Conflitti

Afghanistan

Il mediatore è in cella a Kabul

30 marzo 2007
Enrico Piovesana (Peacereporter)
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Ieri mattina Lashkargah si è svegliata sotto assedio. La polizia afgana, armata fino ai denti, bloccava tutte le strade: vietato circolare in tutta la città. In cielo volavano bassi gli elicotteri da combattimento «Apache» e i grandi quelli da trasporto «Chinook», a doppia elica, facevano avanti e indietro dalla base Nato britannica, sfiorando le cime degli alberi. Tutto questo, a causa della visita a sorpresa del presidente afgano Hamid Karzai.
Una visita sgradita. La gente è irritata, nessuno può muoversi, andare a lavorare, andare al bazar. «Karzai è arrivato per dimostrare che il governo centrale esercita la sua autorità fin qui», dice Noor Agha. «Ma guardate: viene lui e la gente deve sparire, la città si deve svuotare! Quando il potere ha paura del popolo, quel potere non esiste».
Ma in cielo non volano solo elicotteri per pattugliare le strade. Più in alto, appena visibili, i jet militari statunitensi e britannici rombano tra le nuvole senza sosta. «Vanno a bombardare», dice Asadullah, dipendente locale di Emergency. «Sulle montagne di Sangin, Musa Qala, Naw Zad: da quelle parti le bombe cadono ogni giorno».
Rahmat è a Kabul. Dopo il nervosismo e la tensione di questa mattinata, verso l'ora di pranzo è giunta da Kabul la conferma della notizia che circolava qui a Lashkargah fin da ieri: Rahmatullah Hanefi è stato trasferito da qui a Kabul.
Il manager dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, prelevato dai servizi segreti afgani lo scorso 20 marzo e da allora sparito nel limbo del National Security Department, è stato trasportato ieri pomeriggio da qui alla capitale a bordo di un convoglio di mezzi dell'Nsd. In questo momento si trova detenuto all'interno dell'Investigation Department, una delle tre prigioni governative di Kabul, al cui interno si trova un ambulatorio gestito da Emergency. Allo staff dell'organizzazione, però, non è stato consentito di vedere Rahmat.
L'ambasciatore Ettore Sequi vuole vederlo. A Kabul si lavora febbrilmente per far sì che Rahmat possa ricevere in carcere una visita ufficiale del diplomatico italiano in Afghanistan, insieme a un rappresentante dello staff di Emergency. Un incontro che l'organizzazione richiede a gran voce da dieci giorni, e che è fortemente voluto dallo stesso ambasciatore: «Speriamo di riuscire a fargli visita nelle prossime ore», ha dichiarato Sequi, contattato per telefono. «Vogliamo verificare di persona come sta lui e come stanno le cose rispetto al suo fermo. Speriamo che torni libero al più presto perché qui in Afghanistan Emergency è una realtà estremamente importante, come il governo italiano ben sa».
Ettore Sequi sta lavorando anche per Adjmal Nashkbandi, l'interprete afgano di cui si sono perse le tracce dal giorno della liberazione di Mastrogiacomo. «La vita per noi non ha nazionalità - sottolinea Sequi -. Fin dal primo momento il governo italiano si è battuto per la liberazione di tre ostaggi e non solo per riavere Daniele».
Per rispondere alle polemiche dei giornalisti afgani, che nei giorni scorsi hanno accusato il governo afgano e quello italiano di avere usato due pesi e due misure nella gestione di questa crisi degli ostaggi, ha anche organizzato un incontro con la stampa locale, nel grigio salotto in cemento armato dell'ambasciata di Kabul. «Il nostro obiettivo è solo uno», ha ribadito Sequi: «che il giovane interprete Adjmal e il capo dello staff di Emergency Rahmatullah vengano liberati».

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