Saint-Gobain, formato Italia Ecco chi fornisce i tubi di ghisa

Inaugurato a Roma un polo logistico, Pam, per rifornire di tubi la domanda di comuni e Ato del centrosud e delle isole
10 luglio 2007
Guglielmo Ragozzino
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Patrick Brechon è un altissimo dirigente di Saint-Gobain; in particolare è il consigliere delegato di Saint-Gobain Condotte, una filiale italiana del gruppo multinazionale. Giorni fa era a Roma per l'inaugurazione di Aquapam, «un grande centro unico che offre tutte le soluzioni per il ciclo idrico» come è scritto nel volantino pubblicitario di presentazione.
Gli abbiamo chiesto se fosse al corrente di una notevole raccolta di firme «almeno trecentomila» contro la privatizzazione dell'acqua. Ci ha risposto con un No deciso. Poi ha delineato la sua opinione riguardo ai problemi dell'acqua in Italia. Il sistema italiano perde acqua, chiunque lo gestisca. Occorre ripararlo e metterlo in condizione di non sprecare la risorsa preziosa; e d'altro canto serve impedire che le acque «usate» in agricoltura e in città si mescolino con quelle potabili, ancora da usare.
In effetti, sia il pubblico a gestire gli acquedotti, oppure siano i privati, o ancora sia una forma mista, occorre evitare che l'acqua si sprechi. Il ragionamento fila. Saint-Gobain con la sua divisione canalizzazioni Pont à Mousson, nota con la sigla Pam, ha aperto il 5 luglio uno «polo logistico» romano per distribuire nel Mezzogiorno d'Italia e nelle isole i prodotti del suo repertorio: tubi in ghisa, primatisti in tenuta e duttilità, raccordi di ogni forma e dimensione, valvolame e ogni altra apparecchiatura per la «regolazione e la protezione delle reti idriche».
Alla presentazione vi erano esperti e amministratori di comuni, Ato (ambito territoriale ottimale), consorzi idrici, società importanti come Acea o Acquedotto pugliese. I direttori francesi e fritaliani, uno dopo l'altro, magnificavano il passato, il futuro, le capacità attuali della loro ghisa, della loro visione del mondo: una visione di capitale globalizzato, se mai ce ne fu una.
Il racconto cominciava dagli specchi di Versailles, voluti dal Re sole e costruiti da specialisti importati da Venezia. Ma dopo questo omaggio alla bellezza e all'aristocrazia artigiana, e dopo un accenno alla fondazione di una società privata nel paese di Saint-Gobain si saltava alla nascita separata di Pont à Mousson, fabbrica di tubi di ghisa per il trasporto di acqua. Fino al 1970 le due entità crescono separate, finché nel 1970 si fondano. Niente viene ricordato sui motivi della fusione, che invece sono importanti. La fine del decennio vedeva in Francia (come del resto in Italia) una corsa alle concentrazioni capitalistiche e alla nascita di imprese di maggiori dimensioni e con attività diversificate.
Lo strumento di allora in Francia era spesso l'Opa (offerta pubblica di acquisto). La più famosa Opa fu quella ostile di Bsn, concorrente vetraio di Saint-Gobain, contro quest'ultima società. Ne seguì una terribile battaglia di borsa che vide una straordinaria coalizione di capitalisti di sangue blu, tradizionalmente attivi in Saint-Gobain, a partire dal presidente, il conte Arnaud de Vogüé e naturalmente nel sistema bancario. Contro il capitale emergente rappresentato da Antoine Riboud che dopo la sconfitta si sarebbe rifatto, fondendo i suoi contenitori di vetro con gli yogurt Danone. L'Opa fu combattuta nei primi mesi del 1969 e non passò; ma per sicurezza Saint-Gobain si fuse con un'altra società, Pam, nell'intento di rendersi non più scalabile.
Allora, in quegli anni lontani, Saint-Gobain Italia aveva ancora l'attività principale nei grandi stabilimenti di Pisa, dedicati al vetro. Ora in Italia il gruppo ha 40 società con 5 mila addetti, perlopiù in settori attinenti all'edilizia. Nel mondo, gli addetti superano i duecentomila, con migliaia di imprese, per un fatturato di 42 miliardi di euro. La società, francese, è quotata in molte borse. Il principale azionista è il fondo dei dipendenti.

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