Diritti Animali

Gli esperti: morti a decine, ora rischiano l'estinzione

Cento km per il cibo. E gli orsi annegano

Polo Nord, la deriva degli iceberg costringe gli animali a lunghe nuotate per alimentarsi Calotta di ghiaccio ridotta del 35%
19 dicembre 2005
Franco Foresta Martin
Fonte: www.corriere.it
19.12.05

orsi antartico Addio isolotti di ghiaccio pullulanti di foche, autentici paradisi gastronomici degli orsi polari: l'accelerazione del riscaldamento registrata negli ultimi anni al Polo Nord li sta dissolvendo o riducendo a irraggiungibili iceberg alla deriva, sempre più lontani dalla banchisa. E per la piccola comunità dei candidi orsi polari suona la minaccia dell'estinzione. «Per la prima volta abbiamo raccolto le prove che molti di questi animali annegano stremati a causa delle maggiori distanze che devono coprire a nuoto per raggiungere le zattere di ghiaccio in cui si trova il loro cibo preferito: almeno quattro sono morti così in un solo mese», riferisce l'ecologo marino Charles Mennet, capo di un gruppo di ricercatori americani che ha illustrato i risultati di un nuovo monitoraggio sugli orsi polari e i cambiamenti climatici, alla conferenza internazionale sui mammiferi marini.

IL PASTO PREFERITO — Gli orsi bianchi formano una popolazione di circa 22 mila individui, distribuita nella fascia costiera della banchisa artica e sulle numerose isole di ghiaccio vicine. Condividono questo habitat con foche, trichechi, narvali e uccelli. Ma, fra tutte queste potenziali prede, il pasto preferito è rappresentato dalle piccole e grasse foche, che gli orsi aspettano pazientemente, sdraiati sul ghiaccio anche per ore, e acciuffano con una zampata nell'istante in cui queste emergono dalle acque gelate per prendere una boccata d'aria, dopo una lunga immersione.

ARRETRAMENTO DEI GHIACCI — Da alcuni decenni a questa parte, a causa dell'aumento delle temperature medie, che nell'Artico oscilla fra 2 e 3 gradi centigradi (mentre alle nostre latitudini è di circa 1 grado), la superficie dei ghiacci polari nella stagione estiva si è ridotta del 35% e il caldo si prolunga da giugno a ottobre. Cinque lunghi mesi in cui gli orsi sono costretti ad arretrare verso le latitudini più alte e, nello stesso tempo, a perdere i contatti con le loro prede che rimangono, per lo più, assiepate sugli isolotti di ghiaccio alla deriva. «Malgrado gli orsi polari siano abili nuotatori, in grado di compiere tragitti di 30-40 chilometri senza eccessiva fatica, tuttavia la nuova situazione li costringe a spostamenti ancora più estenuanti per trovare il cibo: fino a 100 chilometri. E' per questo motivo che si stanno moltiplicando i casi di annegamento osservati», spiega Steven Amstrup, un altro biologo marino del servizio geologico degli Stati Uniti. In mancanza di foche o di altre carni grasse come quelle dei trichechi e dei narvali, gli orsi polari possono cibarsi anche di uova di uccelli marini. Ma questa alimentazione rappresenta una specie di dieta ipocalorica dal momento che il loro fisico richiede l'assunzione di circa 2 chilogrammi di grassi al giorno.

SCOMPARSA DELLA CALOTTA — La persistenza del fenomeno del riscaldamento globale, accelerato dalla crescente concentrazione di gas serra prodotti dall'uomo, secondo quanto è stato confermato dagli scienziati riuniti all'ultima conferenza sul clima di Montreal, porterà alla completa scomparsa della calotta polare nei mesi estivi attorno al 2080. Allora sarà la fine completa non solo degli orsi polari, ma anche della maggior parte delle specie viventi nell'Artico. Gli stessi rappresentanti della popolazione di 150 mila eschimesi (inuit nella lingua locale), hanno denunciato la distruzione del loro cultura e delle loro tradizioni a causa del rapido cambiamento morfologico che stanno subendo i loro ambienti e hanno fatto causa al governo degli Stati Uniti per non avere aderito al Protocollo di Kyoto.

LA CAMPAGNA DEL WWF — Con la suggestiva immagine di un Babbo Natale seduto su un continente che si scioglie, il Wwf ha lanciato una campagna per la salvezza dell'Artico: «Il cambiamento del clima nell'Artico avrà effetti anche sul resto del mondo, con ulteriore aumento del riscaldamento globale e l'innalzamento dei mari — osserva Maria Grazia Midulla, responsabile delle campagne internazionali del movimento ambientalista —. Gli scienziati ci dicono che è ancora possibile rallentare i mutamenti climatici: ma per farlo bisogna tagliare le emissioni dei gas che provocano l'effetto serra, prima fra tutti l'anidride carbonica, del 60-80%. Questo vuol dire cambiare il modo in cui produciamo e consumiamo energia. Occorre imboccare con decisione la strada di Kyoto e concordare obiettivi obbligatori di riduzione delle emissioni inquinanti».

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