Conflitti

Il suo nome era Abeer aveva 14 anni e viveva in Iraq

Cinque marines alla sbarra per stupro e omicidio
1 settembre 2006
Robin Morgan (Scrittrice americana, il suo ultimo libro è “Fighting words: a toolkit for combating the religious right”, Nation Books, nelle librerie Usa a settembre)
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)

Compiva gli anni il 19 agosto, il giorno della sua morte è stato il 12 marzo. Non possiamo permettere anche a questo crimine di cadere nell’oblio. Quando è emerso sui giornali che i soldati americani avevano molestato, terrorizzato e infine effettuato uno stupro di gruppo su una donna irachena, gli Usa hanno tentato di minimizzare quest’ultima atrocità commessa dalle nostre truppe: dicendo che la vittima aveva 25 anni, o addirittura 50, come se uno stupro seguito da omicidio fosse meno orribile quando la vittima è una donna adulta.
Ora le udienze preliminari sono terminate a Camp Liberty, una base americana in Iraq (le truppe statunitensi non sono soggette al processo penale iracheno). In settembre, un generale deciderà se gli accusati dovranno comparire di fronte alla corte marziale. La difesa ha già addotto come prova a discarico il «disordine da stress post traumatico». Nei quattro mesi precedenti il crimine, 17 membri del battaglione degli accusati erano stati uccisi, la loro compagnia, “Bravo”, aveva riportato 8 morti in combattimento.

Ma anche se gli Usa omettono di fornire l’identità della vittima, gli investigatori conoscono il suo nome: Abeer Qassim Hamza al-Janabi. Abeer significa “fragranza di fiori”. Aveva 14 anni.

I soldati la notarono ad un posto di blocco. Cominciarono a seguirla e infastidirla dopo che un paio di loro avevano espresso l’intenzione di violentarla. Il 12 marzo scorso, dopo aver giocato a carte e mischiato il whisky ad una bibita energetica, e dopo aver provato qualche tiro a golf, hanno indossato abiti neri civili ed hanno fatto irruzione nella casa di Abeer, a Mahmoudiya, una città cinquanta miglia a sud di Baghdad. Hanno ucciso sua madre, Fikhriya, suo padre Qassim, e la sorellina di cinque anni, Hadeel, con pallottole in fronte. Poi hanno “fatto i turni” per stuprare Abeer. Infine l’hanno uccisa, hanno inzuppato i corpi di kerosene, e hanno dato loro fuoco per distruggere le prove. Dopodiché i soldati se ne sono andati ad arrostire ali di pollo sulla griglia.

Questi dettagli vengono dalla testimonianza giurata del soldato James P. Barker, uno degli accusati assieme al sergente Paul Cortez, al soldato scelto Jesse Spielman, ed al soldato scelto Bryan Howard; un quinto, il sergente Anthony Yribe, è accusato di non aver riportato l’accaduto, ma non di avervi partecipato.
Poi c’è l’ex soldato scelto Steven Green. Congedato in maggio per «disordini della personalità», Green è stato arrestato nella Carolina del Nord, si è dichiarato innocente di fronte ad un tribunale federale, ed è stato rilasciato senza alcun vincolo. E’ il capro espiatorio più conveniente, poiché il suo caposquadra ha testimoniato quanto spesso Green abbia dichiarato di odiare tutti gli iracheni e di volerli uccidere tutti.
Il comandante della compagnia ha dichiarato che Green aveva «seri problemi di rabbia». E insomma chi è la mela marcia? Un bravo ragazzo di Midland, Texas. «Se volete capirmi», dice sempre il presidente Bush, «dovete capire Midland».

Steven Green la capisce, Midland; era casa sua fino a quando i suoi genitori divorziarono e sua madre si risposò quando lui aveva otto anni, ed era già perennemente nei guai a scuola. Non finì le superiori, e si arruolò nel 2005. Si immerse nella “polla battesimale” a Fort Benning, in Georgia, diventando un “rinato” mentre gli si insegnava ad uccidere legalmente e a morire eroicamente. Aveva 19 anni e tre convinzioni: combattere, avere accesso all’alcool, avere accesso alle droghe.

Una volta, l’esercito lo avrebbe rifiutato. Ma lui si arruolò nel momento in cui l’esercito, disperato per la scarsezza di nuovi arrivi, cominciò ad aumentare, di circa la metà, il grado in cui permette ciò che chiama «moralità differita» ai potenziali soldati. Secondo i dati del Pentagono, i “differiti” nel 2001 erano 7.640, ma sono saliti ad 11.018 nel 2005. La «moralità differita» permette il reclutamento di persone con precedenti penali, problemi emotivi e debole retroterra educativo, a cui insegnare ad usare mitragliatori e lanciarazzi. Dopo di che, se sopravvivono, saranno chiamati eroi e reintegrati nella società.

