Beni comuni Noi e il mondo, gli obiettivi sull'acqua. Quarta puntata

Oro bianco, la fonte del potere

Bisogna sottrarre il potere sulla vita al capitale privato, partendo dal governo dell'acqua come bene comune pubblico. Perché negli ultimi trenta anni il capitale privato si è impadronito del governo di questa risorsa assolutamente primaria un po' dappertutto nel mondo. A partire dalla fine degli anni '70, approfittando delle politiche dette di aggiustamento strutturale imposte dal Fmi e dalla Banca Mondiale ai paesi «in via di sviluppo», fino alla presenza delle grandi aziende private nel sistema idrico i
3 settembre 2006
Riccardo Petrella
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Negli ultimi trenta anni, il capitale privato si è impadronito del governo dell'acqua un po' dappertutto attraverso il mondo. A brevi schizzi, eccone le tappe principali.
A partire dalla fine degli anni '70, ha approfittato delle politiche dette di aggiustamento strutturale imposte dal FMI e dalla Banca Mondiale ai paesi "in via di sviluppo" bisognosi di ingenti risorse finanziarie per i loro investimenti in infrastrutture. L'aggiustamento strutturale implicava, per la concessione dei prestiti, la condizione dell'apertura dei mercati dei paesi beneficiari alla concorrenza via gare di appalto internazionali. Le imprese idriche francesi - fortemente spalleggiate dallo Stato francese - cosi come quelle statunitensi, inglesi, svizzere, tedesche, sono riuscite ad accaparrarsi della stragrande maggioranza dei lavori di costruzione di dighe, acquedotti, serbatoi, pozzi e dei servizi di gestione corrispondenti. Alla fine (1991) del Decennio Internazionale dell'Acqua promosso dalle Nazioni Unite (1981-1991), le imprese private del mondo occidentale sono emerse come i soggetti più diffusi ed influenti in materia di utilizzo delle risorse idriche dei paesi d'Africa, dell'America latina e di parte dell'Asia.

Le tappe dell'aggressione
1992, Dublino, Conferenza internazionale dell'Onu in preparazione del primo Vertice Mondiale sull'Ambiente a Rio di Janeiro: per la prima volta il capitale privato riesce a fare accettare dai poteri pubblici il principio che l'acqua deve essere considerata come «bene economico», e non più principalmente come un «bene sociale», e quindi sottomessa alle regole del mercato.
1993: confermando il principio di Dublino, la Banca Mondiale pubblica il manuale di testo, ad uso degli Stati beneficiari degli «aiuti» dei paesi occidentali, su cosa debba essere una politica integrata delle risorse idriche e come gestirla a livello nazionale. La Banca riconosce esplicitamente di essersi ispirata ai principi promossi dalla «scuola francese dell'acqua», cioè dalle grandi imprese multinazionali idriche francesi.
1994: approvazione in Italia della legge sull'acqua (la legge Galli) la quale riprende largamente i principi francesi e della Banca Mondiale.
1995: il capitale privato riesce a far inserire i servizi idrici nelle discussioni sulle trattative sui servizi nel quadro del Gats (Accordo Generale sul Commercio dei Servizi) proposto nell'ambito del Wto. Fra i più convinti ed accaniti sostenitori dell'inclusione figura l'Unione Europea. Su pressione del fortissimo lobby delle imprese idriche europee (9 sulle 10 principali imprese idriche al mondo sono europee, cioè francesi, inglesi e tedesche), l'Unione europea ha in questi anni mantenuto, fino al recente fallimento dei negoziati di Doha, la richiesta di liberalizzazione dei servizi idrici indirizzata a 102 paesi del mondo di cui 72 fra i più poveri.
1996: le imprese private creano il Consiglio Mondiale dell'Acqua con il sostegno entusiasta della Banca Mondiale, di molte organizzazioni specializzate dell'Onu e di governi quali quello francese, canadese, svedese, giapponese, egiziano. olandese, marocchino. In questo contesto lanciano nel 1997 il primo Forum Mondiale dell'Acqua a scadenza triennale. In 10 anni sono riuscite a far credere anche a molti dirigenti politici ed ai media del mondo che il Consiglio Mondiale dell'Acqua rappresenta un'iniziativa internazionale pubblica legata alle Nazioni Unite. Il che è falso. In realtà essa è un' organizzazione privata di diritto francese con sede a Marsiglia, presieduta dal presidente di una filiale congiunta delle due principali imprese idriche mondiali (le francesi Ondeo e Veolia). Non solo, ma grazie al successo delle varie edizioni del Forum Mondiale dell'Acqua, sono pervenute a diffondere e fare accettare come cultura mondiale dell'acqua oggi dominante i loro principi, cioè: l'acqua deve essere trattata come un bene economico il cui prezzo deve coprire i costi totali ivi inclusi il profitto e la remunerazione del rischio; la gestione privata dei servizi è più efficiente, efficace ed economica di quella pubblica; i servizi idrici devono essere liberalizzati; il capitale privato deve essere il principale finanziatore dei costi di gestione dei servizi, nel mentre gli investimenti nelle infrastrutture devono seguire il Ppp (partenariato pubblico-privato, di cui il Project Financing dovrebbe essere lo strumento privilegiato).
2000: la banca svizzera privata Pictet, lancia il primo Fondo internazionale d'investimento sull'acqua. Oggi il Fondo Pictet vale 3,9 miliardi di dollari. Altri fondi sono stati creati nel frattempo Secondo il Bloomberg World Water Index pubblicato fine maggio 2006, il livello dei profitti degli investimenti nelle imprese idriche negli ultimi tre anni è stato superiore a quello nelle imprese petrolifere e meccaniche.
2005, ottobre: su iniziativa ancora una volta delle imprese francesi, nasce AquaFed, la federazione internazionale delle imprese idriche private, il cui scopo esplicito è di operare a tutti i livelli nazionali ed internazionali per la difesa e la promozione degli interessi delle imprese associate (più di 200, fra le quali l'italiana Acque Toscane).
Il capitale privato è sempre più corposamente presente nel settore idrico italiano, ivi compreso il servizio idrico integrato. Al maggio del 2006, più della metà delle Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale (Ato) hanno assegnato il servizio ad imprese aperte al capitale privato fino al 49%., a seguito di una gara pubblica internazionale. Il capitale privato non è costituito solo da banche ma anche da grandi imprese di costruzioni come Caltagirone, Impregilo...Importante é anche la presenza di imprese idriche francesi, tedesche, inglesi e di fondi d'investimento europei e nordamericani. L'internazionalizzazione finanziaria del settore idrico ha cessato di essere uno spauracchio annunciato dagli oppositori alla globalizzazione attuale. Che fare, a partire dal piccolo segno di speranza dato dal governo Prodi con l'esclusione del settore idrico dai decreti Bersani e Lanzillotta?

