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Sudan: nuove violenze a sud: la pace è ancora lontana

Nonostante sia stata oscurata dall'apocalisse del Darfur, la ventennale guerra civile tra governo e ribelli meridionali del Sudan People's Liberation Army (SPLA) è ripresa in forze su almeno due fronti distinti, a dispetto dei colloqui di pace in corso in Kenya. Secondo operatori umanitari dipendenti dalle Nazioni Unite, dalla prima metà di maggio sono in corso violenti combattimenti tra le due controparti nella regione di Shilluk, situata nello Stato dell'Upper Nile (Sud Sudan).
23 aprile 2004
Daniele Bertulu
Fonte: war news

Gli scontri hanno provocato la fuga di oltre 50.000 civili dalle proprie case (70.000 a detta dell'InterGovernmental Authority for Developement); sono stati segnalati anche stupri di massa commessi dai miliziani non identificati, rapine ed incendi di villaggi, scuole e ospedali.

L'ONU, che ha sospeso le operazioni a causa della forte insicurezza in cui versa l'area, fa sapere che almeno 13.000 profughi hanno trovato rifugio nella città di Malakal, controllata da una guarnigione del governo di Khartoum; tuttavia, "è estremamente difficile reperire notizie precise dal punto di vista umanitario".

Altrettanto arduo è stabilire quali effettivamente siano le fazioni che si stanno fronteggiando in queste settimane: Ben Parker, portavoce delle Nazoni Unite, parla di "scontri tra i guerriglieri dell'SPLA ed un gruppo armato filogovernativo ad essi opposto", anche se non è chiaro chi abbia aperto le ostilità.

Guerriglieri del SPLA (Foto: BBC)

Fonti dei ribelli espongonono la stessa tesi all'agenzia AP, aggiungendo che il fronte del SPLA "combatte unitamente al SPLM-United, in quanto figlie e sorelle della stessa terra"; il SPLM-United, guidato dal comandante Lam Akol, è un gruppo guerrigliero collaterale in precedenza scissosi dal più noto SPLA, e recentemente tornato sotto la sua egida.

L'amministrazione sudanese, a nome di un suo ambasciatore in Kenya, smentisce le suddette versioni ed afferma che le violenze sono "frutto di un conflitto interno" tra SPLA e SPLM-United, relativo ad un ritiro da Shilluk: questa operazione dovrebbe consentire l'ingresso delle truppe regolari, come previsto dalle trattative in Kenya.

Una ulteriore minaccia alla sicurezza della regione è rappresentata dalla possibilità di scontri tra SPLA e guerriglieri ugandesi dell'Esercito di Resistenza del Signore (LRA) del fanatico Joseph Kony, che controllano numerose basi nel sud Sudan.

Torna la guerra anche sulle montagne Nuba

Anche le montagne Nuba (Sudan centro-meridionale) non sono esenti da questa nuova fiammata di violenza.

La Deutsche Press Agentur riporta le denunce della Joint Military Commission/Joint Monitoring Mission, un programma internazionale istituito dall'ONU al fine di verificare la tenuta del cessate-il-fuoco tra governo e ribelli.

"L'esercito regolare ha violato la tregua almeno 10 volte a partire dalla metà dello scorso gennaio", affermano i suoi funzionari, precisando di essere stati costretti in questi ultimi giorni ad abbandonare la regione di Dilling; non è chiaro se questa decisione sia stata intrapresa in segno di protesta, o a causa del rischio determinato da nuovi combattimenti.

Le montagne Nuba, al centro di una accesa disputa sul controllo da parte di Khartoum e SPLA, sono state letteralmente devastate da massacri e bombardamenti nel corso di 21 anni di conflitto civile; fra l'altro, le tribù locali hanno espressamente richiesto di poter godere di una propria autodeterminazione socioculturale, ma la concessione di questo diritto da parte di governo e ribelli sembra ancora estremamente lontana.

Trattative in Kenya ancora bloccate

I difficili negoziati di pace di Neivasha, che si protraggono da quasi due anni, attraversano un ennesimo momento di stallo, nonostante il presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir si ostini a definire "imminente" la firma di un accordo definitivo che conferisca una larga autonomia al sud del Paese.

Una volta superato l'ostacolo dello sfruttamento del petrolio e delle tre regioni centrali contese tra governo e ribelli (Abyei, Kordofan e le montagne Nuba), sembrava che la pace fosse ormai alle porte; al contrario, secondo l'ONU, sono emerse nuove discordanze circa la suddivisione dei poteri e delle risorse naturali, e l'applicazione della Sharia (la legge islamica) nella capitale; quest'ultimo punto è osteggiato dai guerriglieri (cristiano-animisti), che richiedono che Khartoum venga secolarizzata.

I nuovi scontri e la questione dell'LRA potrebbero offrire al governo o ai ribelli il pretesto per abbandonare i colloqui e riprendere le offensive su vasta scala; per tentare di evitare che ciò accada, gli USA hanno ulteriormente aumentato le pressioni sulle due parti, minacciando "sanzioni" in caso di fallimento negoziale; intanto, 1,5 milioni di Euro sono stati devoluti dalla Commissione Europea come sostegno alle trattative.

Daniele Bertulu

Note: http://www.warnews.it/index.php/content/view/646/29/

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Venuto meno il fabbisogno di grandi quantità di , gli azeri avrebbero perso interesse, decidendo di spostare gli investimenti previsti su altri importanti asset italiani. Con il primo bando di gara per la vendita dell'ex Ilva, quello lanciato a luglio 2024, la proposta degli azeri era stata giudicata la migliore fra quelle tre pervenute per l'intero gruppo. Le altre due erano quelle di e . rainews.it/tgr/puglia/articoli

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CALL4INNOVIT 2025: CANDIDATURE APERTE FINO AL 1° OTTOBRE PER LE PMI DEL CLEAN TECH, AGRIFOOD TECH E BLUE ECONOMY

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Ex Ilva, sfida a due ma solo con "massime garanzie dello Stato". Chi resta in corsa per l'acciaieria di - Affaritaliani.it

Oltre a , resta in corsa anche il fondo statunitense Industries. Si va quindi verso una sfida a due per l'intero pacchetto, con gli azeri di Steel ormai fuori dai giochi.

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, i tre diversi no di --

In ordine sparso, con 5 mozioni diverse, ma con alcuni punti di convergenza: così si presentano le opposizioni oggi alla , per il dibattito sull’aumento delle deciso a giugno nel vertice Nato.
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Nella notte tra il 9 e il 10 settembre, alcuni droni russi hanno violato lo spazio aereo polacco, spingendo Varsavia a invocare l’articolo 4 del Trattato Nord Atlantico. Questo meccanismo prevede la consultazione immediata tra i Paesi membri ogni volta che uno Stato ritenga minacciata la propria sicurezza o integrità territoriale. Diverso dall’articolo 5, che obbliga alla difesa collettiva, l’articolo 4 non implica interventi militari automatici
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