Conflitti

Approfondimento

La disfatta israeliana

Ilan Pappe analizza la situazione attuale in Medio Oriente e prevede politiche più sanguinose e più aggressive contro i palestinesi
1 settembre 2006
Ilan Pappe
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: www.zmag.org - 23 agosto 2006

E' troppo presto per giudicare quanto sia stabile l'accordo di cessate il fuoco sulla seconda guerra libanese. E' comunque già possibile tracciare le prime conclusioni – tra le quali la più rilevante è il clamoroso fallimento militare israeliano.
Un tale fallimento può fermare per il momento i più ambiziosi piani americani e israeliani di estendere la campagna militare verso l'Iran e la Siria, anche se ancora il pericolo non è passato.
La disfatta israeliana ha comunque delle implicazioni più complesse. La prima è nell'ambito della politica interna di Israele. La questione principale del dibattito interno in corso [in Israele] è quella della “perdita del potere deterrente”.

Politiche aggressive

Indubbiamente, sostengono i commentatori israeliani, la guerra, che doveva ridare ad Israele il potere di deterrenza che aveva perso, l'ha ancora di più logorato.
In altre società il buonsenso avrebbe imposto che una tale sconfitta portasse a ripensare l'utilizzo della forza militare – però non in Israele. Il pericolo è che si potrebbe arrivare all'utilizzo di una forza ancora maggiore per riconquistare quella deterrenza persa.

Un primo esame di coscienza in Israele indica infatti che si sta arrivando proprio a questa conclusione, sia nell'esercito che nel mondo politico.
Quindi dovremmo aspettarci politiche più sanguinose e più aggressive – se non nell'immediato contro Siria ed Iran, allora contro i palestinesi.
Il secondo ambito sono le politiche del mondo arabo in generale e quelle dei palestinesi in particolare. Il successo di Hizbollah ha suscitato una enorme ammirazione nel mondo arabo e tra i palestinesi.

Però, con tutto il rispetto per la resistenza e la tenacia, i movimenti secolari e socialisti temono che una tale ammirazione non sia dovuta solo alla resilienza degli Hizbollah, ma al dogma che l'ha ispirata. Questo può e dovrebbe portare ad un dialogo più costruttivo e significativo tra la sinistra e i movimenti popolari islamici della resistenza, finalizzato a trovare un terreno comune per il futuro. Futuro che deve essere fondato sul rispetto della tradizione della religione, l'aspirazione ad una giustizia sociale ed economica e, speriamo, l'attenta osservanza dei diritti umani e civili per tutti.

Senza la ricostruzione della sinistra nel mondo arabo c'è il pericolo che una interpretazione più restrittiva delle tradizioni islamiche potrebbe predominare nel mondo arabo ed oltre. E già sembra che molti nel mondo arabo - ed in particolare in Palestina, si sentano rinforzati dalla resistenza vittoriosa che gli Hizbollah hanno dimostrato. Senza Hizbollah il primo ministro libanese Fouad Siniora non si sarebbe azzardato a dire al segretario di stato americano Condoleeza Rice: “Qui non sei benvenuta senza un accordo di cessate il fuoco”.

Se le forze più moderate e secolari nel mondo arabo volessero rispondere in modo analogo ed usare con saggezza l'arma dei deboli - il rifiuto di giocare il ruolo che gli è stato assegnato nella farsa americana del “nuovo Medio Oriente” - potrebbero conquistare il supporto e la credibilità popolare che al momento solo Hamas e Hizbollah hanno.

L'atteggiamento di Siniora, si spera, potrebbe incoraggiare il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas a fare altrettanto. Lui è ancora visto dagli Stati Uniti come un futuro leader arabo autorevole che potrebbe governare un Bantustan pro-Stati Uniti.
Lo smantellamento dell'Autorità Palestinese che guida sta diventando la mossa palestinese più efficace per forzare la Comunità Internazionale a ripensare i punti fondamentali di una futura soluzione.

Il terzo ambito è quello del Libano. Qualsiasi cosa la risoluzione delle Nazioni Unite abbia raccomandato, il sud dl Libano sarà sotto l'influenza di tre forze militari - Hizbollah, un’allargata forza di Interposizione dell' Onu e l'esercito libanese.

Palestinesi

Non passerà molto tempo prima che Israele sia tentata di reinvadere il Libano. E fino a quando non ci sarà un mutamento sostanziale nella visione fondamentalista statunitense, la stessa politica distruttiva degli Stati Uniti che ha riportato l'Iraq ai tempi caotici pre moderni sarà tentata in Libano. Quindi possiamo dire che siamo solo testimoni della prima fase di un lungo conflitto che mette in ballo il futuro del Libano, intrecciato al più lungo conflitto che riguarda il futuro della Palestina.
I rinnovati e letali raid aerei israeliani su Gaza il giorno seguente a quello della tregua in Libano sono solo un assaggio del peggio che sta arrivando.

Per sintetizzare, le conquiste di Hizbollah potrebbero significare che i giorni dell'impero americano in Medio Oriente sono contati e quasi al termine. Comunque nella storia “quasi” può significare anni.

Questi potrebbero essere anni pericolosi nei quali noi che viviamo in quest'area, specialmente i palestinesi, siamo destinati a subire tempi duri.

Note: Ilan Pappe è docente al dipartimento di scienze politiche dell'Università di Haifa, direttore dell' “Emil Touma Institute for Palestinian Studies” e autore di diversi libri.

Il testo in inglese si trova al seguente link:
http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?ItemID=10812

Tradotto da Francesca Ciarallo per www.peacelink.it
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