Legge Marziale in Nepal
Durante i 40 minuti di discorso alla nazione, ha accusato i partiti politici di aver distrutto le infrastrutture del paese, e di essere stati incapaci di rispettare gi impegni presi con il popolo nepalese, nonostante avessero avuto occasioni adeguate di risolvere i conflitti interni con gli insorti Maoisti. Richiamando la gloriosa storia della dinastia Shah, Gyanendra ha sottolineato i duraturi rapporti di fiducia tra monarca e sudditi e si è impegnato a reintrodurre la democrazia multipartitica entro tre anni.
Alla chiusura del discorso, intorno alle 10.40, tutte le linee telefoniche fisse e mobili sono state interrotte, e le connessioni Internet non satellitari interrotte fino alla fine della giornata. A mezzogiorno la vallata di Kathmandu era sostanzialmente isolata da tutto il resto del Nepal e del mondo esterno: l'aereoporto internazionale di Tribhuvan è stato chiuso, tutti i voli in arrivo dirottati altrove, e le principali arterie stradali in uscita dalla valle sono state bloccate dalle forze di sicurezza.
Nonostante tali misure estreme, la città era calma, con la maggior parte dei negozi aperti fino alla fine della giornata. Le voci su un eventuale coprifuoco, che hanno spinto gli scolari a correre a casa a metà pomeriggio, si sono rivelate infondate. Truppe in tenuta antisommossa sono state dispiegate nelle strade della capitale, per contrastare le inevitabili, per quanto contenute, proteste contro l'iniziativa del re.
Molti nepalesi si sono dichiarati favorevoli alla presa di controllo del re, che considerano l'unica via di uscita dalla stallo politico che ha bloccato il paese negli ultimi mesi. Secondo loro, la mossa di Gyanendra è stato un rischio coraggioso, che porterà ad un sostanziale miglioramneto della reputazione del monarca o alla sua definitiva distruzione. Ma ci sono anche molte voci scettiche, che temono un ritorno alla situazione dell'era dei Panchayat e la conseguente perdita dei diritti faticosamente guadagnati nei quattordici anni del processo di democratizzazione.
Martedì sera non c'era ancora segno di ritorno delle comunicazioni, e la gente cercava di raccogliere le informazioni disponibili da colleghi, vicini ed amici. Discutendo con giornalisti ed accademici nepalesi, diplomatici stranieri di stanza a Kathmandu, gruppi di monitoraggio del conflitto e dei media abbiamo scoperto che i leader dei maggiori partiti politici, sindacati ed organizzazioni studentesche sono stati messi agli arresti domiciliari o portati in uno dei sei centri di detenzione della valle. Capitani e maggiori dell'Esercito Reale del Nepal sono stati inviati nelle redazioni di tutti i quotidiani nazionali per censurare le edizioni della mattina prima della chiusura.
Mercoledì la maggior parte delle delegazioni straniere a Kathmandu (tra cui quelle di ONU, Stati Uniti, Gran Bretagna e Consiglio Europeo) hanno rilasciato dichiarazioni, esprimendo vari gradi di preoccupazione per l'iniziativa del re. Il primo ministro indiano Manmohan Singh ha affermato che non prenderà parte al summit del SAARC in programma la settimana prossima in Bangladesh in segno di protesta contro il "terremoto politico" nella regione. Solo la Cina sembra aver accettato la presa di potere del re senza critiche, esprimendo la scelta di non dare giudizi sulla situazione interna nepalese. Prachanda, Segretario del Partito Comunista Nepalese (Maoista) ha rilasciato un'appassionata dichiarazione condannando l'iniziativa del monarca ed invitando le "forze popolari" del paese ad unirsi ai maoisti per abbattere la monarchia ed instaurare una vera democrazia e ribadendo l'invito ad uno sciopero di tre giorni che aveva preceduto le dichiarazioni del re.
A giudicare dal traffico nelle strade Giovedì mattina la chiamata dei Maoisti non è stata raccolta, cosa che secondo alcuni dimostrerebbe l'influenza di re Gyanendra sulla popolazione e la sua morsa di ferro sul capitale nazionale. Fuori da Kathmandu invece sembra che lo sciopero sia stato osservato. Sono cominciati ad arrivare resoconti dal resto del paese, grazie a spostamenti su veicoli privati o temporanei funzionamenti dei sistemi di comunicazione (riaccensioni per intervalli di due ore ogni sera delle linee telefoniche terrestri).
Specifici eventi riportati da fonti attendibili includono una manifestazione di studenti al Campus di Prithvi Narayan a Pokhara su cui i miitari avrebbero sparato dagli elicotteri provocando diversi feriti e forse anche morti; il blocco di tutte le trasmissioni radio FM fuori da Kathmandu e l'obbligo per quelle della città di trasmettere solo programmi di intrattenimento; il divieto di trasmettere in lingua nepalese per la stazione della BBC recentemente installata nel paese; la chiusura dei punti di distribuzione dei giornali fuori dalla valle; un blocco di 72 ore dei pullman di servizio pubblico a lunga distanza da e per Kathmandu.
Mentre scriviamo (venerdì 4 febbraio), le reti di comunicazione restano inattive. Giornalisti e attivisti per i diritti umani temono di essere i prossimi obiettivi degli arresti ora che i leader politici sono già detenuti. Resta da vedere quanto si estenderà questa rete di incarcerazioni, anche se tra chi in passato ha espresso qualsiasi tipo di critica verso lo stato si sente privo di potere e incertezza per il futuro.
Tradotto do Chiara Rancati per www.peacelink.it
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