L’esercito Usa è oggi una forza mercenaria. In aggiunta alle milizie affittate ed ai Contractors indipendenti, abbiamo un distaccamento specifico, quello dei poveri. Questo spiega perché l’esercito è così sproporzionatamente pieno di gente di colore in cerca di istruzione, accesso alla salute ed alla casa. Ma l’esercito dà loro altro: adolescenti maschi, al loro risveglio ormonale, vengono addestrati a confondere il proprio corpo con le armi e a rilasciare le loro energie in questo modo.

Una canzone d’addestramento, notissima, accompagnata da gesti sconci, dice: «Questo è il mio fucile, questa è la mia pistola: uno è per uccidere, e l’altra è per divertirsi». L’aviazione militare statunitense ammette di mostrare filmati pornografici violenti ai piloti, prima delle loro missioni di bombardamento aereo. I manuali militari rigurgitano di frasi quali «lanciatori eretti», «razione di spinte», «penetrazione territoriale profonda e rigida», «potente durezza nucleare».

Ci sono anche i «bersagli soffici». Cosa significa? Civili. Il nome di lei significa “fragranza di fiori”. Le studiose femministe hanno esposto queste connessioni fallocentriche militari per decenni. Quando io scrissi “Il demone amante: le radici del terrorismo” (ultima edizione Washington Square Press, 2001), presentavo molte più prove di quanto lo spazio qui mi permetta di esporre, che la mistica del terrorismo e la leggenda dell’eroe spuntavano entrambe dalla medesima radice: la concezione patriarcale della mascolinità.

Come può lo stupro non essere centrale, nella propaganda che vuole la violenza erotica, un messaggio pervasivo che infetta ogni cosa, dalla politica estera Usa (afflitta da eiaculazione precoce), alla moda “camuffamento militare chic” e “stile banda di gangster”? Questa definizione della mascolinità è tossica per gli uomini, e letale per le donne. Ma la fatica dell’atrocità è divenuta stabile. Non era forse lo stupro il prodotto principale della guerra, ben prima dell’Iliade? Non sono state stuprate 100.000 donne e ragazze nei bordelli-campi della morte in ex Jugoslavia? Non hanno i clan guerrieri somali, negli anni ’90, qualche volta con in compagnia delle truppe di peacekeeping dell’Onu, stuprato “gli uni le donne degli altri”? E cinque sopravvissute somale allo stupro, non sono poi state lapidate a morte dagli islamisti per «adulterio»? E non si erano ignorati i rapporti provenienti da un piccolo, fastidioso paese, sugli stupri nei villaggi commessi da gruppi chiamati Interahamwe («i nostri eroici ragazzi»)? In fondo riguardava solo le donne, e chi aveva mai sentito parlare di quel posto, il Rwanda.

Però il Pentagono è sconvolto. «Non può trattarsi dei nostri simpatici soldati americani. Devono essere poche mele marce». Ci siamo già scordati di Abu Ghraib? Le fotografie di uomini torturati sessualmente abbondano, ma le foto delle donne umiliate ed abusate sono ancora secretate, nel timore di una reazione mondiale di oltraggio ancora maggiore.

Abbiamo già dimenticato i due marine ed il marinaio che rapirono una dodicenne di Okinawa nel 1995, la picchiarono, la violarono e l’abbandonarono nuda in un’area deserta? In qualche modo è sopravvissuta e li ha denunciati, sebbene il suo «disordine da stress post traumatico» la tormenti senza dubbio ancora. Così tanti stupri sono stati commessi dall’esercito a Okinawa, in Corea e nelle Filippine, che le femministe asiatiche hanno organizzato interi movimenti di protesta. Incidenti continuano ad accadere attorno ai porti ed alle basi Usa, incluse le centinaia di denunce di stupri sotto la minaccia delle armi subiti dai loro commilitoni (e l’attuale epidemia congiunta di stupri ed “evangelismo” all’Accademia dell’aviazione militare statunitense).

Nel 1998, una decisione Onu che funge da pietra miliare riconobbe lo stupro come crimine di guerra, e ciò solleva una questione: se lo stupro durante una guerra è un crimine contro l’umanità, cos’è in tempo di pace? I tribunali internazionali per il Rwanda e l’ex Jugoslavia hanno dato inizio a processi ed emanato condanne usando i termini giuridici relativi alla violenza sessuale.

Ogni tanto, alcuni simpatici ragazzi americani vengono riconosciuti colpevoli, come potrebbe accadere a Green ed ai suoi compagnoni. Poi tutto ritorna “normale”. I colpevoli vengono sacrificati per salvaguardare il ragno di coloro che li hanno addestrati a fare quello che hanno fatto, e per salvare le carriere di politici che oscenamente fanno sermoni sui «valori morali» nel mentre consentono «moralità differite».

Ma questo crimine non possiamo lasciarlo cadere nel vuoto. Aveva 14 anni ed il suo nome era Abeer. Significa “fragranza di fiori”.

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