Diritti Animali

La macellazione rituale

Così torturano gli animali per far contento Allah

21 gennaio 2005
Oscar Grazioli
Fonte: www.libero.it
21.01.05

Quarti di bue “Ci sarà anche la deroga, ci saranno anche norme particolari, ma non si può continuare a vedere spettacoli simili. Si deve fare qualcosa”. Così si esprime, ad un certo punto del filmato messo in onda da TeleColor, Gianni Leani, che è andato a riprendere quello che è successo ieri in uno dei tanti macelli che hanno prestato l e loro camere della morte alla “festa del sacrificio” onorata dai musulmani.Leani era chiaramente sconcertato dalle risposte che il veterinario addetto all’ispezione degli alimenti nel macello di Manerbio (Brescia) gli aveva appena fornito.
“Una volta l’anno – ha dichiarato il sanitario – viene concessa, per motivi religiosi, la macellazione senza stordimento degli animali. Non solo, ma le deroghe alla macellazione usuale comprendono anche la possibilità di trasportare gli animali in modi inconsueti”.
Altro che inconsueti, caro dottore. Abbiamo visto decine di pecore e montoni dentro bauli di macchine sgangherate, legati per le zampe e tirati giù, senza tanti complimenti, per le orecchie. Sbattuti per terra aspettavano, impediti ad alzarsi da corde e fil di ferro, che arrivasse il loro turno a liberarli da un’agonia che durava ore.
“Modi inconsueti”. Già, come è inconsueto che un animale, prima di essere macellato, debba aspettare , con le zampe legate con il filo di ferro, ore e ore sulla terra.

Alla faccia del benessere e delle norme comunitarie!
Come è inconsueto che venga trasportato al macello nel baule di una macchina e non in un automezzo autorizzato. Come è inconsueto che, alla fine della mattanza, i fedeli entrino con il carrello del supermercato ed escano con una mezza pecora ancora fumante di sangue che spunta da un sacchetto giallo. Ma era un macello o la giostra degli orrori al Luna Park?

“Metodi inconsueti”. Più che inconsueti, illegali. E bene ha fatto l’emittente cremonese a presentare un esposto alla magistratura per maltrattamento. Possibile che nel 2005, in un Paese che pretende di essere considerato civile, si debbano vedere decine di animali che scalciano sul terreno gelato in attesa di finire appesi per i piedi, dopo essere stati sgozzati senza stordimento? E tutto questo per festeggiare un Dio buono che ha sottratto Ismaele al coltello di Abramo, sostituendolo con il montone? E tutto questo perché i peccati risiedono nel sangue che deve sgorgare dall’animale vivo affinché siano espiati?
Dobbiamo far assistere i nostri bambini alle immagini delle pecore che sbavano nel gelo, tenute ferme con il filo di ferro per ore? Dobbiamo fargli vedere il sangue che fuma mentre esce copioso, pompato da un cuore che batte in un animale appeso per le zampe ancora vivo? Poi, cosa andiamo a raccontargli e a menargliela di benessere animale, di pet theraphy e di non tirare la coda a Fufi che ha i suoi diritti e una sua dignità? Ma smettiamola, proprio per quel Dio buono, di permettere questi riti tribali, altro che religiosi.

a questo portano gli insegnamenti di chi sentenzia, come monsignor Caffarra, che gli animali non siano degni di alcun diritto. Chissà come la pensa sul taglio delle mani per i ladri e l’infibulazione.
La Rai e i principali network non hanno neanche avuto il coraggio di farle vedere, queste scene trasmesse da TeleColor e messe a loro disposizione.

“Troppo forti, troppo dure”. I bambini vanno protetti. Concordo. Allora fatele vedere in orari protetti e con le consuete avvertenze. Che almeno gli adulti sappiano, vedano, giudichino. Hanno visto lo scannatoio di Bagdad.
Avete paura di fargli vedere un montone legato con il filo di ferro scannato e appeso al gancio mentre piange? Sì, avete paura. Siete dei codardi, perché sapete che, se la gente vedesse questo spettacolo, le deroghe per le macellazioni religiose tornerebbero in discussione, e si riaprirebbe un vulnus con le comunità islamiche ed ebraiche. E allora, meglio che il vulnus si apra nella gola del montone, perché lui difficilmente potrà entrare in una cabina elettorale. OSCAR GRAZIOLI

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