Che cosa vuol dire «gestione pubblica»Due cose, rapidamente e a breve termine. La prima consiste nel precisare cosa si deve intendere per gestione pubblica dei servizi idrici. Se con essa il governo Prodi intende anche una gestione assicurata da un'impresa SpA con capitale misto pubblico e privato, operante in zone al di fuori della propria area di origine e titolata ad acquistare partecipazioni di capitale in altre imprese idriche vuoi in altri settori in Italia ed altrove nel mondo, questo significa che l'esclusione dei servizi idrici dalle liberalizzazioni è, come minimo, una presa in giro dei cittadini. Nel caso citato, l'impresa non è pubblica, per cui tocca al governo di precisare come conta, rapidamente, mettere a norma dell'impegno preso nel Progamma dell'Unione, e confermato in occasione dei decreti Bersani e Lanzillotta, le imprese non pubbliche di gestione dei servizi idrici che non solo sono numerose ma anche importanti (vedi Hera, Acea...)
Per quanto riguarda il caso di un'impresa SpA a capitale interamente pubblico e vincolata ad agire unicamente nel settore del servizio idrico integrato e sul territorio del suo Ato, si tratta di una situazione anomala (cosa c'entra in queste condizioni una SpA?) da considerare provvisoria e da trasformare in un'azienda pubblica /ente economico pubblico ( a statuto regionale; speciale....) con una nuova legge quadro nazionale e nuove leggi regionali conformi alla legge quadro.
Il caso in esame permette anche di illustrare l'utilità della costituzione immediata del Segretariato di Coordinamento Nazionale dei Beni Comuni .Il Segretariato dovrebbe elaborare una proposta precisa in materia, a seguito di uno spedito tavolo di lavoro nazionale.
La seconda cosa da fare è l'adozione di una nuova legge quadro nazionale sull'acqua. Alcuni percorsi possibili per realizzare tale obiettivo sono già stati aperti: Mi riferisco all'iniziativa in corso del Forum Italiano dell'Acqua per una proposta di legge di iniziativa popolare sull'acqua. Penso anche all'intenzione espressa dall'associazione «AcquaPubblica» di lavorare su una proposta di legge che tenga conto delle esperienze e delle prospettive delle imprese pubbliche di gestione dell'acqua potabile e delle AATO che hanno optato per un governo pubblico dell'acqua. Infine, riferimento va fatto alle intenzioni del Ministro dell'Ambiente di lavorare su un progetto di legge sulla tutela delle acque in Italia alla luce anche delle direttive europee. E'evidente che la saggezza vuole che queste iniziative trovino il più presto possibile l'alveo idoneo per un percorso in comune.

