Diritti Animali

Le fattorie della bile

Cinesi ottusi: la bile d’orso non è il nuovo Viagra

20 settembre 2006
Oscar Grazioli

-Tutti trionfanti i nostri missionari governativi e aziendali, di ritorno dalla lunga visita in Cina. “Abbiamo concordato l’apertura alle adozioni di bambini cinesi” gongola Rosi Bindi. “Offriremo un doppio titolo di studio agli studenti cinesi”, dice un estatico Fabio Mussi. “Abbiamo avviato un dialogo strutturato, sui diritti umani” sentenzia Romano Prodi. Cosa cavolo sia un dialogo strutturato lo sa solo lui. Parole di cemento armato?

Insomma la Cina è ora più vicina. A dir la verità molti se ne sono già accorti, visto che, in tutte le città, nascono e proliferano le LittleChina, con i loro negozi, acquistati cash dai commercianti locali, in cui si vede peraltro mai un cliente. Le comunità cinesi occupano larghi quartieri e nulla si sa di loro, se non che esistono. Un silenzio inquietante che mi porta, ogni notte, a guardare sotto il letto se vi sia un baccello dell’invasione degli ultracorpi. C’è un argomento di cui si sono dimenticati, nelle chiacchiere fatte con le massime autorità cinesi. La Cina è il Paese in via di sviluppo dove si perpetrano, nei confronti degli animali, le violenze e gli orrori più inauditi. Si scatenano massacri biblici di cani che vengono strappati dalle braccia dei legittimi proprietari e uccisi con esecuzioni sul posto. In Cina ogni male ha un suo rimedio che si ottiene con le parti nobili di animali spesso ridotti sull’orlo dell’estinzione (o forse già estinti) a causa dell’ignoranza di un popolo che crede più alla bile dell’orso che non al Viagra, per sollevare le sorti di un pisello avvizzito. E così nelle bear farms (le fattorie della bile) gli orsi dal collare vengono chiusi in gabbie grandi come bare che servono ad immobilizzarli. Vengono tenuti così, per tutta la vita con un catetere metallico infilato nel ventre, atto a drenare e a non perdere una sola goccia del succo “miracoloso”.

Dato che la bile, se non si mangia, non viene prodotta, agli orsi è concesso allungare una zampa fuori dalle sbarre per procurarsi quel poco di pessimo cibo che serve ad alimentare la sorgente. Purtroppo per loro, gli orsi dal collare hanno vita lunga, anche vent’anni. Se una pietosa morte non viene a portarli via prima, per anni subiscono questo destino in un delirio di follia e dolore. Non so se i nostri “missionari” in Cina hanno favorito, ma a Shangai come a Nanchino potevano fermarsi in un ristorante tipico e chiedere di mangiare il cervello di scimmiotta, ancora caldo, dentro la testa appena decapitata. Se l’hanno perso, non capiscono niente di slow food, figuriamoci di accordi economici. E le pelli degli zibetti e dei procioni scuoiati vivi? Nessuno che abbia comprato un portafoglio su una bancarella del mercatino locale?

Chissà se qualcuno profittando della valigetta diplomatica si è messo in tasca il balsamo di tigre e la polvere di corno del rinoceronte bianco. Artriti e impotenza sono malanni impietosi e colpiscono anche le più alte cariche dello stato. Che magari si fidano maggiormente degli antichi rimedi cinesi piuttosto dell’aspirina venduta alla Coop.

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