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I gruppi pacifisti criticano le "scorrette" politiche statunitensi

10 settembre 2006
Alberto Cremonesi
Tradotto da per PeaceLink

MIDEAST:
Mentre le forze di pace multinazionali si stanno lentamente radunando presso le Nazioni Unite per salvaguardare il debole cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah, gli attivisti di pace statunitensi dichiarano che il processo per un vero e proprio insediamento e' appena iniziato.

In molti affermano che l'aumento delle tensioni nella regione puo' essere
direttamente ricondotto alla politica estera americana, in particolar modo
all' incondizionato sostegno di Washington per Israele, senza contare
l'invasione ed incessante occupazione dell'Iraq.

Giovedi' piu' di 120 gruppi di coalizione statunitensi hanno firmato una
lettera di solidarieta' per i popoli del Medio Oriente, nella quale
denunciavano gli "attacchi indiscriminati sui civili libanesi, palestinesi,
iracheni ed israeliani, e l'orribile morte, distruzione ed emigrazione che
stanno colpendo il paese"

"Lo scopo di questa lettera e' quello di far sapere ai popoli del Medio
Oriente che stanno pagando enormemente il prezzo di questa guerra, che in
questo difficile momento non sono soli. Stiamo facendo tutto il possibile
per fermare questa strage e mettere fine a questa dolorosa situazione,"
queste le parole che Hany Khalil, coordinatore dell'organizzazione United
for Peace and Justice (UFPJ), ha detto alla IPS.

La UFPJ e' stata la prima a firmare la lettera, attualmente in circolazione
negli Stati Uniti ed in Medio Oriente. "Penso proprio che lo sforzo politico
dei movimenti pacifisti mondiali abbia aiutato le Nazioni Unite a concordare
il cessate il fuoco, anche se questo sembra essere davvero fragile" ha
aggiunto.

I combattimenti tra Israele ed Hezbollah, iniziati il 12 luglio e terminati
con piu' di 1.300 vittime libanesi e circa 150 israeliane, hanno scatenato
un'immediata reazione da parte dei gruppi pacifisti, con manifestazioni,
marce, conferenze stampa e perfino una petizione generale per fermare la
guerra, raggiungendo 200.000 firme provenienti da oltre 100 paesi.

Il 21 luglio la UFPJ ha inoltre organizzato una manifestazione di fronte al
palazzo della Missione delle Nazioni Unite di New York, dove gli attivisti
hanno consegnato una lettera all'ambasciatore americano John Bolton
sollecitando un'azione immediata per il cessate il fuoco in Libano e a Gaza.

Ed ancora, l'11 agosto, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha
approvato la Risoluzione 1701, richiedendo una "totale cessazione delle
ostilita'" e l'obbligo da parte di Israele di fornire alle Nazioni Unite la
mappa delle mine nascoste nel sud del Libano durante i 22 anni di
occupazione del paese.

"Ora che la risoluzione e' stata adottata, il compito delle Ong e di
numerose altre organizzazioni sara' quello di accertare che questa venga
seriamente attuata, e di compiere allo stesso tempo uno sforzo piu' grande
in favore della pace e dei negoziati" questo e' cio' che Mark Rosenblum,
fondatore e direttore della linea politica del gruppo pacifista ebraico
statunitense Americans for Peace Now (APN), ha detto alla IPS.

"Se qualcuno ha perso questa guerra, sono stati i civili di entrambi i
paesi, sia dal punto di vista delle vittime che dei feriti"

La APN ritiene che Israele abbia avuto tutti i diritti di difendere il
proprio territorio ed i propri cittadini, ma nel fare questo avrebbe dovuto
assicurarsi che i propri obiettivi militari fossero realizzabili e ben
definiti, e che i mezzi impiegati per raggiungerli riducessero al minimo il
rischio di coinvolgere civili innocenti.

