Diritti Animali

Secondo il Il "Rapporto Ambientale per una prospettiva globale", il 24% dei mammiferi (fino a 1130) e il 12% degli uccelli (fino a1183), moriranno nei prossimi trenta anni.

"Disappeared"

27 agosto 2004
Liliana Adamo

Immagino Google Per capire in modo esauriente in quale disperata condizione vivono gli animali, sarebbe sufficiente dare un'occhiata al "Rapporto Ambientale per una prospettiva globale", presentato alle Nazioni Unite. Nell'andamento complessivo dell'ecosistema, vale a dire biodiversità alterate o annientate, inquinamento dell'aria e delle acque, imprevedibili metamorfosi climatiche, con dati alla mano si certifica che il 24% dei mammiferi (fino a 1130) e il 12% degli uccelli (fino a1183), moriranno nei prossimi trenta anni. Il termine forse non è appropriato, diremo allora che si assisterà ad una massiccia estinzione di specie viventi, in un tale rapporto fra dimensioni mai verificato prima d'ora.

Troviamo semplicemente scandaloso che, durante un meeting per "balenieri" di fresca data, nella dorata cornice della costiera sorrentina, si auspica il ritorno delle arti venatorie braccando lo spettro di Moby Dick, senza neanche turbarsi in modo trascurabile per gli eccidi indiscriminati che sono stati messi in atto, fino a ridurre questo meraviglioso cetaceo a pochi, inestimabili esemplari viventi (primo fra tutti gli altri, "onore" al Giappone).

Nel Vecchio Testamento gli animali minacciati dall'estinzione sono raccolti a coppia da Noè e caricati sull'Arca, noi conserveremo i modelli genetici in "un'arca di ghiaccio", sondando la tecnica della clonazione, le informazioni memorizzate del DNA, per ridare loro la vita fra una trentina d'anni.

Lo schema lanciato alcune settimane fa dagli esperti del Museo di storia naturale a Londra, ha individuato i primi "ospiti" da congelare, fra cui il "hippocampus" maculato (comunemente definito, cavalluccio marino, sottratto a branchi dai fondali ricchi d'alghe e dai reef di corallo, messo ad essiccare e smerciato come souvenir), la colomba di Socorro e la lumaca di Partila; non si trascura nemmeno "il grillo del campo", l'unica specie autoctona della Gran Bretagna che rischia di sparire.

I loro geni saranno mantenuti a - 80° nell'Istituto universitario per la bio-genetica a Nottingham. Del modello londinese si spera prendano esempio gli scienziati d'altre parti del mondo, installando schemi distinti di biodiversità animale. Philiph Rainbow, professore di zoologia al Museo di storia naturale, afferma che, salvo una vera e propria catastrofe naturale, il tasso corrente di perdita della specie è la più grande della storia vivente accertata sul nostro pianeta.

Se questa mera previsione si confermerà per i prossimi 50 anni, le uniche risorse attuabili saranno le informazioni del DNA, stabilizzate in azoto liquido. I progressi della biologia molecolare incrementano la speranza, ma l'esperimento non assicura un esito corretto. Riprodotte le molteplicità scomparse, mammiferi, insetti o uccelli, queste potrebbero morire fuori delle celle di congelamento, a causa delle mutate condizioni ambientali e dei danni alle cellule, tenute in vita con sistemi d'ipotermia.

Certa è l'estinzione di 1130 mammiferi e 1183 volatili, resta aleatoria la strenua battaglia di pochi dottori della "conservazione" perché ciò non avvenga in modo definitivo. Nell'arco di cinque anni, la priorità sarà consentita alle specie in pericolo e a quelle che sono già estinte nella fauna selvatica. Dall' "Unione Internazionale per la conservazione della natura e delle risorse naturali" (IUCN), saranno importate tracce del loro DNA, dalle cellule o dal tessuto e il progetto elaborerà quei dati che serviranno a sviluppare una lista complessiva degli assortimenti di materiale genetico. Il DNA consente di ricostruire la biochimica, la fisiologia, l'ecologia d'ogni specie e persino la sua evoluzione.

Per la nuova nascita di queste creature, esso fornisce quindi una mappa cruciale per conoscere lo sviluppo dell'animale, la sua variabilità e il suo adattamento. Questa sorta di polizza assicurativa sarà applicata anche in altre istituzioni come "Il Centro per la riproduzione della specie", a San Diego, in California e presso il "Centro Animale per le risorse del gene" "immagazzinate" a Melbourne, in Australia. Di là del mondo utopistico di Jurassic Park, la realtà ci sembra meno spettacolare.

Fra i primi otto animali che entreranno nell'arca di ghiaccio, ci saranno: l'oryx scimitar cornuto, minacciato dall'alterazione morfologica nelle vaste aree desertiche del nord Africa, la colomba di Socorro, una rana caraibica soprannominata dagli indigeni "pollo della montagna", cibo raffinato per i palati locali e di conseguenza cacciata indiscriminatamente; a rischio, dopo il "cavalluccio marino", un altro pesce-ricordo, il cardinale del Bangai. Così è per lo scarabeo delle Seychelles, troppo vulnerabile ai rapaci e alle malattie e il grillo britannico, ridotto ad una sola colonia di 100 insetti, sopravissuti ad ovest del Sussex.

Nel ciclo della vita e della morte, il processo evolutivo della specie non è la causa decisiva dell'estinzione. In molti casi, è l'opera di "predatori" indifferenziati a romperne il fragile equilibrio, provocandone la scomparsa; ciò avviene a dispetto della convenzione internazionale di Washington, meglio conosciuta come Cites (Convention on International Trade in Endangered), firmata da ben 180 stati nel mondo, che regola il commercio internazionale d'animali, piante e dei loro concernenti "prodotti". L'inquinamento e il desiderio smodato di spreco fanno il resto.

Così la lumaca polinesiana si è completamente estinta grazie ai suoi "predatori" e stessa sorte è toccata al goffo e gentile dodo, un grande uccello dalle piccole ali, incapace di spiccare il volo sull'Oceano Indiano delle Mauritius; pare che gli ultimi esemplari siano stati sterminati dall'uomo nel 1715.

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