Diritti Animali

Difendiamo i diritti delle sogliole

Quando si parla di vegetarismo molti pensano essenzialmente alla carne, ben pochi ai pesci e quasi nessuno ai vari crostacei, dall’ostrica al gamberetto.
10 febbraio 2005
Oscar Grazioli
Fonte: www.libero.it
10.02.05

sogliola Quando si parla di vegetarismo molti pensano essenzialmente alla carne, ben pochi ai pesci e quasi nessuno ai vari crostacei, dall’ostrica al gamberetto. Poi, viene tutta una serie di gradazioni, talvolta anche discutibili. C’è chi si rifiuti di mangiare la carne di cavallo, ma non esita davanti a polli, maiali e caprioli. C’è chi non mangia carne di coniglio perché in casa ha un coniglietto nano, mentre mangia il filetto di cavallo che fa buon sangue (tutte balle!).

Ho un’amica vegetariana che si concede a malapena latte e uova, però di fronte a un rombo con le patate o ai gamberoni alla catalana cede dolcemente alla tentazione. Io stesso, quando ero in Norvegia, mi rimpinzavo di salmone e halibut e rifiutavo categoricamente, carpacci di balene e affini. Ho un amico che mangia carne e pesce, ma non il tonno. Ha visto il macello di una tonnara e gli è bastato per escluderlo dalla propria alimentazione. Altri amici non vogliono vedere il cameriere che mostra i pesci più freschi da scegliere, nemmeno defunti, figuriamoci se vivi e sgambettanti, come è comune per astici e aragoste nei loro provvisori acquari. È evidente che più scendiamo nella cosiddetta “gerarchia” zoologica, più diventa difficile farsi cogliere da forti sentimenti. Il cucciolo di un capriolo o di un cinghiale suscita emozioni diverse, rispetto ad un pesce nato da poco o ad un lombrico.

Ora è uscito un manuale, a cura della Società Britannica di Conservazione Ittica, che restituisce al pesce tutta la sua dignità di organismo vivente. L’opuscolo infatti invita i consumatori a fare scelte ben precise quando si recano nelle pescherie per acquisti. Il pesce va mangiato secondo principi ecologici che sottendono implicazioni etiche di non poco conto. Tralasciando il pesce che può essere allevato come il pollame, non basta più conoscere le antiche regole dei mesi con e senza la “R”. Secondo la società britannica non si dovrebbe mangiare pesce che misuri meno di una spanna, meglio se è stato catturato con la lenza. Assolutamente vietato farsi un pagello arrosto in marzo e aprile o mangiarsi certi molluschi bivalvi da maggio ad agosto. È la loro stagione produttiva. Non vorrete cacciarli in padella mentre i loro fratelli, insidiati da mille pericoli, esauriscono le loro residue energie accoppiandosi e partorendo migliaia di uova? Vi sono poi i pesci talmente gettonati dai buongustai da subire un’eccessiva pressione da parte dei pescatori. I merluzzi, l’halibut, l’eglefino, la passera di mare, il rombo e il nobile branzino sono banditi dalle tavole del corretto mangiatore di pesce. Molto meglio indirizzarsi verso pesci come la gallinella o la platessa. Meglio ancora l’hoki e il mahi, mahi che abbondano e non rischiano la depauperazione. Anche certi molluschi come le cozze o le ostriche si possono mangiare, a patto che non siano stati pescati con sistemi draganti.

Fin qui nulla da dire. Anche i pesci hanno i loro diritti. Il problema più grosso nasce quando ci si reca in pescheria a cercare un mahi mahi, o a cercare di capire se quello è un halibut o un eglefino o magari se si compra un pesce “ecologico” ma che fa schifo e finisce dritto nella ciotola del gatto, snobbato anche da quello. Non so gli inglesi, ma temo che gli italiani (e non solo), pur di farsi un rombo fresco con le patate, potrebbero seriamente diventare l’ultima generazione a mangiare pesce fresco marino.

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