La maggior parte degli attivisti di pace condannano gli Hezbollah per aver
sequestrato i due soldati israeliani e per aver dato inizio a quest'ultimo
conflitto. Tuttavia, come Yasmin Hamidi - moderatrice del Media Committee
per la Network of Arab-American Professionals (NAAP) - ha detto alla IPS
durante un recente briefing di libanesi rifugiati a New York "I
bombardamenti hanno aumentato il sostegno per gli Hezbollah da parte del
popolo libanese poiche' Israele ha causato molti piu' danni degli stessi
Hezbollah."

Clovis Maksoud, direttore del Center for the Global South presso l'
Universita' americana di Washington, ritiene che "Le Ong e le organizzazioni
umanitarie mondiali non solo hanno elevato la consapevolezza verso le
tragiche conseguenze causate dalla spietata e crudele distruzione della
struttura sociale ed economica libanese per opera di Israele"

"ma hanno rappresentato un gruppo di coscienza che ha lenito le ferite del
popolo libanese e dato loro la forza di resistere e di superare la
disperazione".

Altri ritengono che il piano del Consiglio di Sicurezza di trovare un
accordo per porre fine alle ostilita' durante il mese dei combattimenti e'
stato soltanto il primo passo di un lungo e difficile cammino.

"Il raggiungimento della risoluzione delle Nazioni Unite non e' sufficiente
- dobbiamo assicurarci che venga attuata sul serio" ha detto Rosenblum.

Stephen Zunes, direttore della sezione medio-orientale della politica estera
del Focus Project, ha analizzato la risoluzione e osservato che questa
"invita Israele a ritirarsi dal sud del Libano 'in parallelo' all'esercito
libanese, in procinto di prendere posizione in questa parte del paese. La
mancanza di un piano preciso, tuttavia, ha suscitato il timore che un
completo ritiro israeliano potrebbe richiedere molti mesi"

Inoltre, ha aggiunto, "il linguaggio compromesso della risoluzione. non fa
alcun riferimento alla prova evidente che Israele - grazie al forte supporto
dell' amministrazione di George W. Bush - abbia in realta' pianificato
l'assalto in Libano molti mesi fa e che abbia ripetutamente violato lo
spazio aereo libanese, oltre ad aver condotto violazioni dei confini nei
mesi ed anni precedenti all'attacco del 12 luglio..."

Alla fine, la risoluzione invita "al rilascio incondizionato dei soldati
israeliani sequestrati" dagli Hezbollah in territorio israeliano, ed
aggiunge, "ma solo per risolvere la questione dei prigionieri libanesi
attualmente trattenuti in Israele".

"I dettagli 'poco chiari' della risoluzione la rendono oggetto di svariate
interpretazioni, e questo sara' ancora piu' evidente nelle prossime
settimane in cui si discutera' della sua attuazione"
ha detto Maksoud, che e' anche l'ex ambasciatore della Lega Araba presso le
Nazioni Unite e l'India.

"Forse il problema principale e' la totale mancanza di un riferimento all'
investigazione sui crimini di guerra che Human Rights Watch giustamente
denuncia" ha aggiunto.

Evidenziando la continua importanza delle Ong per la promozione della pace
nella regione, Rosenblum ha detto, "i lavori sono appena iniziati - ci sono
ancora molti problemi che devono essere affrontati."

Note: Traduzione di Federica Gabellini per peacelink.it

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Chi ai nostri giorni intende combattere la menzogna e l'ignoranza e vuole scrivere la verità, ha da superare almeno cinque difficoltà. Deve avere il coraggio di scrivere la verità, benchè ovunque essa venga soffocata; l'accortezza di riconoscerla, benchè ovunque essa venga travisata; l'arte di renderla maneggevole come un'arma; il giudizio di scegliere coloro nelle cui mani essa diventa efficace; la scaltrezza di propagarla fra questi. Tali difficoltà sono grandi per quelli che scrivono sotto il fascismo , ma esistono anche per quelli che sono stati banditi o hanno dovuto fuggire, e valgono persino per coloro che scrivono nei paesi della libertà borghese

Bertolt Brecht - Tratto da "Cinque difficoltà per chi scrive la verità". Scritto nel 1934 per la diffusione nella Germania di Hitler, fu pubblicato illegalmente nella rivista antifascista " Unsere Zeit" dello Schutzverband Deutscher Schrifsteller, Parigi .

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