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l'opinione

Iraq, la protezione affidata a mercenari

10 aprile 2007
Gigi Malabarba (Associazione Sinistra Critica)
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Martedì 3 aprile scorso è stato definitivamente approvato al Senato il decreto che rifinanzia le missioni militari italiane all'estero e tutta l'attenzione si è giustamente concentrata sull'Afghanistan. Non torno sul disastro di quel voto di guerra, che segna una svolta anche per la sinistra pacifista, ormai allineata alle decisioni della Nato, persino sulle trattative per gli ostaggi.
Ma l'assoluto distratto silenzio sull'Iraq non è perdonabile, rotto da un interrogazione al ministro D'Alema del senatore di Sinistra critica, Franco Turigliatto, e da analogo atto della deputata del Prc, Elettra Deiana, su un dato inquietante: l'uso di «milizie private» a protezione dei civili italiani.
Andate a vedere su Internet che cos'è l'agenzia britannica Aegis Defence Services e scoprirete che si tratta di un esercito privato - mercenario è il termine giuridico corretto - con sede a Londra e attività in sei paesi: Stati Uniti, Bahrein, Kenya, Nepal, Afghanistan e Iraq.
Il fondatore dell'agenzia, Tim Spicer, ha una carriera di capo di tagliagole per violazione sistematica dei diritti umani in Nuova Guinea e Irlanda del Nord. Il Ministero della Difesa Usa ha stipulato nel 2004 un contratto biennale con questo signore, rinnovato nel 2006, di ben 293 milioni di dollari per svolgere generali funzioni di sicurezza.
I contractors legati ad agenzie britanniche in Iraq sono circa 30 mila, su un totale che supera i 100 mila uomini armati e non dispongono di regole d'ingaggio definite. Non sono formalmente «combattenti», ma neanche «non combattenti», essendo stati massicciamente impiegati in azioni di rastrellamento e rappresaglia persino nella capitale Bagdad. Sicuramente hanno affiancato i militari americani negli episodi di tortura nel carcere di Abu Ghraib.
A novembre le truppe italiane si sono ritirate dall'Iraq, decisione encomiabile del nuovo governo. Sono restati i tecnici «impegnati nella ricostruzione». Che abbiano a che fare in realtà da un lato con gli interessi dell'Eni e dall'altro con i Prt sotto comando Usa, ossia che facciano parte tuttora dell'occupazione del paese che a parole abbiamo abbandonato, lasciamo stare (si fa per dire...). Ovviamente i tecnici devono essere protetti.
«Al fine di garantire l'incolumità dei civili presenti a Nassiriya» il ministero della Difesa italiano, nel decreto di rifinanziamento delle missioni all'estero, ha stanziato 3.498.000 euro per stipulare un contratto con un'agenzia di sicurezza presente in Iraq: l'Aegis. Altro segno di spostamento a sinistra della politica estera italiana?
La comunità irlandese negli Stati Uniti, capeggiata dal reverendo McManus, protestò vivacemente con Donald Rumsfeld per la scelta sciagurata di impiegare siffatti personaggi, secondo quanto riferisce il Washington Post. Alcuni esponenti della sinistra nel parlamento italiano, credo con buona dose di ignoranza, si sono spinti a dire che in Iraq è meglio un mercenario di un carabiniere. Quando il governismo a tutti i costi travolge ogni principio...
Forse tecnici italiani non servono in Iraq, ma, se vanno protetti, l'esternalizzazione in mano ai tagliagole mi sembra una pessima scelta. Speriamo che l'apprezzato ministro D'Alema possa smentire questo sospetto che, da solo, vanificherebbe la decisione del ritiro delle truppe.

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Qualche volta è accaduto che un granello di sabbia sollevato dal vento abbia fermato una macchina. Anche se ci fosse un miliardesimo di miliardesimo di probabilità che il granello, sollevato dal vento, vada a finire nel più delicato degli ingranaggi per arrestarne il movimento, la macchina che stiamo costruendo è troppo mostruosa perché non valga la pena di sfidare il destino.

Norberto Bobbio

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