Quanto soffrono gli animali
Quest'anno Barcellona ospita il Forum Universale delle Culture, «il grande incontro per il mondo che vogliamo», promuovendo tre temi fondamentali: diversità culturale, sviluppo sostenibile e pace. Ma in quella città ogni anno oltre 100 tori sono torturati a morte in omaggio a una tradizione diventata solo business turistico, mentre la quasi totalità dei catalani è abolizionista. In questa primavera, l'associazione animalista spagnola Adda e altre «consorelle» fra cui l'italiana Lav hanno presentato decine di migliaia di firme di cittadini europei (13mila gli italiani), potenziali turisti, che chiedono al sindaco di mettere fine alla corrida e di aggiungere al Forum un quarto tema: la cultura senza crudeltà. Del resto, nel 1998 la giunta municipale ha approvato una dichiarazione che all'articolo 1 afferma: «Ogni animale, indipendentemente dalla specie di appartenenza, ha il diritto di essere rispettato, non deve essere sottoposto a maltrattamenti, sforzi eccessivi, spettacoli o atti crudeli che possano causargli sofferenza fisica o psichica». Ma, ed è il punto, dichiarazioni e perfino leggi non bastano affatto, tanto più in tema di diritti animali. In Italia la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha approvato da poche settimane la proposta di inserire la tutela degli animali come esseri sensibili fra le norme della Carta costituzionale, seguendo l'esempio recente della Germania e quello ultracinquantennale dell'India. Da alcuni anni il Parlamento studia la possibile riforma del Codice penale in materia di maltrattamenti (è l'articolo 727) e uccisione degli animali (il 638). Il testo di legge, «Disposizioni a tutela degli animali», è un intervento innovativo (accentua le pene e riconosce gli animali come esseri senzienti) contro combattimenti, abbandoni, uccisioni, maltrattamenti, pellicce di cane e gatto (per questo la Lav è in 400 piazze italiane, il prossimo week-end).
Purtuttavia, come evidenziavano qualche tempo fa alcuni studiosi del movimento animalista internazionale, mentre sembra aumentata la (prima scarsissima) tutela giuridica degli animali, e anche la consapevolezza popolare, insieme sembrano aumentare le crudeltà... In Italia il numero di animali vittime di violenze è raddoppiato fra il 2002 e il 2003 (contati oltre 7.000 casi di esseri viventi bruciati, percossi, mutilati); e malgrado le numerose campagne di stampa e le «pubblicità progresso», anche gli abbandoni estivi non diminuiscono, anzi crescono. Peggio: nelle cifre dei maltrattamenti non sono considerate le attività economiche o «ludiche» legali che usano gli animali e che sono aumentate ovunque nel mondo: allevamenti intensivi, caccia, zoo, vivisezione, traffico di esotici, zoomafie, pellicce, trasporti, circhi; e le periodiche mattanze con metodi più che sbrigativi di bovini, polli, pecore perché contagiati da virus dovuti a metodi di allevamento, alimentazione aberrante o inquinamento con diossina delle sorgenti utilizzate per abbeverare; per non parlare dello sterminio di pesci causato dalla sovrappesca come da disastri ambientali marini e fluviali. Tutte queste sofferenze sono in aumento numerico anche nei paesi con buone leggi. L'India con la sua realtà di nuovi allevamenti ipertensivi è un caso emblematico.
Le norme sul benessere animale del resto perpetuano una gerarchia fra gli animali. Nessuno ad esempio considera maltrattamento l'uccisione di un pesce. Eppure, una delle maggiori biologhe marine viventi, Sylvia Earle, ha dichiarato: «Non mangerei un pesce più di quanto non mangerei un cane cocker spaniel. I pesci soffrono se feriti, hanno la propria personalità».
Un numero monografico della rivista francese Cahiers antispécistes si spinge oltre: ponendo a confronto saggi di entomologi che studiano la capacità o meno di provare dolore da parte degli insetti; e i pareri degli esperti non sono concordi. Una vera tragedia: se si considera che sulla Terra ci sono 200 milioni di questi esserini per ogni umano.
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