare l’arbitro super-partes cercando una soluzione per bilanciare nel migliore dei modi i diversi interessi di major, operatori di connessione e utenti nel nuovo quadro determinato dalla digitalizzazione dei contenuti e dalla banda larga: un primo segnale importante potrebbe essere proprio quello di archiviare ogni ipotesi di criminalizzazione indiscriminata.

Nella speranza che le nostre osservazioni siano tenute nella dovuta considerazione, rimaniamo a disposizione per ulteriori informazioni.

Con i migliori saluti,

Dott.sa Luisa Crisigiovanni
Responsabile Relazioni Esterne Istituzionali Altroconsumo

Avv. Giorgio Rognetta
Presidente Circolo dei Giuristi Telematici

Note al testo
1 - Altroconsumo, associazione di consumatori più rappresentativa del Paese, ha oltre 280.000 soci in tutta Italia ed è unico membro italiano del BEUC (Bureau Européen des Unions de Consommateurs). Il Circolo dei Giuristi Telematici, costituito nel maggio 1998 per favorire studi e iniziative aventi ad oggetto l'informatica e la telematica giuridiche, è la più antica associazione di giuristi nel web italiano e ha 250 soci. Si ringrazia l’Avv. Daniele Minotti per il contributo essenziale alla redazione di questo documento.

2 - La sostituzione del dolo specifico del "fine di lucro" con quello del "fine di trarne profitto" comporta un'accezione piú vasta, che non richiede necessariamente una finalità direttamente patrimoniale, ed amplia pertanto i confini della responsabilità dell'autore. Il "fine di trarne profitto” può, infatti, essere agevolmente considerato integrato anche dal risparmio del costo di acquisto. Tale modifica è stata introdotta per l’appunto nella conversione in legge del decreto Urbani.

3 - Questo il portato dell’art. 3 -ter in discussione al Senato.

4 - Questo il portato dell’art. 3 -quater in discussione al Senato.

5 - Infatti, se per 50 file il codice permette di infliggere una sanzione corrispondente, al massimo, a tre volte quella prevista per una singola violazione e se la norma in approvazione determina la somma per l'estinzione nella metà del massimo, il calcolo non può che essere questo: 2065 x 3 / 2 = 3097,5 euro.

6 - Gli artt. 3-quinquies e 3-septies andrebbero invece approvati. Il primo reintroduce, infatti, il dolo specifico del "fine di lucro" al posto del "fine di trarne profitto", mentre il secondo elimina l’equo compenso sui masterizzatori, sui software per masterizzatori, etc etc veri e propri ulteriori inaccettabili balzelli sulla copia privata, introdotti dalla legge 21 maggio 2004, n. 128.
Infine, del 3-sexies, appare apprezzabile il fatto che venga abrogato il cosiddetto "bollino virtuale".

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