Allora ecco che fare. SubitoCome precisato, si tratta di cose urgenti da fare. Esse non possono essere eluse e/o procrastinate anche perché da esse dipende il resto, cioé:
a) il riconoscimento effettivo come diritto umano - universale, indivisibile ed imprescrittibile - dell'accesso all'acqua potabile nella quantità e qualità considerate necessarie ed indispensabili per la vita da parte dell'Organizzazione Mondiale della Salute. L'Oms fa riferimento a 50 litri al giorno per persona. I governi svizzeri e tedeschi hanno tentato nel passato di prendere un'iniziativa in questo senso, A mio parere, il governo Prodi potrebbe riprendere la proposta fatta dal Parlamento europeo nel marzo 2006 di riconoscere il diritto umano all'acqua. L'approvazione a scadenza ravvicinata della nuova legge sull'acqua e, entro il 2008, della legge quadro sui beni comuni, come prima indicato, darebbe forte legittimità e credibilità all'iniziativa italiana;
b) l'adozione del principio che i costi relativi all'accesso all'acqua potabile come diritto umano debbono essere presi a carico della fiscalità generale e specifica. L'adozione di tariffe speciali per certe fasce disavvantaggiate della popolazione deve essere considerata una soluzione parziale e provvisoria;
c) il governo pubblico dell'acqua significa il governo di tutte le acque. Si tratta cioè di mettere fine alla persistente separazione e frammentazione, in termini di assetti legislativi, regolamenti, istituzioni responsabili, soggetti gestori, sistemi di finanziamento, organi di controllo e di valutazione, coinvolgimento dei cittadini (se praticato). Non propongo, evidentemente, di eliminare le diversità tra gli usi idropotabili (incluse le acque minerali in bottiglia), usi irrigui, usi energetici, usi industriali ed altri usi vari (esempio delle acque termali, usi turistici..) e, quindi, le differenze intrinseche a livello delle funzioni, dei ruoli, delle condizioni locali. Si tratta di pervenire, su basi precise e rigorose, ad un governo pubblico integrato delle acque e delle differenti attività corrispondenti secondo principi ed obiettivi comuni e coerenti.
d) nel contesto delineato sotto c) dare la priorità ad una politica di risparmio, di uso sostenibile e di riuso delle acque, mirando a promuovere una cultura della gestione delle acque centrata sulla manutenzione e l'ammodernamento permanente graduale, anziché continuare sulla via delle grandi opere idriche, dei grandi sistemi idrici e, quindi, dei grandi investimenti che hanno largamente dimostrato finora di essere soprattutto fonte inevitabile di sprechi, di ritardi, di corruzione, di inefficienze dovute al gigantismo dei sistemi, di trasferimento di potere alle imprese costruttrici ed al capitale privato
e) la valorizzazione efficace a medio e lungo termine, in una prospettiva nazionale ed europea, a livello italiano, della tenuta degli Stati Generali delle Acque delle Regioni Meridionali (fine settembre/inizio ottobre 2006) e degli Stati Generali delle Acque delle Regioni del Po (primavera 2007)

La sete dei continenti da noi depredatif) infine, last but not least, concretizzare nella nuova politica della Cooperazione in fase di approvazione e di messa in opera, i principi di solidarietà e di pace ponendo fra le 3-4 priorità dell'Italia il contributo alla soluzione della drammaticità dell'acqua per le popolazioni africane, asiatiche e dell'America del Sud. E' certamente un fatto positivo che tutte le forze dell'Unione, e del Polo, abbiano aderito rapidamente e massicciamente alla presenza di truppe italiane nel Libano Mi domando, tuttavia, perché queste stesse forze non hanno finora messo, né danno l'impressione di volerlo fare, altrettanto entusiasmo ed energia in favore di un'iniziativa italiana per l'accesso all'acqua di milioni di Africani? Propongo che la prossima finanziaria, nel confermare le risorse finanziarie per i militari italiani in Libano, decida di allocare una somma addizionale pari al quarto di quanto destinato all'intervento nel Libano, per l'azione che chiamerei «Un Acquedotto per l'Africa...» E' mai possibile che una rapp-star americana Jat-Z rischia, in questo campo, di far meglio del governo italiano di centro-sinistra? In effetti Jay-Z ha annunciato che il tour di concerti in Africa che inizierà il 9 settembre prossimo si chiamerà « The Diary of Jay-Z Water for Life» e destinerà una buona parte dei milioni di dollari di profitto attesi al finanziamento di 1000 centri di pompaggio d'acqua.
Partendo dall'acqua, è il governo del diritto alla vita ed alla salute di tutti i cittadini e del patrimonio eco-ambientale del Paese, nell'interesse anche delle generazioni future, che è in causa. Partendo dall'acqua, è altresì il governo giusto ed efficace del denaro della collettività e del funzionamento partecipato delle istituzioni rappresentative e dirette che è in gioco. Partendo dall'acqua è il governo dei processi culturali di visione e percezione del valore della vita e della correlata dimensione della sua sacralità, nelle espressioni le più emblematiche come quella dell'acqua, che si comincia a costruire.
In breve, partendo dall'acqua - e dalla conoscenza - bene comune pubblico, un'altra Italia è possibile.

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